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Omicidio Alenja: Jucker gay e sieropositivo

Alenja, uccisa a coltellate nel bagno dal suo uomo, aveva accettato di passare la notte con lui pur avendo saputo che aveva confidato alla madre di ritenere di essere omosessuale e sieropositivo.

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ROMA – "Era possessiva. In quel momento mi dovevo liberare di lei. Mi minacciava. Mi voleva tutto per se". Comincia cosi’ il racconto di Ruggero Jucker agli psicologi e davanti agli investigatori, i cui contenuti sono stati rivelati dal quotidiano ‘La Repubblica’.

Nel ricostruire la notte dell’omicidio di Alenja, il gip Piero Gamacchio scrive: "Risultano poco tranquillizzanti le spiegazioni fornite da Jucker in merito alle ragioni dell’omicidio, avendo egli fatto riferimento a problemi lavorativi e in particolare a una prospettiva professionale nel catering che molto lo innervosiva. Alenja -rivela il gip- aveva accettato di passare la notte con Ruggero pur avendo saputo, non da lui, che, pochi giorni prima, il suo compagno aveva confidato alla madre di ritenere di essere omosessuale e sieropositivo. Confidenze confermate successivamente anche dalla mamma".

In questo quadro matura la tragedia. Alenja venerdi’ sera e’ seduta sul divano, Jucker quel giorno aveva assunto del litio prescrittogli da un medico omeopatico. "Nel corso della notte Ruggero viene assalito da una crescente ed incontrollabile agitazione. Si alza piu’ volte dal letto, gira per casa. Nonostante gli inviti alla calma di Alenja". Lui comincia ad urlare e lei prova a chiamare aiuto al telefono. Li’ scatta la follia omicida. Jucker prende un coltello in cucina e raggiunge Alenja in bagno. "Il fermato -conclude il gip- pur ricordando perfettamente quanto praticato su quel corpo non ha avuto il coraggio di riferirlo. Limitandosi a raccontare di una sua passione di cinefilo e di un film recentemente uscito".

Per Giovanni Felice Mapelli, presidente del Centro Studi Teologici di Milano, «la vicenda tragica di Ruggero Jucker che ha ucciso la fidanzata a Milano, perchè in conflitto con la sua omosessualità e sieropositività è emblematica dell’oppressione che molti gay devono vivere in questo paese».

«La Chiesa cattolica – affermano i Teologi del Centro Studi di Milano – che non vuol riconoscere alcun "percorso positivo" nella società per i gay a cominciare dall’elementare riconoscimento sociale delle unioni civili è parte in causa poichè frena l’intervento delle autorità statali e costringe a clandestinità e a vite al limite del disumano».

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