Qualche giorno fa una sentenza della Corte costituzionale ha permesso ad alcune coppie di poter passare in modo più agevole dall’Unione civile al matrimonio. Si tratta di quelle coppie in cui una delle parti si trova a cambiare sesso, ve ne abbiamo già parlato in dettaglio in questo articolo. Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay Lgbtq+ e promotore del referendum per il matrimonio egualitario, dice che questa è una sentenza storica e che dà ragione alla loro battaglia referendaria.
Perché è per voi una sentenza storica e cosa c’entra con il referendum?
L’elemento innovativo della sentenza dimostra la nostra tesi: eliminando i commi dalla legge delle Unioni Civili si danno dei diritti. La legge è stata scritta con la nostra consulenza e fu deciso di aggiungere commi che potevano essere tolti con leggi oppure con referendum. Nella nostra proposta c’era anche l’abrogazione di questo sulle persone trans*. I giudici di Lucca e Torino, per casi tangenziali, hanno portato questo comma all’attenzione della Corte costituzionale, che ci ha dato ragione. Questa sentenza dice anche che abrogando i commi la legge non decade, come invece sostenevano la senatrice Cirinnà, che parlava di bluff sul matrimonio egualitario, e Laura Boldrini, che parlava di vuoti normativi in caso di abrogazione.
Il vostro è un referendum abrogativo, che farebbe diventare l’Unione civile un matrimonio egualitario de facto. Ma l’istituto si chiamerebbe ancora Unione civile, giusto?
L’istituto delle Unioni civili rimarrebbe, ma sarebbe praticamente parificato col matrimonio, ad eccezione del nome. Non è sbagliato, quindi, chiamarlo referendum sul matrimonio egualitario. La legge, infatti, dice che l’unione è uguale al matrimonio ad eccezione dei commi, commi che vogliamo abrogare. Le uniche cose che continueranno ad essere diverse sono le pubblicazioni e il divorzio, che per le unioni civili dura un mese, mentre per le coppie sposate dai 6 mesi in su. Le unioni civili non prevedono pubblicazioni, sono più veloci e moderne, perché la verifica viene fatta direttamente dagli uffici, oltre ad essere migliori dal punto di vista della privacy e per la tutela della persona.
Schlein e il Pd hanno più interloquito con voi sul tema?
No, non mi ha chiamato nessuno. Ho sollecitato, ma non ho avuto più nessun aggiornamento. Ora Alessandro Zan, il responsabile dei diritti civili del Pd, è candidato alle Europee, quindi, sarei contento se ci dicesse se il Pd è favorevole o meno ad appoggiare il referendum. Già due anni fa mi disse che mi avrebbe fatto sapere qualcosa, ma non l’ho più sentito. Il Pd della Sardegna mi è sembrato disponibile, ma doveva confrontarsi con la componente nazionale.
Pensa sia possibile partire a breve con l’iter in Sardegna oppure ci sarà ancora da aspettare?
Abbiamo una serie di confronti a breve, prima delle elezioni. Ora la campagna elettorale per le Europee è per tutti i partiti e lo stallo ci sta, spero si sciolga, ma sono realista. Sarebbe anche bene sapere come la pensano i candidati a giugno.
Quanto crede sia possibile trovare un accordo nelle altre 4 regioni progressiste su questo tema, visto anche il terremoto politico in Puglia?
Io mi auguro che una volta approvato in Sardegna le altre regioni seguano a ruota. Fino ad oggi le regioni progressiste sembravano interessate, ma ci dicevano che erano solo in quattro. Ora, con la Sardegna, sono il numero giusto. Certo che Bonaccini, se eletto, si dimetterà. Non credo, però, ci sarà un cambio politico in Emilia-Romagna. Il nodo andrebbe sciolto adesso, altrimenti si rimanderebbe tutto di un anno, e nel 2025 altre regioni andranno al voto. Tutto andrebbe chiuso entro settembre, per i tempi stretti in cui è possibile richiedere l’accesso alla Corte di Cassazione. Mi auguro che il confronto sia positivo e veloce, con una risposta chiara, se Sì o No.
La sua corsa alle europee all’interno del M5s si è fermata. Come la vede la sua presenza all’interno del Movimento?
Positiva con tutti. Ho ricevuto grande sostegno, lì la questione è stata formale. C’era qualcuno che aveva proposto un eventuale ricorso. I 5 stelle hanno anche avuto un problema con lo statuto, che hanno dovuto ripubblicare. Presentare le liste con un ricorso poteva comportare diversi problemi, se non farle saltare. Noi siamo diventati elemento di una guerra strumentale e non volevamo creare un danno al Movimento. Siamo stati utilizzati da chi voleva andare contro il M5s o per una guerra intestina. Io e Marina ci abbiamo sempre messo la faccia e facciamo tutto in trasparenza. Chi ha fatto la guerra subdola lo fa senza essere limpido. Noi abbiamo iniziato con i 5 stelle già nel 2013 e portato temi che non c’erano.
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