Il colonialismo inglese ha diffuso l’omofobia nel mondo?

Molti Paesi che puniscono i gay , lo farebbero perché si aggrappano alla morale vittoriana, eredità del colonialismo: il rapporto dell'organizzazione Human Rights Watch.

Il colonialismo inglese ha diffuso l'omofobia nel mondo? - impero britannico - Gay.it
3 min. di lettura

Molti paesi che puniscono gli omosessuali, lo farebbero perché condizionati da una morale di derivazione vittoriana, ovvero inglese. Tra questi paesi anche quelli arabi. L’omofobia sarebbe quindi un’eredità dell’impero britannico. Il tema è discusso da tempo, ma pare che venga trattato sempre troppo poco, forse per la scomodità di ricondurre all’Occidente le brutalità che in giro per il mondo vengono compiute dalla comunità LGBT.

Secondo una ricerca condotta nel 2014 dal Pew Research Centre, “la stragrande maggioranza delle persone nei paesi musulmani afferma che l’omosessualità dovrebbe essere rifiutata”.

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In molti paesi Medio Oriente gli atti omosessuali sono puniti dal codice penale. Questo pare non sia dovuto necessariamente all’applicazione del diritto islamico, quanto più spesso all’eredità delle leggi coloniali, specialmente della legge britannica, come succede in EgittoGiordania e nei territori palestinesi.

È risaputo che l’Impero Britannico ha lasciato una forte eredità nei territori che ha governato: dalla lingua inglese ai semi della democrazia parlamentare, alla ferrovia. I governatori di Sua Maestà a suo tempo però hanno lasciato alle colonie una legge che punisce “carnal intercourse against the order of nature with any man, woman or animal”. Ovvero la sodomia. In breve: i rapporti sessuali “contro natura”, anche se consensuali e tra persone adulte, sono considerati reato nei Paesi che un tempo erano sotto il controllo della della corona imperiale: India, Pakistan, Bangladesh, Uganda, Nigeria, Zimbabwe, Tonga, Papua Nuova Guinea.

NEW DELHI, INDIA - DECEMBER 15: LGBT (lesbian, gay, bisexual and transgender) activists protest against Supreme Court's judgement on Section 377 that upheld section 377 of the Indian Penal Code that criminalizes homosexuality at Jantar Mantar on December 15, 2013 in New Delhi, India. India's Supreme Court last week reversed a landmark 2009 lower court order that had decriminalized gay sex. (Photo by Mohd Zakir/Hindustan Times via Getty Images)

L’organizzazione Human Rights Watch, che si batte per la difesa dei diritti umani, ha pubblicato nel 2008 un lungo rapporto dal titolo: “This Alien Legacy: The Origins of Sodomy Laws in British Colonialism”. Nel documento veniva raccolta una coalizione di circa 60 Paesi che si erano rivolti all’Onu presentando una richiesta di tutela del diritto all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Dopo quel rapporto in India l’Alta Corte ha preso in considerazione un’istanza di depenalizzazione del reato ma nel 2014 il reato è stato confermato, con pene fino a dieci anni di carcere.

Il ministero dell’Interno indiano l’ha difesa con questa motivazione: “la legge non è separata dalla società, riflette solo la percezione sociale. Oggettivamente nella società indiana non c’è la stessa tolleranza che si riscontra in Gran Bretagna e negli Stati Uniti”.

Ma gli esperti di Human Rights Watch hanno trovato proprio nella storia del British Raj, l’impero delle Indie, una smentita alla teoria. «È un’amnesia storica, metà dei Paesi che puniscono i comportamenti omosessuali lo fanno perché si aggrappano alla morale vittoriana e alle leggi coloniali», dice Scott Long, direttore del programma sui diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender.

epa03986292 Indian activist gather during a protest against the Supreme Court verdict on the gay sex, in Mumbai, India, 11 December 2013. India's top court on 11 December upheld a colonial law against homosexuality, dealing a major setback to the gay, lesbian and transgender communities. A two-judge bench of the Supreme Court reversed a 2009 verdict by the Delhi High Court, which had ruled that section 377 of the penal code violated fundamental rights guaranteed under the constitution. EPA/DIVYAKANT SOLANKI

La legge sulla sodomia fu introdotta nel 1860 da James Bruce, ottavo conte di Elgin e viceré dell’India. Il nobiluomo era preoccupato per funzionari e soldati imperiali, temeva che si facessero “corrompere dai vizi speciali dell’Oriente” e che potessero “soccombere alle tentazioni di Sodoma e Gomorra”.

All’inizio per reati simili la pena poteva arrivare fino al carcere a vita. La legge era dura anche sul territorio inglese: Oscar Wilde dovette subire un processo molto negativo per la sua immagine; Alan Turing, nel 1952 fu arrestato per omosessualità e processato: per “curarlo” lo sottoposero a “cure ormonali” che portarono alla castrazione chimica. Turing morì suicida.

In Inghilterra e Galles la sodomia come delitto fu abolita solo nel 1967. Il reato è stato mantenuto nel nuovo codice dell’India indipendente e quindi, spiega il rapporto di Human Rights Watch, si tratta non di morale indiana, ma di ipocrisia vittoriana.

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Oltretutto l’accusa di “sodomia” tra persone consenzienti in molte nazioni viene strumentalizzata anche per motivi politici: in Malaysia è stato incriminato Anwar Ibrahim, ex viceprimo ministro; nello Zimbabwe il dittatore Robert Mugabe ha parlato di gay e lesbiche come di “non africani, gente peggiore di maiali e cani”. Un tema scomodo questo, che mette in discussione certi stereotipi con cui abitualmente si addossano all’integralismo religioso e culturale non occidentale le responsabilità della chiusura mentale e dell’omofobia, quando invece questi dati ipotizzano che l’Occidente abbia una grande responsabilità, soprattutto dal punto di visto della persecuzione legale.

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Giovanni Di Colere 22.7.16 - 19:46

Australia Sud Africa Canada nuova zelanda sono ex colonie inglesi la situazione dei diritti gay non è quella di India Egitto Pakistan o Jamaica o Nigeria Dipende dalla cultura locale. PS la Giordania non prevede reato per i gay.

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