Uomini transgender e gravidanza, perché parlare di rischi? Parola al dottor Converti, presidente di Amigay

Quali sono gli aspetti giuridici, psicologici e sanitari della gravidanza transmaschile in Italia? Come possiamo lavorare verso un sistema più inclusivo che abbracci tutte le sfaccettature della genitorialità?

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La notizia di un uomo transgender che sceglie – o si trova a vivere un’esperienza di gravidanza avrebbe dovuto negli scorsi giorni accendere un dibattito sulle complesse dinamiche di genere e delle esperienze LGBTQIA+ in un paese che ancora fatica ad aggiornare i propri protocolli sanitari e giuridici per includere anche ciò che si discosta dai canoni ciseteronormativi a cui siamo abituati.

Questo fenomeno, pur non essendo nuovo, continua a generare un profondo interesse e talvolta controversie, poiché si colloca all’incrocio di questioni legate all’identità di genere, alla biologia e alla genitorialità.

Un dibattito a cui il nostro paese non sembra però essere ancora pronto, vista l’asfissiante gogna mediatica rivolta a chi già si trovava in una situazione estremamente delicata e unica nel suo genere – almeno in Italia: si tratta del primo caso documentato.  

Occasione persa? Invece di comprendere, si ridicolizza; piuttosto che favorire un dialogo costruttivo sulle profonde tematiche di genere, corporeità e genitorialità, si assiste a una sgradevole esibizione del dolore altrui da parte di chi si rifiuta di abbracciare realtà diverse da quelle “canoniche”.

Ed è quello che noi oggi scegliamo di non fare. Insieme a Manlio Converti, presidente di Amigay, formatore, attivista e medico psichiatra con cui già abbiamo parlato di omobitransfobia sanitaria, vogliamo invece approfondire gli aspetti di protocollo sanitari, psicologici, giuridici della questione.

Amigay APS – così come la SIGIS – è un’organizzazione specificamente dedicata alla formazione e all’educazione dellǝ professionistǝ sanitariǝ con un focus esclusivo sulla salute e la prevenzione per la comunità LGBTQIA+. 

Lasciando giudizi e preconcetti fuori dalla discussione per proporre un’educazione più approfondita e scevra di sovrastrutture, offriamo allǝ nostrǝ lettorǝ ed allǝ professionistǝ che possono fare la differenza, spunti di riflessione e raccomandazioni dalla letteratura scientifica in ambito di gravidanza transmaschile.

INTERVISTA

Dott. Converti, quali sono i principali rischi sanitari per un uomo trans che si trova in gravidanza, specialmente se è sottoposto a terapia ormonale? Come dovrebbero essere monitorati e gestiti questi rischi per assicurare la salute sia del genitore che del feto?

Perché parlare di rischi? Partiamo dai vantaggi e dalla prevenzione. Intanto occorrerebbe tenere presente che un maschio transgender può avere qualunque tipo di orientamento sessuale e che può quindi uscire incinto.

Un maschio transgender o una persona non binaria  nata con un corpo femminile o una persona intersex possono essere fertili ed essere messi incinti sia che usino la Triptorelina sia che usino Testosterone sia che non li usino, fintanto che abbiano almeno una porzione di ovaio e di utero funzionante ed abbiano rapporti penetrativi con chi produca sperma.

Alla rovescia bisogna ricordare che donne transgender, persone non binarie nate con corpi maschili e persone intersex possono mettere incinta altre persone sia che usino Triptorelina, sia che usino Estrogeni sia che non li usino, fintanto che abbiano una porzione di testicolo funzionante ed abbiano un rapporto attivo con chi abbia un corpo femminile o del gruppo precedente.

Ai maschi transgender, alle donne transgender, persone non binarie e intersessuali va quindi indicata a seconda degli organi presenti una corretta prevenzione, considerando che sono possibili nella vita per loro qualunque tipo di relazione sessuale.

Stiamo parlando dei preservativi, della PREP, delle spirali o dei preservativi femminili, a seconda della struttura del corpo, ma anche dell’igiene personale e degli screening oncologici. L’uso degli anticoncezionali a pillole ovviamente può essere utile in persone non binarie e persone intersex ma meno o per nulla in maschi e femmine transgender. 

Ovviamente andrebbe anche detto che nonostante la letteratura non riporti alcun danno nei nati da maschi transgender che usino testosterone, per precauzione, chi volesse avere figli deve sospendere la terapia ormonale almeno nel primo trimestre.

Attenzione però. Non sono riportati danni significativi nelle gravidanze di maschi transgender per il semplice fatto che esse sono rare. Questo comporta anche una eccessiva attenzione per questi casi, che è deleteria in assenza di rischi oggettivi, perché fa agire il retro pensiero sbagliatissimo di vietare alle persone trans l’uso di Triptorelina o Testosterone.

Meglio sarebbe pensare ai rischi psicologici?

La sospensione del testosterone ha un costo in termini di aumento del disagio corporeo quando non della vera e propria disforia di genere, anche solo come effetto di ritorno dalla sospensione della terapia.

