Chissà chi si assumerà l’oneroso compito di far sua la voce di Woody Allen dopo la scomparsa del fedelissimo Oreste Lionello il 19 febbraio di quest’anno: non lo scoprirete vedendo "Basta che funzioni", la nuova, gradevole commedia del regista newyorchese in cui il suo alter ego è interpretato dal bravo Larry David, star tv di “Seinfeld” e autore di “Curb your enthusiasm”, doppiato con competenza da Luca Biagini.
Dopo la parentesi europea che rappresentava una sorta di piccola ‘svolta’ anche per il suo cinema (i due riusciti gialli “Match Point” e “Sogni e delitti” sul calco di “Crimini e misfatti” nonché le meno brillanti commedie “Scoop” e “Vicky Cristina Barcellona”), Woody Allen torna alla sua amatissima New York, qui decisamente cartolinesca, per rifare se stesso con minime variazioni sul tema: il protagonista è il solito nevrotico pessimista e un po’ urticante ma questa volta è un fisico esperto in meccanica quantistica, ex docente della prestigiosa Columbia University in odor di Nobel, Boris Yellnikoff, psichicamente fragile – ha frequenti attacchi di panico – e zoppo perché ha tentato di farsi fuori, a intraprendere un’insolita storia d’amore con una sciroccata giovanetta del Mississippi, Melody (la graziosa Evan Rachel Wood), convinta che Boris giochi negli Yankees.
La classica verve di Woody c’è tutta, comunque, e gli appassionati troveranno quello che si aspettano: un sottile cinismo esistenziale sprezzante tipicamente yiddish, ironia profonda nei confronti dei fanatici religiosi, la consapevolezza che basta uno sbruffo del caso per scombinare gli equilibri sentimentali amorosi. Così, un incontro casuale in un bar tra due ex mariti (sì, ma il secondo, oltre ad esserlo, ce l’ha, un ex marito!) diventa l’occasione per far nascere una promettente storia d’amore tra un fedifrago con una discreta omofobia interiorizzata e un disilluso signore convinto che Dio sia ‘Il grande arredatore’. È un piacere rivedere in buona forma Ed Begley Jr., neo-sessantenne, che ricordiamo nel cult del compianto Paul Bartel “Scene di lotta di classe a Beverly Hills”.
Insomma, basta che funzioni: l’amore gay è un sentimento degno di rispetto esattamente come quello etero. Anche Woody, all’alba dei suoi settantacinque anni – li compirà il primo dicembre – si è reso conto di questo. Anzi, a volte funzionano meglio proprio gli amori meno ‘istituzionalizzati’.
Una fiaba metropolitana dalle parti di Frank Capra, ma con guizzi caustici tipici di Allen, la cui unica originalità sta proprio nell’esplorazione dell’amore queer (la moglie del gay, una strepitosa Patricia Clarkson, va a convivere con due maschi), un po’ faticosa nel carburare ma davvero sprintosa nel finale.
Le luci golden e caramellose sono di Harris Savides, direttore della fotografia feticcio di Gus Van Sant.
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