La Malesia era già stata protagonista di diverse polemiche dopo aver confiscato centinaia di orologi della collezione “Pride” di Swatch negli scorsi mesi. Merchandise accusato di diffondere “immoralità” e di andare contro i principi costituzionali del paese.
Swatch aveva portato in tribunale il governo malese, sostenendo che il sequestro degli orologi fosse una violazione, e riuscendo in qualche modo a recuperare il materiale. Oggi, un ulteriore sviluppo sulla vicenda: chiunque venda o indossi gli accessori rainbow di Swatch potrebbe ricevere una condanna fino a tre anni in carcere.
Come da Gazzetta Ufficiale Malese, la direttiva firmata dal Ministro per gli Affari Interni, Datuk Seri Saifuddin Nasution Bin Ismail, è chiara: vietata la produzione, importazione, vendita o anche il semplice possesso di qualsiasi materiale associato agli orologi “Pride” di Swatch.
“La stampa, importazione, produzione, riproduzione, pubblicazione, vendita, emissione, circolazione, distribuzione o possesso di qualsiasi pubblicazione come descritta nell’Allegato che è probabile che pregiudichi la moralità è assolutamente proibita in tutta la Malesia” – continua poi nell’Allegato – “Qualsiasi pubblicazione relativa a Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer e +Plus (LGBTQ+) in qualsiasi forma che appaia sugli orologi Swatch di qualsiasi collezione comprese le scatole, involucri, accessori o qualsiasi altra cosa correlata”.
Il governo malese ha giustificato questa dura misura sottolineando il suo impegno a proteggere la struttura socio-culturale della nazione. L’annuncio ufficiale afferma che i prodotti Swatch “sono stati banditi poiché potrebbero essere dannosi per la moralità, l’interesse pubblico e nazionale, promuovendo e normalizzando il movimento LGBTQ, che non è in alcun modo tollerato dalla popolazione generale“.
Questa posizione ha naturalmente scatenato ulteriori polemiche, con critiche che arrivano non solo da Swatch, ma anche da attivisti per i diritti umani, marchi internazionali e altri governi. Il CEO di Swatch, Nick Hayek, ha contestato con forza la decisione, sottolineando che gli orologi non fossero intesi come un gesto politico.
Nonostante la polemica, la normativa rimane in vigore, mettendo i rivenditori e i cittadini in una posizione precaria. Mentre un semplice orologio arcobaleno può essere visto da molti come un semplice accessorio di moda, in Malesia è diventato un simbolo tangibile della tensione tra libertà di espressione e norme culturali conservatrici.
Con il mondo che osserva, la situazione in Malesia solleva interrogativi profondi sul delicato equilibrio tra diritti individuali e norme culturali collettive.
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