Non è abitudine mia e del Mario Mieli replicare ad una risposta data ad un nostro comunicato o contributo, semplicemente perché riteniamo importante che l’esprimere da varie parti opinioni diverse non debba sempre innestare discussioni, che finiscono inoltre per sembrare polemiche. Quando però ci sembra di non essere stati chiari è ovviamente necessario precisare, con la rassicurazione, per chi legge, che non seguiranno altre note, inevitabilmente tedianti.
Il nostro comunicato “Prudenza e Furbate” del 20 settembre aveva un duplice scopo: da una parte esplicitare meglio la posizione del Mieli rispetto all’iniziativa di Brunetta-Rotondi, raccogliendo anche l’invito del portale Gay.it a una più ampia discussione sulla notizia da parte del movimento lgbt; dall’altra parte costituiva e costituisce una netta presa di distanza politica rispetto alla proposta fatta a Rotondi, da parte di Imma Battaglia e della sua associazione, di un contratto privatistico per una regolamentazione sulle coppie di fatto.
La risposta di Marco Belfiore del Di’Gay Project ci induce a spiegarci meglio. In quest’ultima si indica l’importanza di incidere a monte del processo, per ora embrionale, di proposta legislativa avviato da Rotondi e Brunetta e che per questo motivo il DGP ha presentato il suo “Atto d’amore”. E’ esattamente questo il punto politico in discussione: proporre, anche solo come spunto di riflessione, un contratto privatistico al legislatore significa non proporgli niente, poiché le scritture private esistono già. C’è una contraddizione di termini palese fra queste due azioni:
1) formulare uno schema di negozio giuridico privato, oltretutto esplicitamente esemplificativo, sottolineando che ha già una valenza giuridica (dichiaratamente limitata), con lo scopo di offrirla a chi nella comunità è disinformato in materie legali;
2) proporre contemporaneamente lo stesso testo come base a chi dovrebbe legiferare per colmare proprio la lacuna normativa che quei tipi di schemi non coprono. Significa di fatto affermare che l’innovazione non serve e si regala questa genialata proprio a chi appartiene a schieramenti politici che ripetono compatti questa tesi da anni, come una litania stucchevole e falsa.
Per inciso anche nel centro sinistra molti hanno ripetuto la stessa cosa. Siamo tutti nauseati dalla solita solfa riassumibile con tali frasi: nel codice civile c’è già tutto; basta scrivere un atto privato e tutt’al più andare dal notaio; i gay e le lesbiche pretendono qualcosa di inutile. Offrire a Rotondi “Atto d’amore” significa tecnicamente affermare che una legge sulle coppie di fatto non serve. Del resto cosa è Atto d’amore se non, per stessa ammissione del DGP, un “fac-simile di contratto di convivenza”, dal valore di “ semplice scrittura privata, che utilizza le possibilità oggi offerte dalla legge italiana” e che, aggiungo io, non è opponibile a terzi, ha una limitata attuabilità fra le parti stesse ed è potenzialmente conflittuale? Atto d’amore è semplicemente uno degli innumerevoli schemi che due conviventi possono scrivere già oggi e che è esattamente ciò che il movimento lgbt sostiene da anni essere insufficiente e dunque fonte di discriminazione.
Ergo è esattamente ciò che Rotondi dovrebbe superare e non certo riproporre con un intervento di fantasia legislativa pleonastica ed evidente presa in giro allegata. L’iniziativa del DGP ha come aggravante di aver offerto anche una sponda debole di ragionamento a Rotondi, autorizzando lo stesso a poter affermare che in fondo sono proprio i gay ad essersi resi conto che la faccenda delle coppie di fatto è ormai archiviata come un non-bisogno.
Quanto alla prospettiva della parità di diritti è chiaro che essa sia scomparsa anche solo come cornice di fondo nell’ offerta fatta dal DGP al leader di centro destra. Da notare che il fatto che Rotondi sia del centro destra è totalmente irrilevante: l’iniziativa del DGP è contraddittoria a prescindere del colore dell’interlocutore politico. Ed è dannosa. Inoltre è in netto contrasto con le posizioni di tutto il resto del movimento lgbt da 40 anni, non perché esso sia fermo agli anni 60, ma perché altrimenti non avrebbe ragione di esistere. Quanto al fatto che sia cambiata l’identità delle persone omosessuali e le loro esigenze, per esempio rispetto alla regolamentazione delle coppie di cui fanno parte, ho i miei profondissimi dubbi. Da aprile è cambiato solo il governo e con questa iniziativa il DGP ha mostrato di essersene accorto più del dovuto con un approccio che, mi ripeto, è molto, ma molto, più realista del re.
Rossana Praitano
Presidente Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli
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