SOLDATI GAY: NESSUNA VERGOGNA

Nel libro-reportage dei giorni passati in Albania con la missione Arcobaleno, Dario Remigi riferisce dell'omosessualità tra commilitoni e della reazione delle gerarchie militari. Intervista di Gay.it.

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3 min. di lettura

"Diario d’Albania", opera prima di Dario Remigi, edizioni Florence Art, non è un mero reportage di guerra. E’ un piccolo romanzo epistolare fra un ragazzo, militare di leva, che decide di partire volontario nella missione Arcobaleno in Albania e la sua fidanzata.

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La missione Arcobaleno, come tutti ricordano, è stata la spedizione di forze pacifiche dell’ONU, in aiuto dello stato albanese, nel 1997, dopo la disastrosa gestione del presidente Berisha, per assicurare il corretto andamento delle elezioni politiche e per prestare aiuti umanitari.

Il libro presenta un’analisi non politica dei fatti, bensì umana, con attenzione alle persone, ai luoghi ed alle emozioni. L’impegno sociale, la visione militare e non militarista, le emozioni e gli amori di ragazzi poco più che ventenni catapultati dal bar al fronte. E l’omosessualità nell’esercito. Una struttura chiusa e moralista, che ancora non ammette che vi siano gay al suo interno.

Come nasce il libro?

"Dall’esigenza di raccogliere del materiale importante che era rimasto in un cassetto. Raccontare storie dimenticate o taciute, di cui, altrimenti, si sarebbe persa ogni traccia".

Hai descritto storie di sesso fra militari. Non ti hanno rimproverato?

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"Veramente mi hanno accusato anche di omofobia. Perché in una pagina descrivo la mia "irruzione" involontaria in un luogo di peccato, per così dire, e la reazione non amichevole di uno dei ragazzi sorpresi. Io non ho dato nessun giudizio morale, mi sono limitato a raccontare una storia, ma c’è chi ha voluto vedere il male dove non esisteva".

Bernard Shaw una volta ebbe a dire: "E’ assurdo discutere se i gay debbano entrare nelle forze armate. Perché ci sono già. Chi vorrebbe passare tutta la vita fra gli uomini?". Tu come commenti?

"Non si commenta l’affermazione di un genio. Ma non sono molto d’accordo. Purtroppo, nella realtà, grossi gruppi editoriali non hanno accettato di pubblicare il libro proprio perché "perplessi" dalle descrizioni di incontri gay fra militari. Lo stesso esercito non ha trovato edificanti gli episodi ed ha preso silenziosamente le distanze da me".

Del resto uno dei motivi per cui si è riformati alla visita militare è l’omosessualità.

"Esatto. Anche se, ultimamente durante la festa delle Forze Armate, qualche alto vertice ha auspicato che si potrebbe supplire alla mancanza di vocazioni aprendo a gay ed extracomunitari. Bello, ma ci vedo un discreta dose di opportunismo, una mera convenienza. La verità è che il militare non lo vuol fare più nessuno. Così si tenta di stare a galla, mascherandosi dietro atteggiamenti finto-progressisti".

Sarebbe comunque un bel passo avanti, abolire lo sbarramento per i gay.

"Sono assolutamente solidale con gli omosessuali che vogliono prestare il proprio servizio nell’esercito. La legge è palesemente inadeguata. Sento, tuttavia, una forte aria di controriforma in tutto il mondo occidentale. Persino negli Usa, dove l’amministrazione Clinton aveva fatto molto per i gay militari, si sta sollevando un sentimento oscurantista. Sarà, dunque, una battaglia da portare avanti nella società civile, senza contare troppo sui politici".

In un ambiente unisessuale come la caserma si sviluppano contatti sessuali fra individui? E come?

"Chiaramente sì. A dispetto di tutte le statistiche i ragazzi che hanno storie fra loro sono molti di più di quelli che si vuol dichiarare. Ed è un bene. Risalta, specie negli ultimi anni, una generazione che non rinuncia alla propria identità sessuale, nemmeno in una situazione estremamente "machista". Un superamento di tutti gli stereotipi uomo vero-checca, parrucchiere-carabiniere. Solo individui con le loro scelte di vita e di sentimenti".

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Nessuna vergogna.

"Guarda, l’unica vergogna sono quelli di Forza Nuova che fanno il saluto fascista ai manifestanti del Gay Pride. Ma chi li autorizza? E poi fanno deviare il percorso del corteo davanti alle chiese più importanti per non turbare i fedeli! E’ indecente che si tenti in alcun modo di limitare un’espressione genuina di libertà del pensiero".

di Paola Faggioli

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