Una pazza. Sarebbe a dire una checca, magari anche isterica, una sorta di travestita venuta male. Quasi uno scherzo di natura. Ecco Copi. Attore, commediografo, romanziere, disegnatore, uno di quei soggetti che vale davvero la pena scandagliare per scoprirne genialità e follie. Uno talmente inclassificabile che la critica, non sapendo bene dove metterlo, ha fatto finta a lungo di non vederlo. E chissà se in tutto questo non c’entri anche il fatto che la sua omosessualità non era davvero un mistero per nessuno…
Ha cominciato presto, il nostro Copi, ad esercitarsi nella difficile arte di essere gay: sin da bambino imparava dalla nonna Salvadora Medina Onrubia, scrittrice femminista argentina in odore di lesbismo, e dalla zia paralitica Mechita le tecniche giuste per rimorchiare gli uomini. Saranno loro a insegnargli anche a fumare marijuana, abitudine che si porterà dietro per tutto il resto della vita. Fuggito da Buenos Aires a sei anni per seguire il padre, feroce oppositore del regime di Peron, approda giovanissimo a Parigi che, a parte un breve ritorno in Argentina e una quantità innumerevoli di viaggi in tutta Europa, lo ospiterà fino alla morte, avvenuta per Aids nel 1987.
Ma chi è Copi? Sembra facile… C’è chi ci ha dedicato un libro a tracciare un approssimato ritratto di questa strana figura: Stefano Casi ha appunto curato Il teatro inopportuno di Copi, un volume di 256 pagine edito dalla Titivillus e venduto a un prezzo di 18 euro in cui sono raccolti “articoli e saggi di studiosi e critici di vari paesi che affrontano i molti aspetti dell’opera di Copi secondo diverse metodologie”. Perché Raúl Damonte Botana in arte Copi ha davvero tanti aspetti di sé da scoprire…
Tanto per cominciare, un personaggio del genere non poteva certamente conquistare la notorietà senza servirsi di uno pseudonimo che lo aiutasse a travestirsi. Perché Copi, in fin dei conti, è un travestito. Non tanto perché amasse vestirsi da donna, cosa che faceva volentieri in teatro interpretando i personaggi femminili delle sue commedie. Ma piuttosto perché della inafferrabilità dei generi e delle identità ha fatto il suo manifesto.
Prendi un testo come Il frigo (che è ancora possibile vedere in teatro nella splendida interpretazione di Eva Robin’s per la regia di Andrea Adriatico): il testo ha come protagonista una persona che di volta in volta si presenta come di sesso femminile o maschile, che lotta contro l’isolamento in cui è costretta assumendo le identità delle figure con le quali dialoga, dalla vecchia madre alcolizzata alla cameriera impicciona. Particolarmente emblematiche di questa mania del travestitismo sono le foto di Copi che interpreta il/la protagonista del Frigo travestito con baffi, giacca e berretto di pelle, minigonna e calze a rete che Marco Pustianaz commenta in uno dei più bei saggi che compongono il libro: una sorta di uomo travestito da donna a sua volta travestita da uomo!
Sul tema invece della reclusione scrive molto bene Stefano Casi, citando, oltre al Frigo, La giornata di una sognatrice e Eva Peron (è in tournée in questi mesi un allestimento firmato da Pappi Corsicato e interpretato da Iaia Forte) in cui l’eroina argentina viene rappresentata come una isterica prepotente che consuma la sua agonia finalizzandola all’esaltazione del suo potere.E come Eva è rifugiata nella sua reggia per tenere nascosta la malattia che la sta consumando, così anche Cyrille, protagonista di Una visita inopportuna, ultima opera scritta da Copi, è chiuso nella sua stanza d’ospedale dove trascorre le ultime ore di vita. Esattamente come lo stesso Copi che in quei mesi, consumato dall’Aids, entrava e usciva dall’ospedale. L’opera fu rappresentata per la prima volta due mesi dopo la morte dell’autore, accolta tra risate e lacrime dagli amici e dal pubblico.
Il teatro inopportuno di Copi è articolato in varie parti: in “Temi” si presentano le tematiche più care all’opera di Copi, in “Intrecci” le contaminazioni che hanno generato la complessità di quest’opera, in “Letture” alcuni critici si divertono a esaminare i più significativi testi teatrali dell’autore argentino, mentre in “Sconfinamenti” si parte dalla sua scrittura per orientarsi verso uno sguardo più ampio. C’è in chiusura, prima dell’Appendice, la sezione “Memorie” che raccoglie due interviste a Copi (una fatta nel 1986 da Sandro Avanzo per la rivista Babilonia) e un excursus sulle opinioni descritte da alcuni dei più importanti critici teatrali italiani.
Infine, per chi non l’avesse ancora riconosciuto, ricordiamo una delle opere più popolari di Copi; non è una commedia, non un romanzo, ma il personaggio dei disegni che ha pubblicato su varie testate (in Italia, paese che adorava, ha collaborato intensamente con Linus). È la donna seduta, la femme assise dal grande naso e dai lunghi silenzi che ha fatto ridere amaramente migliaia di lettori in tutto il mondo.