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Ho ventisette anni e non tollero mio padre. I miei momenti felici con lui risalgono all’infanzia, e non li ricordo più, perché più cresco e più mi rendo conto di quanto siamo distanti e incapaci di comunicare qualcosa che vada oltre il buongiorno o il buonasera: non mi piacciono le sue opinioni, le sue scelte politiche sono quanto più distante dalle mie, e non vedo cosa abbiamo da spartire, a parte i legami di sangue. Eppure mi dispiace perché vedo da parte sua uno sforzo e non penso sia un padre cattivo, fa quel che può ma sembriamo non incontrarci mai. Sarà sempre così o cambierà? Come posso salvare un rapporto che non ho più voglia di coltivare? (Andrea, Roma)
Non scegliamo i nostri genitori e loro non scelgono di noi.
Nel migliore dei casi, ci nutrono, vestono, forniscono le basi per stare in società, e mettono un cerotto quando ci sbucciamo le ginocchia.
Ci costruiscono a loro immagine e somiglianza, fin quando non iniziamo a coltivare qualcosa di nostro, e dall’oggi al domani ci accorgiamo, sia noi che loro, che siamo molto più diversi del previsto.
Un giorno guardi tuo padre e ti accorgi che ha tutto quello che vorresti evitare: è un uomo di mezza età, che prende Striscia la Notizia come fonte massima d’informazione, ripete a pappagallo frasi già dette da altri uomini come lui, incapaci di formulare un pensiero che non risulti paternalista e arrogante.
Sono la categoria demografica più comoda al mondo: non hanno mai dovuto preoccuparsi di essere gonfiati di botte perché vogliono baciare i maschi e nessuno gli ha mai fischiato per strada per com’erano vestiti (nel peggiore dei casi, saranno stati proprio loro a farlo).
Più volte me lo sono chiesto pure io: cosa ho da spartire con questa persona? Perché investire energie su qualcuno che sembra lontano anni luce da me?
Posso osservare i padri degli altri e tutto quello che fanno meglio del mio, annotare quei tratti che li rendono più interessanti, gentili, arguti, e partecipi per domandarmi: come sarei stato con un padre diverso? Sarei stato più sicuro di me? Avrei avuto più fiducia nel genere maschile? Sarei andato a letto con uomini migliori? (ndr. quest’ultima la teniamo per la psicologa)
Sono quattro anni che abito lontano da mio padre e quando torno a trovarlo non si trasforma mai in un uomo progressista, aperto all’ascolto empatico o attento alle cause civili.
Aprire determinati discorsi e pretendere delle specifiche risposte da parte sua, è il primo step per incazzarmi come una iena anche stavolta come la precedente.
Ma ha senso davvero prendermela con qualcuno che è sempre stato così?
Condannare mio padre perché non rispecchia quello che avrei voluto io, non mi rende troppo diverso da quei genitori che proiettano sé stessi sui figli e deludono le proprie aspettative.
I nostri padri non sono santi, ma per quanto possiamo sentirci più ‘woke‘ e progressisti di loro, nemmeno noi.
Amiamo riversare sui nostri padri tutte le colpe del mondo, fin quando non ci rendiamo conto che il nostro piano di svincolarci dal loro sguardo, fare quello che ci pare senza chiedere l’approvazione, ha funzionato davvero: adesso siamo delle teste di cazzo anche noi e non dipende più da loro.
Non so se hai mai visto Fleabag, ma uno dei miei momenti preferiti è quando il papà le dice: “Ti amo ma non sono sicuro che mi piaci sempre“.
Quella frase funziona al contrario: possiamo provare un’inspiegabile devozione verso i nostri papà, e al contempo, non sopportarli.
L’amore non è un passepartout per diventare amiconi insperabili: settiamo dei paletti, limitiamo le ore insieme, non apriamo conversazioni che già sappiamo dove porteranno, e ritroviamo quella complicità in qualcuno che non sia per forza un genitore.
Nel frattempo, potremmo accorgerci che non siamo solo padri o figli, ma esseri umani fallibili, contraddittori, e perfettamente capaci di ferirsi a vicenda. Le discussioni diventeranno sempre le stesse e si faranno noiose.
Potremmo accorgerci che quell’uomo per nulla eccezionale non potrà mai salvarci.
Ma per qualche inspiegabile ragione, sarà sempre disposto a riversare parte del suo tempo con noi.
Resta a noi scegliere come usarlo.
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