Inizialmente, si pensava che l’omicidio di Josh Kruger – giornalista pluripremiato per il The Philadelphia Citizen e The Philadelphia Inquirer – avesse a che fare il suo attivismo, a cui la vittima aveva dedicato la sua vita in una vocazione che, però, l’ha portato alla sua tragica fine. Ma non nelle modalità in cui molti sospettavano.
Kruger scriveva di diritti LGBTQ+, senzatetto, l’HIV e dipendenza. Oltre alla sua carriera nel giornalismo, aveva svolto per cinque anni ruoli chiave presso diverse istituzioni della città di Filadelfia, tra cui il Dipartimento di Sanità Pubblica, l’Ufficio dei Servizi per i Senzatetto e l’Ufficio del Sindaco.
I suoi articoli spesso attingevano dalla sua personale esperienza di vita con l’HIV e di periodi trascorsi come senzatetto. Nel suo profilo LinkedIn, si autodefiniva un “distruttore dello stigma e dei silos burocratici” e un “credente nel bene comune“.
Kruger aveva 39 anni e un passato turbolento, ed è forse questo suo vissuto che l’aveva portato, negli anni, ad interessarsi ai gruppi più vulnerabili della città di Philadelphia, in cui il tasso di criminalità è del 139% superiore rispetto alla media nazionale.
Il giornalista sarebbe stato freddato con sette colpi d’arma da fuoco nel suo appartamento di Point Breeze, nella notte tra l’1 e il 2 ottobre.
Dopo il ritrovamento, Kruger sarebbe stato trasportato d’urgenza al Penn Presbyterian Medical Center, ma ogni tentativo di salvargli la vita sarebbe stato inutile.
Intanto, le speculazioni correvano: e se qualcuno avesse voluto far fuori il giornalista, che magari stava lavorando su qualcosa di “grosso”, per toglierselo di mezzo una volta per tutte?
Tuttavia, non sono stati riscontrati segni di effrazione sulla serratura, primo indizio a suggerire che Kruger fosse in contatto con il suo aggressore.
A seguito del sequestro dello smartphone e di una perquisizione del suo appartamento, le autorità avevano inoltre scoperto conversazioni preoccupanti con un ex partner e una quantità di metanfetamina in un cassetto della sua camera da letto. Il giornalista era però “pulito” da diverso tempo.
Nei mesi precedenti la sua scomparsa, Kruger aveva frequentemente condiviso con i suoi follower sui social media una serie di episodi inquietanti. Inizialmente, lo stesso ex partner era entrato in casa sua senza permesso.
Successivamente, in agosto, una sassaiola gli aveva causato danni per un valore di 400 dollari. Infine, il giornalista aveva raccontato in modo scherzoso su Facebook della visita imprevista di un individuo in chiaro stato di instabilità mentale che lo aveva minacciato.
Per Kruger, episodi di natura preoccupante erano quasi quotidiani, data la sua attiva partecipazione in iniziative di volontariato a favore di gruppi socialmente emarginati. Aveva anche ospitato un ex partner nella sua abitazione per un periodo prolungato, con l’obiettivo di aiutarlo a superare la dipendenza da sostanze stupefacenti.
Tragicamente, sarebbe stato proprio questo l’ex in questione a causare la sua morte, dopo di un violento alterco. Robert Davis, un 19enne, è attualmente ricercato dalle autorità e tutte le evidenze disponibili sembrano puntare verso di lui.
Insomma, nessuna teoria del complotto o cospirazione internazionale come in molti avevano ipotizzato inizialmente. Solo la tragica storia di una persona che – dopo aver faticato per riconquistare la propria stabilità e aiutare gli altri – ha incontrato un tragico, imprevedibile destino.
Josh amava i gatti – e in particolare il suo micione Mason, oggi già ricollocato in un’altra famiglia. Si definiva “orgogliosamente queer” ed era apertamente sieropositivo, condizione che l’aveva spinto negli anni a unirsi agli sforzi per la destigmatizzazione dell’HIV.
Nonostante le numerose sfide che aveva dovuto affrontare, tra cui periodi da senzatetto e problemi di dipendenza, aveva utilizzato tali esperienze come ispirazione per diventare un fervido difensore e autore a favore delle comunità coinvolte in tali problematiche, specialmente nella sua amata Filadelfia, che oggi lo ricorda con affetto.
“Josh Kruger ha sostenuto le figure più vulnerabili e emarginate all’interno delle nostre comunità, specialmente quelle persone senza dimora afflitte da dipendenza,” ha affermato il procuratore distrettuale Larry Krasner “Avrebbe meritato di poter scrivere la conclusione della sua storia“.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.