10 classici LGBT da (ri)scoprire

Ecco 10 classici LGBT che nel 2019 celebrano compleanni importanti da leggere, rileggere, scoprire e riscoprire.

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Il diciannove è il numero della continua ricerca di originalità e indipendenza, della forte ambivalenza e del nuovo inizio, e il 2019 non è un anno avaro di ricorrenze, che in un certo qual modo con tutto ciò non mancano di avere a che fare: arrivano a settant’anni le splendide e splendenti Jessica Lange, Meryl Streep e Sissy Spacek, sei Oscar in tre e carisma da vendere e da appendere, hanno spento sessanta candeline Ozpetek, Emma Thompson e Barbie, ammesso che quest’ultima riesca a soffiare, Batistuta, Jennifer Aniston, Cate Blanchett, Javier Bardem e Renée Zellweger sono fantastici cinquantenni, il 21 giugno, sotto lo scintillante segno dei Gemelli, Chris Pratt entrerà negli anta, e chissà che non si conceda una doccia come quella che ha costituito per la gran parte della popolazione planetaria pressoché l’unico motivo per guardare un cosiddetto film come Passengers (che Channing Tatum e i suoi recenti post su Instagram siano di esempio…), e saranno trent’anni da quando il muro di Berlino ha smesso di dividere il mondo e spesso famiglie e amori. Anche i libri, però, compiono gli anni: vediamo insieme allora 10 classici LGBT  che nel 2019 celebrano compleanni importanti da leggere, rileggere, scoprire e riscoprire.

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1929: Alexis – Ventidue anni prima del leggendario Memorie di Adriano, concepito però in tenerissima età, in cui racconta in primo luogo la passione irrefrenabile di uno dei migliori imperatori di Roma per il suo Antinoo, giovanissimo e bello molto più del sole, una ragazza di ventisei anni, Marguerite Yourcenar, esordisce sulla scena letteraria con un capolavoro, Alexis o il trattato della lotta vana: in questo romanzo epistolare scritto in prima persona un musicista confessa alla moglie la propria omosessualità. E se è vero com’è vero che molti gay sono un pilastro della famiglia tradizionale, non fosse altro per i tanti padri di famiglia con cui sono andati a letto, anche prima di Grindr e degli annunci intitolati RISERVATISSIMO CERCA, è altrettanto prevedibile che in un paese bigotto come il nostro che non ha mai considerato l’omosessualità reato solo perché si rifiutava anche solo di nominarla nel codice penale, perché altrimenti avrebbe dovuto ammettere che esisteva e chissà, magari a qualcuno sarebbero venute in mente strane idee a cui non aveva mai pensato prima (…), un libro così, che festeggia oggi novant’anni arrivi con grande ritardo: per la precisione solo nel 1962, tradotto da Maria Luisa Spaziani, poetessa e affettuosa amica di Montale.

 

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1939: Addio a BerlinoMoney makes the world go around / …the world go around / …the world go around. / Money makes the world go around / It makes the world go ’round… Ce l’avete presente, no?, Liza Minnelli in Cabaret (ma sì che ce l’avete presente, e magari sul divano avete anche il cuscino con la sua faccia come Kevin di Brothers & sisters, confessate…): bene. Quel filmone è tratto da un musical che è tratto da un dramma che è l’adattamento teatrale di un romanzo. Che compie ottant’anni. E il romanzo si chiama Addio a Berlino. L’autore è Christopher Isherwood (sì, quello di A single man, di cui Tom Ford ha acquistato i diritti facendone un capolavoro con Colin Firth, sua maestà Julianne Moore, Nicholas Hoult, Matthew Goode, Ginnifer Goodwin e Jon Kortajarena), che nasce in Inghilterra, resta orfano di padre per colpa della prima guerra mondiale, è compagno di scuola e di letto del poeta Wystan Hugh Auden, con cui però non fanno finta di non conoscersi come capita di solito con i trombamici incontrati per sbaglio dopo anni al pub, ma anzi continuano a volersi bene per sempre, e che ha lasciato l’algida Albione per la capitale tedesca proprio per la sua fama di luogo libero, anche per gli omosessuali. E questo libro lo dimostra.

 

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1949: Confessioni di una maschera e Diario del ladro – Settant’anni fa Yukio Mishima ha solo 24 anni, ma dà alle stampe il suo masterpiece: Confessioni di una maschera è il romanzo semiautobiografico narrato in prima persona da un uomo che racconta la sua infanzia di bambino gracile e timido e di adolescente riservato, e morbosamente cresciuto dalla rigida nonna, che finge di essere qualcuno che non è, indossando una simbolica maschera, perché fatica ad accettare il fatto che sin dalla più tenera età lo attraggano gli uomini, a partire dai petti nudi e sudati dei manifestanti per strada nelle più varie occasioni. Nello stesso momento in Francia anche Jean Genet, l’uomo che ha fatto sì che l’immaginario erotico omosessuale pullulasse di marinai dall’afrore virile, irresistibilmente imbronciati e perversi, dalle canotte a righe orizzontali che inguainano muscoli guizzanti (Querelle de Brest di Fassbinder si deve a lui), pubblica una sua semiautobiografia, narrata in prima persona da un trentacinquenne vagabondo e poverissimo che si compiace del suo vivere al limite e per sopravvivere si dedica a furti e truffe ma soprattutto alla prostituzione, vendendosi a vecchi ricchi.

