Stanotte agli Oscar 2024 Emma Stone ha fatto la storia: con il vestito strappato e le palpitazioni, ha ritirato la sua seconda statuetta come Miglior Attrice Protagonista per Povere Creature di Yorgos Lanthimos (di cui potete leggere la nostra recensione). Quando annunciano il suo nome lei è quasi stordita: ci mette un attimo a fare due più due e sembra davvero una che non aveva minimamente contemplato di salire ancora una volta su quel palco, a soli 35 anni.
Eppure ogni volta che leggo “secondo Oscar” io sento l’urgenza di correggervi: Stone, nei miei cuori e in quelli di chi la segue dal quarto liceo, l’Oscar l’ha già vinto nel 2010 per quel piccolo grande cult intitolato Easy A (da noi Easy Girl). Quando interpretava Olive Penderghast, adolescente che a causa di una serie di sfortunati eventi diventava la ‘sgualdrina’ della scuola, riservandoci battute come “my name is an anagram for I love” e performance canore sulle note di Pocketful of Sunshine di Natasha Beginfield.
Fino ad allora aveva interpretato anche una fantasma con l’apparecchio ai denti che costringeva Matthew McConaughey a rivistare i suoi vecchi date in La Rivolta delle Ex (2009), una cacciatrice di zombie in Zombieland, e una delle sfigatissime studentesse di La Coniglietta di Casa (2008), ma il marchio di fabbrica è sempre stato lo stesso: mimica facciale in grado di condensare cinque sentimenti diversi in 0.5 secondi e tempi comici da rendere fiera Lucille Ball.
Dentro e fuori lo schermo, è sempre stato facile amarla: autoironica senza mai esagerare, gentile senza risultare stucchevole, in grado di rendere umana anche a Crudelia De Mon (nel sottovalutassimo Cruella, ancora uno dei pochi live-action Disney meritevoli del vostro tempo). Il suo è un carisma che rassicura e riconosci al volo: un po’ grazie a quegli occhioni azzurri giganti che ti sbatte in primo piano. Un po’ perché perennemente agitata, scoppia a ridere insieme alle co-star e manda allo scatafascio le interviste, chiacchiera nel bel mezzo della cerimonia e si dimentica di salire sul palco. She’s the kind of book that you can’t put down/ Like if Cleopatra grew up in a small town canta Taylor Swift che la ama così tanto da averle scritto una canzone intitolata When Emma Falls in Love.
Nel 2016 recita in La La Land e conquista il mondo interpretando Mia Dolan, aspirante attrice nella città degli angeli che balla tip tap sulla Sunset Boulevard e scambia un ultimo sguardo con Ryan Gosling prima dei titoli di coda che fa piangere chiunque. Le valse la prima statuetta, ma il meglio di Emma Stone doveva ancora arrivare: solo qualche anno dopo Yorgos Lanthimos la vuole in La Favorita, e la principessa del popolo si trasforma in un’esilarante, avida, e meschina, dama di corte, disposta a diventare l’amante della regina Vittoria e sfregiare Rachel Weisz.
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Il sodalizio con il regista greco non è solo un rapporto lavorativo che ne valorizza le doti recitative, ma un rapporto di fiducia reciproca in grado di tenere bada quell’ansia che la tormenta sin da quando ha nove anni, quando telefonava alla mamma per accertarsi che “nessuno sarebbe morto e niente sarebbe cambiato”. Nelle sue parole, una condizione estremamente egoista da portare dietro, dove passi buona parte del tempo a guardarti da fuori: “Non per insultare altre persone che soffrono d’ansia – io ce l’ho ancora – ma perché pensi parecchio a tee stesso. Ti chiedi di continuo: cosa mi succederà? Cosa ho detto? Cosa ho fatto?” ha spiegato recentemente a Stephen Colbert.
Con Povere Creature, Emma Stone non porta solo a casa un altro Oscar, ma stordisce quell’ansia insieme a Bella Baxter: un personaggio privo di freni inibitori o vergogna di alcun tipo, per cui tutti quei precostrutti sociali che ci tengono a bada sin da bambinə, che ci dicono cos’è consono e cosa è inadeguato, non esistono più. È una creatura impulsiva, caotica, curiosa, violenta, mostruosa, e completamente priva di vergogna, per cui l’attrice prova una gratitudine che sembra andare oltre la macchina da presa. A chi accusa il film di male gaze e troppe scene di sesso, Stnee ricorda che a produrlo è stata proprio lei: “È stato un privilegio guardare il mondo attraverso i suoi occhi” ha ribadito più volte in questi mesi.
Che sia una frase fatta per la stagione dei premi o sincero affetto, Emma Stone ce la fa anche stavolta: non devi sforzarti troppo per crederle.
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