La terza sfavillante edizione di Drag Race Italia è stata vinta da Lina Galore che, dopo la proclamazione, ha risposto alle domande di Gay.it
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Di seguito, l’intervista.
Ciao Lina, complimenti! Qual è il ricordo più bello che porti con te di questa esperienza?
Il rapporto con le altre concorrenti. Ho incontrato dodici persone con cui posso essere completamente me stessa, nel modo più slegato e libero possibile. Con loro mi diverto come una pazza, anche se siamo molto diverse. Non era scontato. Ho trentaquattro anni e sono in un punto della vita in cui pensavo di avere abbastanza chiaro quale fosse il mio percorso di vita. Mi sono resa conto non era esattamente così e ho avuto questa illuminazione grazie alle mie colleghe. Sono cresciuta grazie a loro.
Nel momento della proclamazione hai parlato della responsabilità civile insita nell’arte drag. In che misura, secondo te, chi fa drag dovrebbe assumersi sempre questa responsabilità.
L’arte drag è un atto politico, perché viviamo in una società schiava del patriarcato e dell’eteronormatività. Indossare abiti e impersonare creature non gender-conforming è di per sé un atto politico. Come anche performare prendendo in giro il costrutto di genere. Veniamo ancora discriminate in quanto donne, in quanto persone omosessuali o trans. Bisogna avere consapevolezza di questa sfumatura: tutto il drag è valido entro i confini del non rispetto di questo obiettivo. Non possono esistere drag queen che out of drag discriminano qualcuno. Tutti gli artisti e le artiste drag devono essere assolutamente prive di qualsiasi tipo di pregiudizio.
Cosa diresti a chi attivamente vuole approcciarsi all’arte drag, ma ha paura o crede di non avere gli strumenti?
Tutti crediamo di non avere gli strumenti, a meno che non ci sia un’enorme consapevolezza di sé. Fare drag non è semplice, è un salto nel vuoto. Io consiglio sempre di rimanere concentrati sulla propria identità. Prendere ispirazione da altri, ma rimanere focalizzati su di sé. Quindi, studiare la storia della propria comunità, sapere quali sono le opere, gli avvenimenti e le persone che hanno fatto la storia. Comprendere l’importanza dell’arte e dell’attivismo, in un contesto in cui arte e attivismo sono necessari proprio perché esistono le discriminazioni.
A proposito di consapevolezze, cosa ha capito Giovanni di sé attraverso Lina Galore?
Tantissime cose! Io ho iniziato a fare drag grazie alla mia Drag Mother, che è stato il mio fidanzato per otto anni. Lui mi aveva consigliato di fare drag per conoscermi meglio. Io non sono mai stata una persona particolarmente confident, né del mio aspetto né delle percezioni che gli altri avevano di me. Anche sessualmente, per esempio. Giovanni non mi è mai piaciuto così tanto come da quando indossa i panni di Lina. Sono grato a Lina, perché mi ha aiutato a crescere. Mi ha aiutato a maturare la consapevolezza di quanto siano stupidi i costrutti di genere. Ho capito quanto è necessario abbattere queste barriere, sia per la mia felicità sia per un progresso generale. Le menti vanno oltre l‘atteggiamento, vanno oltre i vestiti o le preferenze sessuali.
Qual è il tuo sogno più grande oggi?
Se devo rimanere con i piedi per terra, ti dico che sogno di fare semplicemente un buon lavoro, di portare avanti un messaggio pulito, comprensibile e utile alla comunità LGBTQIA+. Se posso sognare in grande spero che Elio e Le Storie Tese si riuniscano, che vadano a Sanremo e che nella serata delle cover mi invitino a cantare Il Gioca Jouer di Claudio Cecchetto.
Lina, lo scorso anno, per noi di Gay.it aveva curato una rubrica dal titolo “Le interviste Gay.e!”, che trovate nelle storie in evidenza sul nostro profilo Instagram.
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