E’ come una sorta di ritornello stonato, la terapia riparativa, che periodicamente si ripete, nei posti meno probabili, forse nel tentativo di passare inosservata al clamore dei media o forse nella speranza di fare più breccia in provincia di quanta non riuscirebbe a farne nelle grandi città
E questa volta è stato il turno dell’oratorio San Vittore di Verbania Intra, dove venerdì scorso il solito Luca Di Tolve del gruppo Lot, unico relatore dell’incontro ha sciorinato l’ormai nota litania della presunta guarigione dall’omosessualità con le terapie, più volte sconfessate dagli psicologi e gli psichiatri di mezzo mondo, compresi quelli dell’Ordine degli Piscologi italiani, di Joseph Nicolosi.
A denunciare la vicenda è il circolo Arcigay Nuovi Colori Verbania. "All’incontro organizzato dall’Oratorio – si legge in una nota dell’associazione -, Luca di Tolve ha raccontato la sua storia dando un’immagine dell’omosessualità come originata dalle sofferenze dovute alla separazione dei genitori, dall’ambiente famigliare negativo, da una cattiva consulenza psicologica; omosessualità a suo avviso portatrice di infelicità, sregolatezza e malattie. Ad un certo punto ha raccontato di aver abbracciato le teorie di Nicolosi, avuto un’esperienza miracolosa ed essere diventato eterosessuale. Luca Di Tolve ha definito, in conclusione, le persone omosessuali come incapaci di amare".
Tra il pubblico, però, questa volta c’erano anche i volontari di Arcigay e alcuni genitori dell’Agedo di Verbania e a quanto pare molti dei presentihanno espresso disapprovazione riguardo alle teorie illustrate da Di Tolve, solidarizzando con gay e lesbiche.
"Troviamo gravissimo che l’Oratorio abbia deciso di utilizzare pregiudizi e luoghi comuni per parlare di omosessualità e ancor peggio abbia sostenuto, invitando Luca Di Tolve, le terapie di guarigione dell’omosessualità – ha dichiarato Marco Coppola, presidente di Arcigay Verbania – soprattutto per il ruolo educativo che l’Oratorio ha non può dimenticare non solo che l’omosessualità non è una malattia, come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma che l’unico intervento psicologico, educativo e umano possibile nei confronti di ragazze e ragazzi con problemi di accettazione della propria omosessualità è proprio quello dell’ascolto e dell’aiuto all’accettazione di sé e non alla negazione del proprio orientamento sessuale".
"Lesbiche e gay – conclude Coppola – amano esattamente come tutte le altre persone e a questo aggiungo che molti di noi vivono pienamente la propria fede cristiana. Sappiamo pertanto con certezza che molti sacerdoti accolgono noi e i nostri amori all’interno della Chiesa senza problemi, comprendendo e non giudicando, dando valore ai sentimenti e alla nostra dignità".
In una nota diffusa aimedia locali, l’Oratorio ha precisato che Di Tolve non avrebbe parlato di "guarigione". Questo non risponde al vero – spiega Coppola -. Più volte Di Tolve ha utilizzato parole come ‘sintomi dell’omosessualità’, ‘diagnosi di omosessualità’ e altri appellativi atti a definire come infelice, disordinata e senza sentimenti la vita di lesbiche e gay. Nessuno vuole minare l’autonomia associativa nè la volontà dell’Oratorio, ma ciascuno si prenda le proprie responsabilità soprattutto educative".
"Abbiamo chiesto un incontro alla Parrocchia e all’Oratorio – conclude l’associazione – ma qualunque discorso si deve basare non solo sull’assenza di pregiudizio ma sull’onestà intellettuale di chi prima di parlare si informa e ascolta quello che con tanta fatica la comunità scientifica ha saputo studiare per il bene di tutti. Noi di pregiudizi non ne abbiamo proprio perchè manteniamo contatto diretto con i tanti sacerdoti e religiosi che proprio studiando e ascoltando hanno saputo aprire un percorso di evangelica accoglienza e comprensione delle persone lesbiche e gay, senza giudicarle e anzi aiutandole ad accettarsi".
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