Michela Murgia e la sua famiglia queer, dal futuro marito Lorenzo Terenzi a Saviano a Chiara Valerio

Una casa con dieci letti: Murgia e la nuova idea di famiglia

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Una casa con dieci letti, una famiglia grande, grandissima, che si stringe attorno a Michela Murgia pochi giorni dopo l’annuncio della sua terribile diagnosi: un carcinoma renale al quarto stadio incurabile, con una speranza di vita di mesi.

Tutti sotto lo stesso tetto, tutti “filus de anima”, figlie e figli che nascono due volte, da due madri diverse come Maria protagonista di Accabadora, generata “dalla povertà di una donna e dalla sterilità dell’altra”.

Così le persone più care a Michela onorano il desiderio di una donna straordinaria, che ancora una volta sceglie di vivere la propria vita a modo suo, contro qualsiasi stereotipo, perseguendo quel sentimento semplice, seppur spesso oggetto di giudizi, che è l’amore unito alla condivisione.

Sì, perché qui vivranno amich*, collegh*, persone che ama e sostiene con energia inesauribile.

La grande “famiglia queer” di Michela Murgia

Ci sarà il suo futuro marito, l’attore e regista Lorenzo Terenzi, il cantante lirico Francesco Leone, l’attivista Michele Anghilleri, le scrittrici Chiara Valerio e Chiara Tagliaferri uniti da una parentela che non conosce stereotipi e che fonde menti e cuori aperti e leggeri, come lo stesso concetto di famiglia queer.

Michela ha scelto di lasciare definitivamente Roma per vivere la propria malattia con riserbo e dignità, in una casa in cui sarà circondata dall’affetto delle persone più care: qualcuno è già con lei, altri sono in dirittura d’arrivo.

Nessuna differenza, se non quel matrimonio “necessario”, che diventa atto politico perché “lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni”. Ma si tratta solo di una formalità estranea alla sua idea di famiglia, che invece si fonda su un concetto più profondo e spirituale: l’esserci, per gli altri. “Sposo un uomo, ma poteva esserci anche una donna”, ha dichiarato la scrittrice, senza alcuna provocazione.

La “famiglia queer” di Murgia si basa su un legame profondo di cura e supporto reciproco anziché sul matrimonio tradizionale. In altre parole, una concezione che si concentra sulla certezza che trovare conforto e sicurezza l’uno nell’altro rappresenti l’unica direzione stabile e sicura.

E la cura si estende oltre i confini tradizionali del matrimonio e si basa su un legame di affetto e protezione che va oltre i legami di parentela biologica o legale.

«È una persona che ha fatto della cura una forma di legame. Ancora oggi, qualche volta, mi chiama e mi dice “Mi faccio sentire sennò tu ti incazzi”» spiega Marcello Fois, amico di Murgia da diversi anni.

Nel corso degli anni, Murgia ha contribuito a far crescere molti ragazzi e ragazze, mostrando loro sostegno ed entusiasmo. Essendo cresciuta lei stessa con l’aiuto di due zii, si sente come se avesse avuto due padri e due madri, il che le ha permesso di comprendere meglio il valore dei legami familiari non convenzionali.

In questo modo, per Murgia, la famiglia non si limita al nucleo familiare tradizionale, ma può estendersi a qualsiasi persona che si prende cura degli altri e si preoccupa per il loro benessere.

Come spiega Cathy La Torre, altra componente della grande famiglia di Murgia, purtroppo però: “Lo Stato riconosce come famiglia o il matrimonio o le unioni civili. Altrimenti la strada è fatta di burocrazia costosa tra dichiarazioni legali e notarili”.

Gli amici di sempre, e un calcio al dolore della diagnosi

Come spiega Roberto Saviano, amico fraterno di Murgia da diversi anni:

Quando a parlare della propria malattia è una persona come Michela, non si tratta di sfidare un tabù. È qualcosa di diverso, ribalta il senso, comunica la malattia per parlare delle scelte di una vita. Frega il cancro usandolo come atto politico. Perché lei non si è mai accontentata di fare la scrittrice che rincorre il successo o i premi. Lei ha sfidato l’odio e la violenza dei populisti esponendo il suo corpo sempre. Io e lei ci siamo ritrovati proprio su questa linea di vita esposta che, contrariamente a quello che dice chi ci odia, non porta copie o soldi, ma solo tanti guai. Ma da questi guai ne abbiamo tratto l’energia allegra della nostra amicizia”. 

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