Il 23 luglio del 2011 ci lasciava Amy Winehouse, voce di una generazione, regina del soul bianco, talento più unico che raro, in grado di unire rhythm and blues, soul, jazz e rock. 27 anni appena, come Janis Joplin, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Brian Jones e Kurt Cobain, e dirci addio. Una voce segnata dalla vita, dalle dipendenze con droghe e dall’alcool, dalle sofferenze d’amore. Fragile in quel corpicino ampiamente pittato, sovrastato da una cofana di capelli e illuminato da un timbro che ha fatto epoca.
Due dischi appena per entrare nella Storia della musica. Frank nel 2003, ma soprattutto Back to Black nel 2006. 5 Grammy Awards vinti, oltre 20 milioni di dischi venduti. La popolarità improvvisa, la ricchezza, gli eccessi. Toccata la vetta a piene mani, il lento e inesorabile declino per Amy è arrivato rapidamente, con i paparazzi sempre al suo seguito, l’amato Blake Fielder-Civil mai del tutto dimenticato, le case discografiche a premere affinché si decidesse a pubblicare il 3° album, i live problematici e immancabilmente diventati virali, agli albori dei social.
Per celebrare il decennale della sua scomparsa, la Bbc ha mandato in onda un nuovo documentario, “Reclaiming Amy”, a firma Mark Savage, in cui amici e parenti, ovvero mamma Janis e papà Mitchel, raccontano la cantante segreta, privata. Tra i tanti a parlare anche Catriona Gourlay, amica che ha raccontato di una relazione intima avuta con Amy, bisessuale dichiarata, e di come questa relazione avrebbe lasciato Winehouse “confusa” sulla sua sessualità.
“Il nostro rapporto era così unico, indefinito. Ci volevamo molto bene”, ha confessato Catriona. “Ciò che ne ho tratto, conoscendola, è che era confusa. Quando hai qualcosa che è così indefinito da anni, è difficile da capire. Scriveva appunti mentre dormivo, dicendo: ‘Sei la ragazza più bella che abbia mai visto. E come puoi sembrare così bella, sia da addormentata che da sveglia?’”.
Catriona ha ricordato anche una vecchia intervista di Amy, in cui disse: “Non sono lesbica finché non bevo tre sambuche“. Il gruppo di amici di Amy era a conoscenza della sua relazione con Catriona. Un’altra delle sue amiche ha specificato: “Era solo una cosa divertente… Cat e Amy hanno dormito insieme, ridevamo tutti e basta”.
“Frequentemente cerco di far ricordare Amy alla gente per il suo talento, la sua generosità e per l’amore che mostrava a tutti“, ha più volte detto Mitch Winehouse, “e non per i suoi problemi di dipendenza. La sua musica genera ancora un sacco di soldi, ma ridarei indietro tutto pur di riavere mia figlia“. Da anni al lavoro su un biopic cinematografico, papà Mitch gestisce l’ente benefico Amy Winehouse Foundation ed Amy’s Place, rifugio che a Londra dà accoglienza a donne che hanno superato la dipendenza.
Quel maledetto 23 luglio del 2011, quando la notizia della morte di Amy Winehouse sconvolse il mondo, difficilmente sarà dimenticato. Chiunque l’abbia ascoltata, cantata, amata, ricorderà perfettamente dove si trovasse, quando venne informato di quanto accaduto. Io ero a Gardaland con il mio compagno. Una giornata di festa si tramutò improvvisamente in inatteso e doloroso lutto. Come se fosse morto un parente. Tornammo a Milano ascoltando Back to Black in rigoroso silenzio. Amy Winehouse aveva 27 anni appena, e una vita intera davanti a sè da vivere appieno, (de)scrivere e cantare. Da 10 anni non c’è più, fisicamente non è più tra noi, ma il suo ricordo, la sua voce, il suo lascito, non moriranno mai. Perché questo è il superpotere degli Artisti. Vivono per sempre, oltre il tempo e lo spazio.
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