Lukas Duwenhögger: come celebrare il potere sovversivo dell’omosessualità

Lukas Duwenhögger reclama l’esistenza dell'omosessualità in tutto il suo sfarzo, il suo humour, la sua frivolezza e la sua effeminatezza (che trasforma in vanto).

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Nel saggio Homosexual Signs, Harold Beaver sottolinea come molti artisti omosessuali abbiano elevato ad arte stessa i codici distintivi della propria omosessualità – codici che fa rientrare sotto il termine “camp”, in italiano “effemminato”. La ricerca di un sistema di linguaggio che fosse indipendente da quello della società eterosessuale e patriarcale è stato il motivo di molti: dalla ricerca di una “frase-donna” di Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé alla denuncia del critico Roland Barthes, che in Fragments d’un discours amoureux del 1977 sottolineava l’esclusione dell’uomo omosessuale – la sua esclusione dai sistemi politici, filosofici e linguistici perché non-comprensivi.

L’artista tedesco Lukas Duwenhögger, ora sessantenne e residente ad Istanbul, ha seguito questa scia, tracciando un percorso personale svincolato dai flussi dell’arte e della società – un distacco che si è reso materiale dopo il suo trasferimento nella città turca. Creando opere “omo-sociali”, il suoi intento è celebrare il potere sovversivo dell’omosessualità innescato dalla sua mera esistenza, passando dagli irriverenti ed espliciti collage fatti in giovane età ai più maturi momenti di intimità o implicita intesa in cui i suoi soggetti sono spesso colti.

State of Affairs,1982
State of Affairs, 1982

In State of Affairs del 1982, Lukas Duwenhögger riadatta la copertina di un album da disegno in una scena plasmata dall’impeto provocatorio della giovane età: un pastore osserva un giovane pittore assorto nella riproduzione di una pecora in ginocchio davanti a lui. La purezza tradizionale dell’ambientazione bucolica è interrotta dalla nuvoletta posta nella parte superiore, dove ci vengono svelate le fantasie sessuali del maestro verso il giovane.

Birds of Istanbul, 1999
Birds of Istanbul, 1999

Come dicevamo, successivamente questa irriverenza esplicita ed umoristica ha lasciato il posto a gesti accennati e momenti personali carichi di desiderio implicito, fatti di occhiate furtive e brevi istanti di contatto fisico.

In Birds of Istanbul, Duwenhögger tratta in maniera umoristica il tema del teatro e del travestimento, dipingendo un cacatua che si accinge ad andare in scena. Sulla sinistra un ospite osserva un mazzo di fiori, sulla sinistra due gentiluomini vestiti di turchese si scambiano parole in intimità. La posizione del braccio dell’uomo barbuto è quanto più importante, perché uno dei motivi più essenziali nelle opere dell’artista: il cosiddetto “braccio a teiera”, che successivamente andremo a vedere più da vicino e che sempre è apparso come un gesto connotativo della comunità omosessuale.

In Come vi piace, Shakespeare diceva che “tutto il mondo è un palcoscenico” e in Choreography for Three Men, Two Brooms and Caution tape del 1994, Lukas Duwenhögger sembra pensarla allo stesso modo. Un gruppo di uomini apparentemente non correlati tra loro sono fatti rientrare in una coreografia improvvisata, di cui il netturbino sembra muovere i primi passi.

Lukas Duwenhogger, Choreography for 3 Men, 2 Brooms and Caution tape, 1994
Choreography for 3 Men, 2 Brooms and Caution tape, 1994

E’ chiaro come simili movenze sarebbero viste dall’occhio pubblico come effemminate. La decisione di immortalare un uomo in questa posizione apre ad una discussione sugli atteggiamenti sociali che vengono richiesti sia agli uomini dalla società, che agli artisti dal pubblico. La grandiosità dell’opera sta nel dipingere l’impenitenza di chi tra noi ha la fierezza di dire “le vostre aspettative sociali non mi fermeranno”.

Lukas Duwenhögger, One Rehearsal For Four Plays, 1996
One Rehearsal For Four Plays, 1996

La danza diventa concatenata, invece, in One Rehearsal For Four Plays del 1996, dove i passi mossi in una tela sono così liberi da non poter essere limitati nemmeno dai confini della tela stessa.

Lo stesso discorso vale anche per Sunday Afternoon, dove un gruppo di uomini si godono una giornata di riposo e uno si dedica all’attività che più di ogni altra è stata attribuita per secoli al sesso femminile: l’uncinetto.

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Sunday Afternoon, 1999

Quello che dobbiamo chiederci è come ci faccia sentire un uomo che fa l’uncinetto, perché ammettiamolo: un’attività del genere fatta da un uomo ci porta un sorriso divertito sulla faccia.