Inoltre il corpo di un maschio trans, persona non binaria o persona intersex partoriente si modifica in modo significativo nel verso femminile e questo potrebbe essere fastidioso. Anche il parto naturale o l’allattamento possono essere fastidiosi, quando la ghiandola mammaria non sia stata rimossa e sia funzionante.

Occorre quindi valutare questa disponibilità ad accettare, anche “eroicamente” le modifiche del proprio corpo nel verso femminile e il suo uso per la gestazione, il parto e l’allattamento. Sappiamo infatti che il parto vaginale e l’allattamento quando possibili sono vantaggiosi per neonati e per lǝ gestanti. Tuttavia non sarebbe vantaggioso per unǝ gestante se non lo desiderasse.

I lavori scientifici nel merito sono tutti dei Paesi anglofoni e ci dicono, al momento, che appunto non ci sono rischi significativi, che occorre dare informazioni puntuali sulla fertilità prima dell’uso di Triptorelina o Testosterone o altre pratiche di cambio sesso, che occorre valutare il parto cesareo, l’allattamento artificiale e il non riconoscimento dellǝ figliǝ.

In che modo si può migliorare la prevenzione e l’informazione riguardo alla possibilità di gravidanza per gli uomini trans, soprattutto durante il processo di transizione? Quali misure preventive specifiche consiglierebbe?

La gravidanza in persona transgender è al momento un fenomeno raro. Come detto la prevenzione oncologica e cardiovascolare sono molto più importanti e dovrebbe essere garantito il libero accesso agli screening oncologici e cardiovascolari in tutte le strutture del SSN alle persone Transgender.

Ovviamente, come detto dovrebbero soprattutto essere date informazioni corrette prima dell’uso di Triptorelina e Testosterone, considerando, come detto, che ogni orientamento sessuale è possibile nelle persone Transgender e Intersex.

Considerando la complessità psicologica e sociale di una gravidanza inaspettata in un uomo trans, quali sono le principali sfide che si possono incontrare? Come possono i professionisti della salute mentale fornire un supporto adeguato in queste situazioni?

Tutti gli orientamenti sessuali sono possibili ma bisogna sempre chiedersi se la sessualità – diciamo in modo improprio ma chiaro – di tipo eterosessuale di un maschio transgender con la propria vagina in relazione con un pene, sia libera o frutto di transfobia interiorizzata o di uno stupro o di una terapia riparativa, perché sono tutte possibili queste ipotesi.

La transfobia interiorizzata (detta anche eterosessismo interiorizzato) porta una persona a comportarsi come se non fosse LGBTQIA+ per aderire ad un modello familiare, religioso, tradizionale, che lo/la farebbe accettare di più dalla comunità a cui appartiene.

Questo aspetto è ovviamente devastante per la persona, una sorta di auto-terapia riparativa e come tutte le terapie riparative viene considerata dalla Associazione Mondiale degli Psichiatri (WPA), ma non dal SSN, una forma di tortura con rischi anche gravi per la salute mentale. Lo stupro è altresì possibile, anche lo stupro correttivo da parte di familiari.

Torniamo però al caso della libertà di scelta.

Dobbiamo ricordare che la sessualità e la riproduzione sono due fenomeni separati e che la Triptorelina e il Testosterone non sono degli anticoncezionali efficaci, tanto che spesso si osserva un micro-sanguinamento da attivazione di piccole aree dell’utero, che altresì possono essere fertili.

E che succede quindi se la persona accetta la gravidanza oppure se superato il primo trimestre ha un feto sano ed è quindi tenuto a portare avanti la gravidanza? Dobbiamo garantire una consulenza psicologica.

Le modifiche per sospensione della Triptorelina o peggio del Testosterone, possono essere accolte positivamente dalla persona incinta perché gli ormoni della gravidanza modificano il cervello ed hanno effetti protettivi nei confronti della gravidanza.

Talvolta capita però il contrario e si può attivare rabbia, dolore, vergogna o altri sentimenti negativi (come capita nelle donne incinte che abbiano un blue o una depressione da parto).

La ricaduta psicologica può essere anche grave, soprattutto se scoperto tardi ed impossibilitati ad accedere alla IVG o alla ITG.

Gli studi US ci dicono che la maggior parte dei maschi transgender, persone non binarie e intersex che non facevano uso di Testosterone hanno avuto in proporzione normale un parto vaginale, mentre quanti usavano il Testosterone erano per la maggioranza stati fatti partorire con il cesareo.

Anche questo dato è importante ma non è detto che debba restare così. Dipende dal supporto psicologico e dalla motivazione, anche al “gesto eroico” a favore di un parto più favorevole per lǝ nasciturǝ quando possibile, di tipo vaginale.

Questo elemento motivazionale tuttavia è un elemento fragile che non deve spostarsi verso una forma di pressione psicologica o peggio verso una terapia riparativa. Occorre dare le informazioni correttamente ma lasciare alla libera scelta la persona, in modo che non subisca da parte di nessun operatore sanitario nessun rimprovero se chiede per la propria tutela psicologica il taglio cesareo.

