Chiamamifaro, è uscito “Disco Default”: “Mentre aspetto di fare il grande salto, mi godo la salita” – Intervista

Reduce dall'esperienza al Concertone del Primo Maggio la cantautrice 22enne si racconta a Gay.it tra i dubbi e le incertezze della sua generazione, qualche frecciatina all'industria musicale e il legame speciale con il Pride.

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chiamamifaro, il nuovo album è "Disco Default"
chiamamifaro si è esibita al Concertone del Primo Maggio 2024
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Ha la benedizione dei Pinguini Tattici Nucleari, bergamaschi come lei e con cui ha collaborato più volte, ed è reduce dall’esibizione sul palco del Concerto del Primo Maggio. chiamamifaro, all’anagrafe Angelica Gori, a soli 22 anni ha già un curriculum di tutto rispetto con due dischi all’attivo – l’ultimo, Disco Default, è uscito il 19 aprile per Columbia Records/Nigiri – e un tour estivo alle porte dopo le date nei club dello scorso marzo. Con la freschezza della sua penna e di un pop narrativo esprime il vissuto della sua giovane età e della Gen Z tra dubbi, rimorsi e momenti di spensieratezza. A Gay.it la cantautrice racconta che cosa la manda in default, quale soluzione ha trovato per tornare a sorprendersi davvero e il legame speciale che da anni ha con il Pride.

È da poco uscito un repack del tuo ultimo album. Disco che cosa aggiunge a Default?

Sicuramente aggiunge 3 pezzi e ancora un po’ più di significato all’idea originale del progetto, il tema del default, che per me è una sorta di modalità preimpostata per cui tendiamo a vivere la vita di tutti i giorni sovrappensiero perché siamo bombardati da un sacco di stimoli. I media, i trend, TikTok, i tweet: tutto cerca di prendere la nostra attenzione e il risultato è che facciamo fatica a sorprenderci realmente di qualcosa. L’idea dietro il disco era raccontare la mia insofferenza verso questo tema e cercare una soluzione, ovvero provare a ridare valore alle piccole cose della vita, i dettagli che spesso non notiamo finché non li abbiamo più.

Il default di cui parli vale anche per la musica?

Sì, assolutamente. C’è un pezzo nel disco che si chiama “Rumore bianco” e parla proprio del fatto che ogni venerdì escono tantissime canzoni nuove e c’è davvero un rumore bianco di fondo in cui ognuno con i propri brani cerca di urlare più forte per scavalcare gli altri e farsi sentire. È anche una critica verso l’industria musicale, sempre più usa e getta. Anche l’idea di dividere l’uscita dell’album in due momenti è un modo per provare a dare valore a tutti i singoli brani, renderli più digeribili. Gli ascolti sono cambiati rispetto a 30 anni fa, la gente fa più fatica ad ascoltare gli album.

In questo mare magnum non hai paura di annegare e non riuscire a lasciare il segno?

Sì, perché è difficile scrivere canzoni che siano davvero necessarie. Io cerco di realizzare brani che abbiano spunti diversi, più originali. Mi piace provare a creare pezzi che parlino anche di temi più o meno pesanti nascondendoli un po’ con la scrittura. Non credo che la musica sia solo canzoni d’amore, anzi.

Il pezzo di apertura è Tutti contro tutti

Lì parlo di quanto sia polarizzata la mia generazione e il nostro mondo in questo momento, e di quanto ci piaccia schierarci sempre per qualcosa e per qualcuno, dai temi più importanti di geopolitica fino alla cronaca rosa. C’è proprio questa cultura dell’ultrà, che secondo me fa parte di ognuno di noi e i social la amplificano molto perché ci danno una piattaforma per esprimere le nostre opinioni, ogni tanto anche non richieste.

Anche tu sei una che si schiera secondo questa modalità o credi nelle sfumature?

Io credo moltissimo nelle sfumature, anzi mi sta stretta questa divisione così netta tra bianco e nero, e urlare le proprie idee in maniera prepotente. Credo nell’informazione intelligente e in un pensiero informato, infatti non amo impormi troppo sui social con le mie idee: preferisco farmele nel mio, ho paura che urlarle sul web non faccia altro che influenzare in maniera sbagliata le altre persone.

Il tuo percorso come chiamamifaro è iniziato in piena pandemia, forse non l’esordio più facile. Che cosa ti ha insegnato?