In altri casi, i soggetti di Duwenhögger sono colti in momenti di routine giornaliera, la cui posa e il cui atteggiamento sembrano comunque celare una implicita tensione sessuale più o meno evidente, sia questa espressa dallo sguardo diretto verso l’osservatore, come in Caspar del 2002 e in Kellner del 1996,

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Caspar, 2002
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Kellner, 1996

oppure negli atteggiamenti ambigui di un uomo intento ad accendersi una sigaretta sotto un lampione – un uomo che aspetta per un appuntamento forse, o che fa cruisingCiò che è certo è che le diverse interpretazioni si attivano in base all’osservatore e alla sua maggiore o minore conoscenza del mondo omosessuale. In altre parole, i personaggi di Duwenhögger insinuano qualcosa che va oltre la loro raffigurazione figurativa.

In The End of the Season degli anni 2007-08, si coglie un tratto di rilassata sfacciataggine, quasi di sfida nello sguardo e nella posa del giovane ragazzo disteso al porto.

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The End of the Season, 2007-08

L’esempio che più rende l’idea della direzione verso cui  Duwenhogger si dirige nel creare le sue opere è Celestial Teapot del 2007 – il progetto dell’installazione fissa che l’artista tedesco propose quando venne contattato per creare a Berlino un monumento di commemorazione per gli omosessuali perseguitati sotto il Socialismo Nazionale a Berlino.

Celestial Teapot, 2007
Celestial Teapot, 2007

Come il titolo suggerisce, si tratta di una teiera antropomorfa e surreale dai colori vivi, i cui manico e beccuccio – trasformati in braccia – ricordano la forma dell’oggetto, ma mimano una posa “effemminata”. Scegliendo consapevolmente di riprodurlo, facendolo proprio e celebrandolo, Duwenhögger rivendica la proprietà culturale (e gestuale) di un movimento così lungamente usato dalla società per scimmiottare gli atteggiamenti degli uomini omosessuali.

Come Roger Cook riporta nell’articolo di Afterall – “Homosexual Signs”- il gesto in questione veniva spesso usato nei giornali per deridere uomini gay o effemminati: l’attore teatrale Henry Mossop, ad esempio, era soprannominato “Teapot actor” (“attore teiera”) per la sua tipica posa, ma anche lo stesso Oscar Wilde, la cui omosessualità non era di certo un segreto. Successivamente, il termine teapot divenne un temine del linguaggio slang americano per identificare quei bagni pubblici in cui uomini si incontravano per fare sesso. Insomma, questo termine ha una lunga storia che poggia le radici nello scherno, nell’umiliazione o nella colpevolizzazione della comunità gay.

L’oppressione e le persecuzioni subite, il mancato riconoscimento e la reiterata mortificazione a cui per secoli la comunità omosessuale mondiale fu sottoposta viene così rivendicata.

Se fino a non molti anni fa la società ha continuato a tracciare una linea sulla nozione di “omosessualità”, riconoscendola ma decidendo di negarla, Lukas Duwenhögger ne reclama l’esistenza in tutto il suo sfarzo, il suo humour, i suoi colori sgargianti, la sua frivolezza e la sua effeminatezza (che trasforma in vanto) senza fare il benché minimo riferimento diretto all’Olocausto.

Cosa si potrebbe dire di Lukas Duwenhogger, quindi, se non che è quello che è: personale, umoristico, sfacciato, ma soprattutto scomodo scomodo come quella verità di cui gli omosessuali si sono fatti carico in quanto tali. Per quanti se ne derida, per quanti se ne umili ce ne sarà sempre un altro e un altro ancora su una collina forse, in un prato, in strada o in un salotto; insomma sotto ogni spoglia – pronto a scuotere quel piedistallo di supremazismo sessuale su cui la società bianca, etero e cattolica si è chiamata alta dal giorno dei giorni. Amen.

Duwenhogger, Perusal of Ill – Begotten Treasures
Perusal of Ill – Begotten Treasures, 2003

 

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fabulousone 28.8.16 - 13:23

Mi sembrano opere piuttosto divertenti che mettono in discussione vari stereotipi di genere. Ben vengano. Comunque tutto questo con l'omosessualità c'entra ben poco: l'effeminatezza non è espressione di omosessualità, è un modo di atteggiarsi che riflette l'adesione a certi ruoli di genere, non di certo un orientamento sessuale. Attenzione a queste confusioni; rischiano di ribadire e rinforzare stereotipi, in questo caso omofobici, invece che metterli in discussione.

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