Wonder Woman modello per le donne, Wonder Woman mito, Wonder Woman antifemminista, Wonder Woman creata da un uomo, Wonder Woman lucidata a icona transfemminista. Sono molteplici le interpretazioni della supereroina più famosa al mondo, che proprio quest’anno compie 80 anni.
Per l’occasione Palazzo Morando a Milano, uno dei pochissimi musei di costume e moda italiani, le dedica una mostra, che ripercorre la sua storia, dalla creazione fino al film Wonder Woman 1984 dello scorso anno.
Ideata dalla giornalista Alessia Marchi e dal curatore e docente Maurizio Francesconi, “Wonder Woman. Il mito” prende in esame l’evoluzione del personaggio della DC Comics, attraverso la singolare vita del suo creatore, i costumi e le differenti riedizioni.
Le origini di Wonder Woman risalgono agli anni ’40 del Novecento, quando lo psicologo e professore di stampo harvardiano William Moulton Marston, creatore della macchina della verità, ideò (sotto commissione della National Comics, in seguito DC Comics), insieme al disegnatore Harry G. Peters, la prima configurazione della supereroina, con gli stessi poteri di Superman, ma caratterizzata da una condotta morale e da una benevolenza non tipiche per gli eroi dell’epoca. A detta di Marston, l’America in quegli anni aveva bisogno di figure femminili rassicuranti, che fossero anche simbolo di forza e autodeterminazione.
“È parte del suo corredo archetipico la compassione. Esisteva finanche un’isola in cui lei portava i cattivi a redimersi, una sorta di riabilitazione del cattivo”, spiega, in un’interista per Artribute, Alessia Marchi, curatrice della mostra. E continua “Wonder Woman non è un personaggio che uccide se non è costretta a farlo. Preferisce dare una mano piuttosto che ferire, è il suo corredo morale. Se si pensa alla Justice League, nell’ultimo film lei è un po’ il moderatore, il pacificatore. Al confronto con Superman e all’irruenza di Batman, lei è quella che cerca la via di mezzo”.
Seppur sembra ci sia il bisogno di una vidimazione sempre e comunque maschile per ritenere valido un progetto, la genesi di Wonder Woman porta con sé una visione e un supporto quasi esclusivamente femminile. William Moulton Marston è stato un teorico del femminismo, grazie a un’intensa conoscenza con Emmeline Pankhurst, politica e attivista britannica che ha guidato il movimento delle suffragette del Regno Unito; da cui l’estetica e la personalità di WW trae enorme ispirazione.
“WW è stata creata nel 1941. Ma è un prodotto di un movimento per i diritti delle donne che era iniziato già nel 1848 negli Stati Uniti. Un secolo di lotte l’hanno preceduta […] Deriva da una cultura molto più antica di lei. In ogni caso ha influenzato quella che viene chiamata seconda ondata femminista, tra gli anni ’60 e ’70”,
spiega, in un’intervista, Jill Lepore, docente ad Harvard e autrice del libro best seller The Secret History of Wonder Woman, in cui analizza il background socio-culturale e politico dietro la creazione della supereroina.
Secondo Lepore, anche Margaret Sanger, attivista e fondatrice del movimento sul controllo delle nascite, ha ispirato le vicende del primo supereroe donna, riscontrando la sua influenza soprattutto in alcune strisce in cui WW partecipa a scioperi o proteste. Difatti, i racconti di WW si inseriscono pienamente nel clima politico degli anni ’40, con tutte le battaglie e le rivendicazioni portate avanti dalle donne.
Al di là degli esempi virtuosi di attivismo, le vicende personali del creatore Moulton Marston svolgono un ruolo centrale nella realizzazione del personaggio.
Lo psicologo, sperimentatore dell’eros, insieme a sua moglie Elizabeth Holloway Marston – professoressa ad Harvard e curatrice dell’Enciclopedia britannica – instaurò un rapporto poliamoroso con la studentessa Olive Byrne, i cui gioielli, che era solita indossare, ispirarono gli iconici bracciali di WW.