 

 

 

 

 

 

 

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1969: Giuliano – Ventun anni dopo La statua di sale, primo grande romanzo americano disinvolto nel parlare di un ragazzo niente affatto effeminato o caricaturale, Jim Willard, rampollo di una famiglia della media borghesia del sud degli Stati Uniti, che, bello, atletico e pudico, si scopre innamorato del suo migliore amico, arriva nelle librerie nostrane, a cinque anni dalla sua comparsa negli USA, una delle più importanti opere di un maestro come Gore Vidal. Dichiaratamente gay, scrittore, saggista, attore, autore, sceneggiatore, drammaturgo e politico, Vidal col compagno Howard Austen nel 1964 si trasferisce in Italia (leggendarie la sua casa di Roma a Torre Argentina ma soprattutto la sua villa a Ravello, sulla costiera amalfitana dove infatti non a caso stava girando – e si favoleggia di sfrenati party in barca ricolmi di bei ragazzi vestiti per lo più solo di epidermide – il biopic proprio a lui dedicato Kevin Spacey, poi travolto da uno scandalo di rara ipocrisia) e si getta a capofitto nello studio di una materia sconosciuta agli americani: la storia. E dà vita a un’opera monumentale che narra la vita privata e non solo di Giuliano, imperatore romano del quarto secolo, nipote di Costantino, che nel suo breve regno tenta di restaurare il culto degli dei pagani, molto meno omofobi di altri, tanto da essere chiamato Apostata, ossia “rinnegatore del proprio credo”.

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1979 : Sulla mia testa – Intellettuale sensazionale che nella Stanza di Giovanni ha raccontato meglio di chiunque altro la paura di amare, James Baldwin, voce di chi non ha mai avuto voce, è stato il primo a parlare di omosessualità nella comunità afroamericana: e per questo si è attirato addosso un mare di insulti. Sulla mia testa è il suo sesto e ultimo romanzo, diviso in più parti – ognuna delle quali si apre con i versi di una canzone gospel -, che è narrato in prima persona da Hall, che ha appena ricevuto la notizia che suo fratello Arthur, che, oppresso dalla segregazione razziale e dall’omofobia, aveva lasciato la natia Harlem per l’Europa, è prematuramente morto nel bagno di un pub a Londra.

10 classici LGBT da (ri)scoprire - Gay.it1989: Peccato di gola e Camere separateMi inginocchio e ti prendo, anima sola, / non è preghiera, è peccato di gola. Così inizia la raccolta poetica, leggibilissima anche per chi non abbia dimestichezza alcuna con i versi, di Sandro Penna (che ha ispirato molti artisti, fra cui anche Gianni Amelio), e probabilmente anche un’ameba rimbambita capisce a quale benemerita pratica si stia facendo diretto riferimento: Peccato di gola parla, rimandando ai tempi in cui ci si scriveva al fermo posta perché non era bene che certe comunicazioni giungessero a casa, alla mercé di occhi indiscreti, d’amore e di sesso, e dell’impossibilità della letteratura di riprodurre perfettamente la travolgente sensualità della vita. In realtà Penna ce la fa benissimo, come ci riesce in modo splendido nel suo miglior libro il geniale Pier Vittorio Tondelli da Correggio – il paese del Liga -, ucciso dall’AIDS a trentasei anni nel 1991: Camere separate, che non ha una vera e propria trama canonica, ed è questa una delle sue straordinarie grandezze, racconta in tre movimenti il dolore di Leo (alter ego di Tondelli), scrittore dichiaratamente gay, per la perdita del suo compagno, Thomas, musicista di belle speranze.

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1994: Scuola di nudoSe il già citato Genet ha popolato l’immaginario collettivo gay di marinai (e poi ci si è messo anche Jean Paul Gaultier…), Walter Siti, Premio Strega sei anni fa con Resistere non serve a niente, nonché tra l’altro autore di Bruciare tutto, potentissima storia di un giovane prete pedofilo, ha messo al centro il culturista come emblema di sensualità maschia: in questa semi-autobiografia un professore universitario toscano di mezza età, stanco di essere “quello perbene”, vuole essere ciò che è davvero, libero, disinteressandosi completamente dell’approvazione degli altri, e quindi inizia a elaborare, un po’ come Mapplethorpe con le sue foto, nelle quali diceva di cercare la perfezione “nei fiori come nei cazzi”, la sua teoria estetica sul corpo nudo maschile.

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1999: Le ore – Tradotto da Ivan Cotroneo (tra le mille cose: autore di Cronaca di un disamore, sceneggiatore di Dillo con parole mie, Io sono l’amore, Mine vaganti, Viaggio sola, Io e lei, Tutti pazzi per amore, Una grande famiglia e Una mamma imperfetta, regista di La kryptonite nella borsa e Un bacio…), il romanzo con cui Michael Cunningham – firma anche di Una casa alla fine del mondo, da cui è stato tratto un film che a quanto pare doveva pure contenere una scena di nudo frontale di Colin Farrell poi tagliata perché “distraeva troppo” (…) – ha vinto il Premio Pulitzer, che non è propriamente la raccolta punti del supermercato, con tutto il rispetto, racconta la storia di tre donne che vivono in luoghi e momenti storici diversi, ma sono in qualche modo legate dal romanzo La signora Dalloway – che in origine avrebbe dovuto chiamarsi proprio The hours – di Virginia Woolf. Nel 2002 Stephen Daldry ne ha ricavato un film magnifico con tre dive in stato di grazia: Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman.

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