Vaiolo delle Scimmie, UNAIDS: “Può colpire chiunque, linguaggio stigmatizzante omofobo e razzista”

“Lo stigma fa male a tutti. La scienza condivisa e la solidarietà sociale aiutano tutti”.

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4° caso di vaiolo delle scimmie in Italia, nel reparto di malattie infettive dell’ospedale San Donato di Arezzo, dove è stato ricoverato un uomo di 32 anni rientrato dalle isole Canarie. Proprio il Maspalomas Pride di Gran Canaria si pensa possa essere stato il “super-spreader” (super-diffusore) del possibile contagio che in pochi giorni ha coinvolto circa 100 persone in Europa.

Ma non poche polemiche sono sorte dinanzi all’Agenzia per la sicurezza sanitaria (UKHSA), che ha subito parlato di casi scovati “tra uomini gay e bisessuali“, aggiungendo come “l’infezione possa essere trasmessa attraverso contatti stretti o a contatto con indumenti/biancheria usati da una persona che ha il vaiolo delle scimmie“, colpendo potenzialmente chiunque, andando chiaramente oltre orientamento sessuale e identità di genere.

Funzionari delle Nazioni Unite hanno condannato simili rapporti, definendoli “razzisti e omofobi”, con UNAIDS, Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS, che ha apertamente parlato di linguaggio “stigmatizzante“, a tal punto da mettere a rischio la salute pubblica ed “esacerbare lo stigma” nei confronti della comunità LGBTQ.

“Gli insegnamenti tratti dalla risposta all’AIDS dimostrano che l’incolpare determinati gruppi di persone possa minare rapidamente la risposta alle epidemie”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ricevuto segnalazioni di 92 casi confermati in laboratorio di vaiolo delle scimmie e 28 casi sospetti, al 21 maggio, da 12 Stati membri. Una parte significativa dei casi è stata identificata tra gay, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini. L’OMS ha precisato come siano più a rischio coloro che hanno stretti contatti fisici con qualcuno con il vaiolo delle scimmie, rimarcando come il rischio non sia limitato agli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini.

UNAIDS ha esortato i media, i governi e le comunità a replicare con un approccio basato sui diritti e sull’evidenza.

Lo stigma e l’incolpare qualcuno minano la fiducia e la capacità di rispondere efficacemente ad epidemie come questa“, ha affermato Matthew Kavanagh, vicedirettore esecutivo UNAIDS. “L’esperienza dimostra che stigmatizzare la retorica può disabilitare rapidamente la risposta basata sull’evidenza, alimentando cicli di paura, allontanando le persone dai servizi sanitari, ostacolando gli sforzi per identificare i casi e incoraggiando misure punitive inefficaci. Apprezziamo la comunità LGBTI per aver aperto la strada alla sensibilizzazione e ribadiamo che questa malattia può colpire chiunque”. “Questo focolaio evidenzia l’urgente necessità di rafforzare la prevenzione nelle pandemie, compresa la costruzione di infrastrutture per i diritti umani a supportare risposte efficaci e non stigmatizzanti”, ha concluso il dottor Kavanagh. “Lo stigma fa male a tutti. La scienza condivisa e la solidarietà sociale aiutano tutti”.

Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS, UNAIDS guida e ispira il mondo a realizzare la sua visione condivisa di zero nuove infezioni da HIV, zero discriminazioni e zero morti legate all’AIDS. UNAIDS unisce gli sforzi di 11 organizzazioni delle Nazioni Unite – UNHCR, UNICEF, WFP, UNDP, UNFPA, UNODC, UN Women, ILO, UNESCO, OMS e Banca Mondiale – e lavora a stretto contatto con i partner globali e nazionali per porre fine all’epidemia di AIDS entro il 2030 come parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Nel nostro Paese,  il ministero della Salute ha tempestivamente allertato le Regioni e messo in piedi un sistema di monitoraggio dei casi di Vaiolo delle Scimmie. Il primo caso è stato identificato il 19 maggio presso l’INMI Spallanzani di Roma, che poi ha confermato altri due casi sospetti, già ricoverati nella struttura. “Il virus si trasmette per contatto diretto o molto stretto però, poi, i focolai tendono molto spesso ad autolimitarsi”, ha chiarito Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute. In una nota l’Istituto superiore di sanità ha sottolineato come si tratti di un’infezione causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo ma che largamente si differenzia dal vaiolo stesso per la minore diffusività e gravità. Nell’uomo si presenta con febbre, dolori muscolari, cefalea, linfonodi gonfi, stanchezza e manifestazioni cutanee quali vescicole, pustole, piccole croste. Si può trasmettere da uomo a uomo attraverso droplets, contatto con fluidi corporei o con le lesioni cutanee.

L‘infezione è relativamente infrequente nell’uomo e comunque fuori dall’Africa, ma sono stati riportati casi sporadici ed anche un’epidemia in USA nel 2003, in seguito all’importazione dall’Africa di animali non adeguatamente controllati sotto il profilo sanitario. La malattia si risolve spontaneamente in 1-2 settimane con adeguato riposo e senza terapie specifiche; possono essere somministrati degli antivirali quando necessario.

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