L’EINSTEIN DEL SESSO

Al festival gay di Torino, il film di Rosa Von Praunheim sulla vita del dottor Magnus Hirshfeld, pioniere del movimento omosessuale.

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‘Qui in America l’hanno soprannominato l’Einstein del sesso, che cosa ne pensa?’ ‘Che dovrebbero chiamare Einstein l’Hirschfeld della fisica’.
Così ironizzava il dottore tedesco Magnus Hirschfeld nel suo esilio negli Usa, dopo aver dedicato la sua vita allo studio della sessualità, aver fondato nel 1897 il primo movimento gay della storia e creato nel 1920 un Centro per le Scienze Sessuali che si occupava di omosessualità e ermafroditismo ma anche di consulenze matrimoniali e interruzioni di gravidanza. Nel 1933 i nazisti distrussero tutto il suo lavoro, Hirschfeld evitò la cattura fuggendo negli Stati Uniti e morendo in esilio a Nizza.

Il dottore tedesco coniò il termine ‘investito’ (persona che si veste con abiti non consoni rispetto alle proprie inclinazioni sessuali) da cui derivò il vocabolo ‘travestito’, raccolse una quantità infinita di oggetti sessuali dai cinque continenti, effettuò la prima operazione di cambiamento di sesso su un ermafrodito arabo che gli fruttò un’ingente somma per il suo istituto.
Fu costretto a rinunciare all’amore del barone von Teschenberg per la sua carriera, combatté il Paragrafo 175 che criminalizzava l’atto sessuale tra maschi e boicottò chi sosteneva l’ideale estetico di pura contemplazione del corpo nudo maschile contrapposto alla sodomia carnale, fu fedelmente servito dal travestito Dorchen che si innamorò infelicemente di lui.
Rosa Von Praunheim, regista tedesco e storico attivista gay (il suo vero nome è Holger Mischwitzki, ‘Rosa’ deriva dal colore del triangolo dei deportati omosessuali nei campi nazisti) è innanzitutto un valente documentarista (da ‘L’omosessuale non è perverso’ del ’68 a ‘Transexual Menace’ nel ‘95) e la sua cinebiografia di Hirschfeld è appassionata e puntuale, una pagina di storia trascurata ma rilevante, vagamente didascalica.
Ha il difetto di essere tecnicamente debole (fotografia poco contrastata, staticità di campo, inquadrature senza profondità e respiro) ma Rosa, che proviene da una scuola di Belle Arti, ha sempre sostenuto: ‘Un’infermiera o un giardiniere potrebbero riprendere un vaso di fiori in maniera più interessante di chi ha frequentato una scuola di cinema’.

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