Nel merito dell’allattamento al seno, quando possibile, occorre fare lo stesso ragionamento. Informare correttamente che questo è certamente utile per lǝ nasciturǝ,  ma garantire che sia evitato se richiesto dal gestante, nel massimo rispetto della libertà di scelta, perché la salute mentale delllǝ gestante viene sempre prima.

Potrebbe parlare delle complicazioni legali che un uomo trans in gravidanza potrebbe affrontare in Italia, come ad esempio l’accesso all’IVG o il riconoscimento del figlio? Quali cambiamenti legislativi ritiene necessari per garantire i diritti e la salute di queste persone?”

Come citato da vari giornali, nel caso specifico non si applica la legge 194 per la Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) o per la Interruzione Terapeutica di Gravidanza (ITG) perché il feto è sano e si è già al quinto semestre di gravidanza.

Tuttavia l’accesso alle cure stesse non è garantito perché la persona transgender del caso di cronaca è già riconosciuta come maschio e non come donna. La legge 194 su IVG ed ITG, per ovvi motivi legati all’epoca in cui fu scritta, era prevista per un mondo manicheo e binario diviso in uomini e donne.

Le persone LGBTQIA+ in Italia esistono dal punto di vista sanitario solo nella legge 164, appunto sulla modifica del corpo, che è una legge ormai ampiamente datata e perfino surreale per certi suoi effetti.

Infatti la legge non tutela non solo dai problemi della fertilità ma neanche dal rischio oncologico o cardiovascolare, ignora le persone intersex e non binarie e peggio ancora limita il suo campo alle conoscenze degli anni ottanta.

Dobbiamo quindi ottenere di cambiare le leggi come la 194 che parlano solo di donne e non di persone, perché la burocrazia è feroce ed escludente. Chi inizi ad usare Triptorelina o Testosterone deve sapere che al momento dopo il cambio anagrafico perderà alcuni diritti civili. È orribile anche solo doverlo pensare.

Nel frattempo se capitasse che un MASCHIO TRANSGENDER, PNB o PI scoprisse nel primo trimestre di avere una gravidanza non desiderata, possiamo immaginare di tentare una forzatura giuridica, chiedendo al giudice, sulla base di una perizia di grave rischio suicidario per la persona in oggetto di garantire a chi fosse nato con un corpo femminile, anche se non burocraticamente riconosciuto tale, l’accesso alla legge 194. Lo stesso dicasi in caso di feto malformato nel secondo trimestre di gravidanza per l’accesso alla ITG.

E che succede se invece il giudice non accetta questo meccanismo che non è mai stato tentato in Italia?

Le gravidanze transmaschili sono rare ma simboliche. Dobbiamo modificare molte cose nel sistema sanitario, inclusa la gravissima trans-omofobia sanitaria che si può attivare in questi casi.

Usiamo infatti ancora ICD-9CM per cui le persone LGBTQIA+ sono considerate malate di mente in quanto tali invece di usare ICD-11 che riconosce che anche il transgenderismo non è una malattia mentale. L’ISS e il Ministero della Salute tacciono nel merito.

Ancora segniamo come M o F chi nasce Intersex, impedendo qualsiasi tutela contro le mutilazioni neonatali precoci. Le società di Ginecologia, Ostetricia, Pediatria sono mute nel merito.

Tutte le leggi italiane, come la 194, nascono dividendo in modo razzista maschi e donne, a danno soprattutto delle donne, ed escludendo sempre le persone LGBTQIA+. Anche la legge sulle Unioni Civili, non includendo la genitorialità ha di fatto in modo razzista impedito di riconoscere l’uguaglianza di genere.

Occorre una anagrafica Inclusiva, di cui noi di AMIGAY aps proponiamo una versione a cinque domande, che evita autodefinizioni anglofone, e che pensiamo sia per questo più standardizzabile, per garantire la raccolta dati epidemiologici.

Basandosi sul caso documentato recentemente in Italia, quali lezioni si possono trarre per migliorare la cura e l’assistenza agli uomini trans in gravidanza? Esistono linee guida o protocolli specifici che lei consiglierebbe ai professionisti sanitari per affrontare queste situazioni?

Come detto i casi sono rari, per questo assumono un grande spazio nella cronaca, dove possono essere travisati o abusati da politici senza scrupoli. Quello che occorre è garantire i diritti sanitari come detto prima.

Non esistono linee guida, ma occorre il buon senso del sanitario, che in caso di rischio per la salute mentale per lǝ partoriente, userà anche il Testosterone o la Triptorelina, perché la tutela del gestante venga prima.

Un supporto psicologico è necessario, ma serve anche un corso di formazione in medicina, infermieristica e psicologia di genere LGBTQIA  che sulla carta è possibile richiedere ma per la quale sono ancora poche le agenzie capaci di fornire lezioni qualificate (nel merito, sinceramente, solo la SIGIS e noi di Amigay APS).

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