Ottime notizie sul fronte della genitorialità per la comunità T: gli specialisti del National Health Services (NHS) Trust del Regno Unito hanno confermato che il latte materno prodotto dalle donne transgender è perfettamente adeguato al nutrimento dei neonati, al pari di quello proveniente da madri cisgender.
Le dichiarazioni dell’NHS fanno seguito a un paper dell’Università inglese del Sussex, che spiega come l’adozione di terapie farmacologiche mirate a stimolare la produzione di latte nelle donne cisgender possa essere utilizzata anche nelle donne transgender – con risultati pressoché identici.
Per indurre la produzione di latte, donne transgender e individui AMAB (sesso maschile assegnato alla nascita) possono quindi avvalersi di terapie ormonali, come l’assunzione di estradiolo, una forma di estrogeno.
Il farmaco, in combinazione con medicinali quali il domperidone, che stimola la produzione di prolattina, l’ormone chiave nella generazione del latte materno, permette la lattazione – il protocollo Newman-Goldfarb per l’allattamento indotto, il cui obiettivo è quello di replicare i cambiamenti ormonali tipici del post-gravidanza.
È importante rilevare tuttavia che, nonostante il suo utilizzo diffuso, i produttori del domperidone non lo raccomandano esplicitamente per stimolare la lattazione, citando la possibilità di effetti collaterali sul neonato – ancora però mai riscontrati.
Numerosi professionisti della salute – anche nel nostro paese – considerano infatti il farmaco come una scelta sicura e lo prescrivono da anni off-label (cioè per usi non approvati ufficialmente) alle donne cisgender che faticano ad allattare.
Le ricerche disponibili, benché limitate, sembrano avvalorare la validità di questa pratica medica.
Sintetizzando le conclusioni di un crescente corpo di studi, un articolo presente nel database LactMed, gestito dai National Institutes for Health, ha infatti evidenziato che “non sono stati osservati effetti avversi in un numero ristretto di casi documentati di neonati allattati al seno da madri che assumevano domperidone“.
Una donna transgender ha già allattato nel 2018
Non si tratta però propriamente di una novità: già nel 2018, la rivista Transgender Health aveva pubblicato un caso studio condotto su una donna transgender newyorkese, che era riuscita ad allattare il proprio bambino grazie a una metodologia sviluppata da precedenti ricerche.
Per indurre l’allattamento, era stato necessario aumentare le dosi degli ormoni che stava assumendo, in particolare l’estradiolo, un tipo di estrogeno, e il progesterone. Le era stato anche dato un galattagogo, un farmaco che stimola la produzione di latte, per alzare i suoi livelli di prolattina.
I risultati sono stati sorprendenti: tre mesi dopo aver iniziato la terapia, la donna – che ha allattato il piccolo per sei settimane consecutive – era in grado di produrre circa 236 ml di latte al giorno. Durante questo periodo, il pediatra ha osservato che la crescita del bambino, le sue abitudini alimentari e intestinali erano tutte adeguate e conformi alle aspettative di sviluppo.
Per una volta, quindi, le aspettative sono sovvertite in positivo, un promemoria dolce e potente che la famiglia, nella sua essenza più pura, è costruita su legami d’amore incondizionato, piuttosto che sulle definizioni rigide e tradizionali che alcuni si ostinano a voler mantenere.
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Sono sinceramente preoccupato. Sono omosessuale e devo continuamente sottostare a queste sciocchezze nella malattia e nella morte. Se avete gradito l'articolo, penso siate omofobi.