L’invitata si stabilì a casa dei due coniugi, costruendo un rapporto d’amore che si protrarrà tra le due donne anche dopo la morte di Marston. In questo triangolo, entrò una quarta donna, con cui andò costruendosi una relazione di giochi di ruolo, sottomissione e bondage.
Soprattutto nei primi numeri del fumetto, WW nei momenti di pericolo sarà spesso legata o sottomessa.
Riguardo l’accoglienza del fumetto e alla mistificazione della figura della supereroina, Jill Lepore afferma: “Una delle ragioni per cui WW è stata capita così poco deriva dal fatto che gli storici del fumetto l’hanno sempre legata alla Golden Age (gli anni ’30 e ’40). In realtà lei appartiene all’Era Progressista della storia americana, gli anni ’10 e ’20”.
“Marston era nato nel 1893. Harry G. Peter, il primo disegnatore di WW, era nato nel 1880. La gente che inventava le storie della Golden Age (Batman, Superman ecc.) era di decenni più giovane. Marston e Peter sono cresciuti nella fase più acuta della lotta per il voto femminile e si sono impegnati in prima persona per dare alle donne il diritto di voto. WW in realtà ha l’aspetto della suffragetta: la sua posa, i suoi accessori, soprattutto i bracciali e le corde, vengono da quell’iconografia e in particolare dal lavoro della cartoonist Annie Lucasta (“Lou”) Rogers, che con Peter, lavorava alla rivista Judge“.
Marston fu più volte accusato di immoralità per le proprie scelte private e sessuali, le censure al suo lavoro arrivarono pochi mesi dopo la prima pubblicazione del 1941.
Durante la sua longeva carriera, WW cambierà aspetto più volte. Come ricorda la studiosa Jill Lepore: “Nel 1947, quando Marston è morto, ha preso il comando Robert Kanigher che era apertamente avverso ai movimenti femministi. Di fatto ha rottamato il personaggio e l’ha reso ridicolo. La WW degli anni ’50 è da buttare”.
Nel 1954, Wonder Woman venne accusato, da parte dello psichiatra Fredric Wertham nel suo testo Seduction of the Innocent, di essere un fumetto che deteriorava la moralità delle giovani lettrici. A scandalizzare i benpensanti fu la convivenza di sole donne su un’isola senza alcun uomo. Furono molte le offese omofobe circa la convivenza delle Amazzoni, a cui si aggiunsero le vicende amorose del suo creatore, che non aiutarono affatto la reputazione del fumetto nel clima claustrale dell’America degli anni ’50.
Negli anni ’70 il successo di Wonder Woman subì un arresto; alcune sceneggiature infatti furono scritte da Samuel R. Delany, autore di fantascienza che volle imprimere in Wonder Woman un impegno sociale e politico figlio dei tempi e delle proteste del ’68. La Wonder Woman di Delany è una donna borghese e americana che ha aperto una boutique di moda ed è allenata da un maestro d’arti marziali di nome I Ching. La lotta al crimine resta una priorità, ma in più, questa Wonder Woman è un’attivista per i diritti delle donne, imprigionata da una società benpensante e bigotta.
Il nemico per la superoina è il sistema patriarcale che frena l’autodeterminazione degli individui.
Wonder Woman – La storia
Wonder Woman, la creatura di Moulton, si chiama Diana Prince (come la figura mitologica di Diana cacciatrice) e nasce sull’immaginaria isola di Themyscira. È l’unica bambina in un’isola di sole donne-Amazzoni. È proprio Da qui che nascono tutte le accuse lesbofobiche lanciate contro il creatore e la sua relazione amorosa con le compagne.
Diana Prince conosce un soldato americano, Steve Trevor, finito sull’isola in seguito a un incidente aereo e decide di lasciare la sua terra natia, per seguire l’amore e salvare il mondo. Ci sono interi numeri di Wonder Woman ambientati in Europa durante l’egemonia nazista, in cui l’eroina combatte contro il totalitarismo, lanciando un’accusa all’egemonia di Hitler.
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