Anna Wintour, leggendaria direttrice di Vogue USA, è sbarcata in Australia per assistere agli Open di tennis. Nel farlo la Wintour ha duramente attaccato Margaret Court, 76enne leggenda australiana vincitrice di 64 prove del Grande Slam, alla quale è stato dedicato lo stadio principale dell’Open, che porta per l’appunto il suo nome.
Peccato che negli ultimi anni la Court si sia fatta riconoscere soprattutto per la propria conclamata omofobia, che l’ha vista scontrarsi duramente con tennisti ancora in attività, arrivati addirittura a proporre il boicottaggio dell’Australian Open, causa proprio stadio a lei dedicato. Ed è qui, dinanzi a quello stadio attaccato anche dalla mitica Billie Jean King, che la Wintour è esplosa.
“Non è coerente con lo sport che il nome di Margaret Court possa risuonare in uno stadio che fa così tanto nel riunire così tante persone attraverso le loro differenze … L’intolleranza non può avere spazio nel tennis”.
Parole che hanno ridato fiato all’infinita polemica nei confronti della Court, che ha sempre difeso le proprie idee bigotte e omofobe. L’ex primo ministro australiano Tony Abbott, in tal senso, ha incredibilmente criticato la Wintour, accusata di voler dare ‘ignoranti lezioni’ al popolo australiano. A suo dire ‘Margaret Court è un’illustre australiana che ha diritto ad esprimere le proprie opinioni’. Abbott ha poi sottolineato come eviti di ‘attaccare altri Paesi’ quando è in viaggio, portando loro rispetto, cosa che anche gli stranieri in vacanza in Australia dovrebbero fare.
Oggi pastore pentecostale, la Court ha portato avanti una durissima battaglia contro i matrimoni gay, al tempo del referendum sulle nozze egualitarie, affermando che il mondo del tennis sarebbe ‘pieno di lesbiche’ e che i bimbi transgender sarebbero ‘figli del diavolo’. Non contenta, l’ex tennista sostiene che la lobby gay sarebbe entrata nella ‘testa’ dei più piccoli attraverso i programmi scolastici contro il bullismo e l’omofobia. Follie ad ampio raggio che la signora Court può pensare e volendo persino esprimere pubblicamente, ma lo scandalo rimarcato dalla Wintour, e prima di lei da non pochi tennisti professionisti dei circuiti ATP e WTA, riguarda tutt’altra verità, ovvero che il principale stadio tennistico d’Australia porti ancora il suo nome.
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