GOLDEN GAY GLOBES

Trionfo del cinema omo: 4 premi a Brokeback Mountain, Philip Seymour Hoffman per 'Capote' e Felicity Huffman per 'Transamerica'. Migliore serie tv ancora 'Desperate Housewives'.

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Continua la lunga marcia di ‘Brokeback Mountain’ verso la cima più agognata, gli Oscar: quattro Golden Globes su sette candidature in categorie chiave, ossia miglior film, regia, sceneggiatura più la bella canzone country ‘A Love That Will Never Grow Old‘ che ha battuto il nostro Tony Renis per ‘Christmas in Love‘ (mancano all’appello gli attori e la colonna sonora, andata al superclassico John Williams per ‘Memorie di una geisha‘).

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Si decreta così ufficialmente il successo irrefrenabile di un film destinato a segnare una pietra miliare nella cinematografia gay. Ormai la strada è spianata, anche perché il concorrente più temibile si è dovuto accontentare di bruscolini: George Clooney, grande sconfitto della serata con l’impegnato ‘Good Night, and good luck‘ rimasto a bocca asciutta, ha vinto un premio di ripiego, il Golden Globe come attore non protagonista di ‘Syriana‘, dramma sui traffici di petrolio in Medio Oriente. In questa zona del mondo va anche il globo per il miglior film straniero, ‘Paradise now‘ di Hany Abu-Assad, su due kamikaze palestinesi.

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Anche se la statuetta è sfuggita al cowboy omosessuale e biascicante del bravo Heath Hedger (e sua moglie Michelle Williams si è vista soffiare il Globo d’Oro da Rachel Weisz per ‘The Constant Gardener‘), due ruoli gay sono stati premiati per i migliori attori in un film drammatico:

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l’intenso Philip Seymour Hoffman nel biografico ‘Capote‘ di Bennett Miller e la casalinga disperata Felicity Huffman per la sua articolata interpretazione della transessuale Bree in ‘Transamerica‘ di Duncan Tucker. La Huffman ha voluto ringraziare sul palco «le donne che vivono ai margini e non riescono a essere ciò che sono in realtà».
Per la categoria commedie e musical ha trionfato una coppia adulata dalla critica americana, Reese Witherspoone e Joaquin Phoenix, protagonisti di ‘Walk the line‘ di James Mangold, stimata cinebiografia di una star immortale della musica country, Johnny Cash. Jonathan Rhys Meyers è stato invece premiato per il ruolo di Elvis Presley nella serie televisiva ‘Elvis‘.

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Migliori serie del 2005 la celeberrima ‘Desperate Housewives‘ (ed è il secondo anno consecutivo: uno dei produttori, infervorato, ha ringraziato il creatore gay Marc Cherry «per aver guardato nel suo cuore e aver dato vita a questa serie») e la rivelazione della stagione, ‘Lost‘ (nella foto il cast), ambientata su una misteriosa isola – quasi – deserta in cui si trovano relegati alcuni sopravvissuti di un disastro aereo. Le quattro casalinghe disperate, tutte in nomination, sono state poi battute da un’incredula Mary Louise Parker migliore attrice televisiva per ‘Weeds‘. Non è sfuggita una battuta gay al magnetico Eric ‘Will’ McCormack (in mutande nella foto sotto con il resto del cast di ‘Will & Grace’): «Una serie tv, per vincere, ha bisogno di omosessuali!».

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Il più emozionato di tutti è stato il grande vincitore della serata, Ang Lee, che nel ritirare il premio per il miglior film ha chiosato: «Ricevere questo premio da ‘The Man’ (Clint Eastwood, n.d.r.) è troppo. Questo è un anno speciale per il cinema americano. Ringrazio gli altri registi per avermi fatto credere nel potere del cinema di cambiare il modo di pensare delle persone». Bizzarra invece la dichiarazione del quasi settantenne Larry McMurtry, miglior sceneggiatore insieme a Diana Ossana per ‘Brokeback Mountain’: «Ringrazio la mia dattilografa che mi ha sopportato per trent’anni e ha risolto tutti i miei problemi coi computer». Bernie Taupin, autore del testo della canzone ‘A Love That Will Never Grow Old‘, ha invece dedicato il suo premio a Martin Luther King. Il Cecil B. De Mille Award, una sorta di Golden Globe alla carriera, è andato infine al veterano sir Anthony Hopkins che l’ha ricevuto dalle mani della sua comprimaria Gwyneth Paltrow nel lucido ‘Proof‘ di John Madden.
Due tendenze rilevanti: un’attenzione speciale per un cinema gay di qualità ma non molto costoso (14 milioni di dollari per ‘Brokeback Mountain’) interessato, più che alla militanza collettiva, a storie personali complesse e umanamente molto sentite; una riscoperta dell’America rurale più profonda, dal revival della musica country a territori troppo spesso inesplorati dal cinema contemporaneo americano (dal Mississippi di ‘Elvis‘ e Johnny Cash al Wyoming di ‘Brokeback Mountain‘).

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Per la gioia dei coloristi (clicca sulla foto per ingrandirla):

  1. splendida l’avvolgente stola multipla bianca di una Emma Thompson giovanile e sbarazzina accompagnata da uno smunto Colin Firth;
  2. tremendo l’abito rosso Escada di una Geena Davis vistosamente sovrappeso e monumentale (anzi, presidenziale, visto che ha vinto il Golden Globe come migliore attrice televisiva per ‘Commander in Chief‘)
  3. come una irriconoscibile – per libbre eccedenti – Mariah Carey;
  4. no comment per il seno nero su figura bianca di una Pamela Anderson fastidiosamente trucida;
  5. dimagritissima Renée Zellweger in full black;
  6. mirabile Zhang Ziyi in oliva pallido;
  7. siderale il fascino di Patrick Dempsey (‘Grey’s Anatomy‘)
  8. e Matthew Fox (‘Lost‘) davvero belli, belli, belli.

E ora un dovere morale: venerdì tutti in sala a vedere ‘I segreti di Brokeback Mountain’. E piangere.
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