Roma 2020 – Supernova, la recensione: l’amore assoluto di Colin Firth e Stanley Tucci

Una storia d'amore gay in cui per una volta non è la sessualità dei personaggi a definire la narrazione.

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Censurato il film d'amore gay Supernova.
3 min. di lettura

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Sono esattamente 50 anni che al buio di una sala si piange con i cosiddetti ‘sick romance movies’. Da Love Story in poi, il mondo del Cinema non ha mai abbandonato questo filone che vede una coppia di innamorati costretti a dirsi addio, a causa di una malattia che puntualmente colpisce uno dei due. Il 35enne inglese Harry Macqueen ha aggiunto alla lunga lista di titoli in questione Supernova, film da lui sceneggiato e ‘innovativo’ soprattutto per un motivo. I due innamorati, da quasi 30 anni, sono due uomini.

Sam e Tusker, il primo pianista e il secondo scrittore, sono in viaggio lungo l’Inghilterra sul loro vecchio camper. Giorno dopo giorno ripercorrono ricordi passati, visitando luoghi, amici e familiari. Ma quella che inizialmente sembra una semplice vacanza, è in realtà altro. Molto altro. Tucker soffre infatti di demenza precoce. Da due anni, oramai. Fatica a compiere semplici gesti che chiunque di noi considererebbe normali, ha momenti di vuoto totale, dimentica volti e perde la percezione con la realtà. Sam ha messo in pausa la propria vita professionale perché consapevole che non c’è cosa più preziosa del tempo da vivere insieme all’amato Tucker, prima che quest’ultimo lo guardi senza capire più chi sia. Una verità purtroppo irreversibile che lo scrittore non riesce a digerire, tanto da ideare un piano che Sam fatica a sopportare.

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Supernova è un film che vive grazie soprattutto ai suoi due straordinari protagonisti. Da una parte Stanley Tucci, testardo scrittore che ha deciso di vivere quel che gli rimane da vivere con dignità assoluta. Dall’altra Colin Firth, sulle cui spalle poggia il mondo intero, perché inconsolabile nel dover accettare una simile diagnosi, la possibilità che l’amore di una vita si dimentichi di lui, di loro.

Macqueen ha lavorato a stretto contatto per tre anni con i principali specialisti della Demenza del Regno Unito presso UCL e The Wellcome Trust, conoscendo personalmente chi è stato colpito dalla malattia. Il regista e co-sceneggiatore ha poi costruito una storia di coppia in cui per una volta non è la sessualità dei personaggi a definire la narrazione. In Supernova abbiamo due uomini che si amano immensamente, che bisticciano, ridono, dormono abbracciati l’uno all’altro, che si perdono nei reciprochi occhi. Una relazione fondata sull’amore assoluto, messo a dura prova dalla demenza di Tucker e dal suo desiderio di avere il controllo totale della propra esistenza. Cosa significhi amare dinanzi all’inesorabile morte. Macqueen prova a dare una sua risposta a questo gravoso quesito, affidandosi completamente ai suoi due protagonisti.

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Perché Tucci non è mai stato tanto bravo in 35 anni di carriera, così contenuto e al tempo stesso potente nel dover consapevolmente gestire una malattia che cancellerà il suo passato e inevitabilmente segnerà il suo futuro, mentre Firth, ancora una volta, sorprende per capacità espressiva, nello straordinario dosaggio emotivo di un uomo a cui è crollato l’intero universo addosso. L’alchimia tra i due attori è travolgente, abbagliante. La credibilità della coppia è disarmante, con la regia di Macqueen che rimane quasi volutamente in disparte, limitandosi ad osservarli, ad ammirarli, lasciando loro un’intimità che traspare con forza. L’argomento trattato non è certamente innovativo, così come la sceneggiatura non brilla per originalità, ma queste due persone che soffrono per la sofferenza altrui e che stoicamente accettano la fine del loro tempo, domandandosi cosa sarebbero disposte a fare per la persona che amano, brillano in un cielo inevitabilmente cupo, attraversato da fugaci ricordi e scrosci di lacrime.

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