Sicuramente mi ha dato un’opportunità, perché non avevo mai avuto così tanto tempo da impegnare su me stessa e sulla mia musica. Ho scritto tanto e sì, è stato un periodo strano in cui esordire, ma forse mi ha quasi aiutato: avevo appena compiuto 18 anni, e con l’incoscienza della giovane età mi sono buttata in un mondo che non conoscevo, quello dell’industria musicale, senza sapere cosa mi aspettasse dall’altro lato. In quei mesi non uscivano tanti dischi, quindi il mio primo singolo è finito in alcune buone playlist senza che fosse troppo programmato. Per una serie di coincidenze in realtà il periodo del Covid mi ha pure aiutato.

chiamamifaro nuovo album
chiamamifaro ha esordito durante la pandemia

Hai mai pensato di passare anche da un talent, visto che da qualche anno non ci sono più perfetti sconosciuti ma persone che hanno un percorso già avviato?

Non ho mai voluto fare dei talent perché credo fortemente che esista ancora un modo di riuscire a emergere nella musica italiana senza passare da lì. E poi perché credo nella gavetta, io ho iniziato quasi 4 anni fa e sono stati sicuramente di duro lavoro ma anche di tante soddisfazioni. Nonostante mi auguri di fare il grande salto so che, se succederà, questi anni mi mancheranno, e quindi mi sto godendo la salita.

Si dice che la Gen Z sia la più ricca di sempre e abbia la fortuna di godere di opportunità incredibili, eppure in Tutto ok mi sembra di cogliere un senso di incertezza sul futuro.

Sì, è come mi sono sentita io negli ultimi anni, siamo in un periodo storicamente complicato. Siamo pieni di incertezze e volevo parlare anche del fatto che tutti ci diciamo che è tutto ok pure quando non è vero.

Di certo vi state facendo portavoce di tematiche e valori che in passato non avevano spazio come salute mentale e identità di genere. Sono questioni che toccano da vicino anche te e di cui fai, direttamente o indirettamente, esperienza?

Sicuramente, e penso che in alcune canzoni questa cosa si senta. Provo a scrivere anche di temi più o meno profondi perché mi sento di farlo. Ci sono brani non ancora usciti che parlano proprio di salute mentale, per esempio. Credo ci sia una sorta di responsabilità da parte degli artisti nel portare al pubblico argomenti che ci stanno a cuore.

Al Concertone del Primo Maggio è stata mostrata una foto di te al tuo primo Pride, avevi 16 anni, e hai detto che ora è diventata una preziosa tradizione. Che cosa significa per te donna etero parteciparvi?

È una tradizione che mi porto nel cuore e che mi fa piacere condividere con i miei amici perché da donna etero quale sono la mia espressione sessuale non è mai stata messa in pericolo da nessuno e ciò è un privilegio, quindi mi sembra giusto tener conto di chi invece ancora deve lottare per questo. Poi è una bellissima festa, c’è sempre della bella musica. Non credo che i Pride siano solo per persone che fanno parte della comunità, anzi, mi piace sentirmi parte di queste manifestazioni e fare il mio per quel che posso. Quest’anno parteciperò anche a quello di Milano.

Nel brano che chiude l’album canti: “La poesia che vive nelle cose più impensabili”. Tu in che cosa la trovi?

Nelle scritte sulle porte dei bagni chimici, in due paia di scarpe slacciate una vicina all’altra quando torni a casa. Sono particolari che sembrano quasi stupidi e che secondo me contengono poesia. In “Vacanze italiane” (un altro brano del disco, ndr) il dettaglio bello sono i cd che ascoltavamo in macchina quando andavamo al mare: quando parte una canzone ti risveglia una marea di ricordi che nel momento in cui li hai vissuti magari non pensavi fossero importanti.

Parafrasando il tuo nome d’arte, sei stata faro per qualcuno? Ti è arrivata qualche testimonianza dai fan in questo senso?

Una ragazza mi ha scritto di aver attraversato un periodo molto complicato perché si era lasciata con una persona e le mie canzoni in realtà li avevano fatti conoscere. Ci ha tenuto a raccontarmelo perché nonostante la storia fosse finita lei nelle mie canzoni trovava ancora quella felicità che provava insieme a questa persona, è stato un messaggio che mi ha fatto tanta tenerezza. Devo dire che mi arrivano molte storie e sono sempre emozionanti, mi sento molto fortunata.

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