Questo 17 Febbraio 2023 torna in Italia ‘Il corpo lesbico’, testo rivoluzionario della saggista Monique Wittig, tradotto nel 1976 per le Edizioni delle donne da Elisabetta Rasy e Christine Bazzi e riproposto in nuova traduzione a cura di Deborah Ardilli, per VandA edizioni.
Come scrive Chiara Valerio su Repubblica, un testo “scritto troppo presto” ma in grado di scuotere gli animi nel 1966 come negli anni Novanta, quando Valerio ha iniziato a leggerlo al liceo alla ricerca di un libro che dicesse qualcosa di sé, e si è sentì “straniata e spatriata“. Ma ancora di più oggi, ribadendo la modernità e l’attualità dei suoi temi ad una generazione di lettori e lettrici ancora più consapevoli del 1976.
Autrice anche di L’opoponax, romanzo su due ragazze innamorate negli anni Sessanta (anche questo in arrivo con una nuova edizione firmata Ilaria Piperno), per Wittig il corpo lesbico non era solo orientamento sessuale, ma strumento politico per rimettere in discussione tutti quei dogmi precostituiti che la società continua a cucirci addosso come verità assolute: ancor prima che entrasse al centro del dibattito odierno, la scrittrice – scomparsa il 3 Gennaio del 2003 – si interrogava sull’uso dei pronomi, il costrutto dei generi, e si rifiutava di considerare il maschile ‘un neutro universale’.
Nelle parole della nuova (splendida) copertina il corpo lesbico è “bava, saliva, moccio, sudore, lacrime, cerume, urina, feci, sangue, secrezioni, pus“. In un’epoca che pur senza l’abuso di termini come fluido o queer, cominciava a smantellare “i generi grammaticali” e intaccare “le gabbie di genere nella società”.
Tutto dalla mente di una donna cresciuta da una famiglia conservatrice di Danmerie, che voleva essere chiamata ‘scrittore’ e nelle parole di Nathalie Sarraute, avremmo ricordato ancora “tra venti o trenta anni”.
Valerio scrive della stessa donna che nel 1976 inaugurava la nascita del movimento femminista francese, deponendo “una corona di fiori alla memoria della moglie del milite ignoto“, ai piedi dell’Arc de Triomphe, e sei anni più tardi lasciava la Francia, allontanandosi dalle compagne e continuando a mettere in discussione quell’eterosessualità che non poteva più essere norma.
“Chi leggerà il libro oggi troverà un testo diverso da quello che ho letto io” scrive Valerio, parlando di un testo “trionfante” in grado di mischiare i generi e rompere la grammatica, ma soprattutto in grado di mutare nel tempo, cambiare, ed evolversi insieme alla società e l’essere umano.
Ed è proprio peer questo che nel 2023, questo corpo è ancora più urgente che mai: “In un mondo dove noi non esistiamo se non ridotte al silenzio, dobbiamo, in senso proprio nella realtà sociale e in senso figurato nei libri, che ci piaccia o no, costituire noi stesse… in un’epoca in cui gli eroi sono passati di moda, diventare eroiche nella realtà, epiche nei libri”.
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