Prendete un giovane studente, buttatelo nella città più gaya d’Italia e condite il tutto con un mix di incontri improbabili… Ecco il mondo gay visto dalla prospettiva di un universitario smarritosi a Milano. Tra blog e reportage, ogni mercoledì e sabato su Gay.it, Sex and the univerCity con Gab e i suoi viaggi nella metropoli.
Out
Con le prime giornate calde, Milano assume tutto un altro colore, la città pullula di grassi uomini d’affari madidi di sudore, vecchiette boccheggianti, ragazzine seminude e fighi scamiciati. In università, gli erasmus americani cominciano a girare in magliettina aderente sin dai primi di aprile ed i neozelandesi giocano a rugby nel parco.
Il parco, che grande invenzione! Questa distesa di erba raccoglie nei giorni più soleggiati una quantità sorprendente di puledri e cerbiatti: ci sono quelli che prendono il sole a petto nudo, quelli che leggono un libro, quelli che giocano a pallone, tra gli sguardi stupiti di noi comuni mortali, che come ipnotizzati seguiamo la goccia di sudore che passa dalle tempie alle labbra, per poi ricadere sul petto e perdersi al di sotto della linea dei pettorali.
Tornato a casa, sento ancora addosso i bollori di questo improvviso ed imprevisto anticipo d’estate; preparo qualcosa per cena e mi aggiorno sulle ultime news dei miei cari. Mai come in questo momento ho tutto quello che mi serve: un bel progetto per il futuro, un paio di buoni amici, i soliti soddisfacenti incontri occasionali, una famiglia che mi ama, e del gelato al cioccolato per dessert… Insomma, sono sereno. E allora perché nei meandri della mia mente si aggira ancora il folle timore di “dirlo ai miei”? Se dichiararsi è il primo passo per l’accettazione, perché abbiamo ancora paura di questo mostro chiamato “coming out”?
Molti di noi non vivono in famiglia, tanti abitano in città o nazioni diverse da quella dei propri genitori; qualcuno ha un rapporto solo telefonico con i propri cari, eppure tutti, e dico tutti, avvertono un certo timore dinanzi a quello che sembra il traguardo più difficile della nostra vita.
Si passa tanto tempo a chiedersi “come” ci si dovrebbe dichiarare: se da un lato sarebbe triste farlo solo nel momento in cui si ha una storia importante, come se una relazione fosse al contempo una conferma personale ed uno scudo dal giudizio degli altri, d’altro canto potrebbe sembrare assurdo esordire con un’affermazione del tipo “Ah, inter alia, quasi dimenticavo, sono gay!”.
Per non parlare poi della teoria più in voga al momento, ovvero il principio: “se me lo chiedessero, io non negherei”, che è sempre una scusa e mai una giustificazione, e ve lo dice un ex-sostenitore della tecnica del “silenzio-assenso”. La tipica mammina italiana non verrà a svegliarvi con una tazza di tè, esordendo con la domanda “mio caro, ma sei gay?”, quindi andate a raccontarla a qualcun altro…
Credo che il commento più frequente tra quelli che hanno fatto coming out sia: “non è poi cosi brutto come sembra!”. Fondamentalmente dichiararsi sembra come andare al dentista: provi una paura folle fino a quando la visita non è terminata, poi torni a casa e pensi che in fondo non è stato così male, ma sai che la prossima volta proverai la stessa irrazionale paura, e non puoi farci niente. E allora, meglio in o out? Non lo so, ma mi piace pensare che, se e quando saremo pronti, sentiremo dentro di noi che dichiararsi è la cosa migliore da fare, e allora senza grandi cerimonie e scenate, grideremo al mondo quello che siamo.
Con il senno di poi, ci guarderemo alle spalle e scopriremo forse che l’accettazione più difficile era quella che abbiamo ottenuto dinanzi al più spaventoso giudice di tutti i tempi: noi stessi.
Dichiararsi nei confronti di se stessi è un must. Come al solito, tutto il resto è scelta.
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Le puntate precedenti di Sex & the UniverCity:
One – BATTUAGE
Two – APPARENZE
Three – SIZE MATTERS
Four – L’OMO E LA BESTIA
Five – RELAZIONI
Six – PERFE-RSIONE
Seven – FA CHIC!
Eight – OPPRESSORI E OPPRESSI
Nine – METAMORFOSI
di Gab
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