Olimpiadi in Giappone nel 2020: a che punto siamo sui diritti LGBT?

Il comitato olimpico vieta che il paese ospitante abbia leggi che discriminano o non tutelano le persone in base al proprio orientamento sessuale. Ma il Giappone non è tra i Paesi più rainbow al mondo.

Giappone
Una manifestazione LGBT in Giappone.
2 min. di lettura

Le Olimpiadi di Rio verranno ricordate come le più LGBT-oriented di sempre: coming out, proposte di matrimonio, quasi 50 persone apertamente gay o lesbiche (qui per tutte le notizie >).

Il testimone è passato ora al Giappone, che sui diritti per la comunità gay non è proprio avanti anni luce: l’omosessualità è perfettamente lecita e ammessa, sebbene a livello sociale essa sia spesso ancora tenuta nascosta. Se da una parte non esiste alcuna legge specifica contro l’omosessualità, non vi è neppure un completo riconoscimento giuridico delle relazioni omosessuali (esiste una forma di legalizzazione della convivenza, la DP-Domestic Partnership, che permette di usufruire di alcuni diritti delle coppie eterosessuali sposate tra cui l’eredità, il diritto all’assistenza medica e altro). Ma, come evidenziato da Repubblica, le grandi compagnie giapponesi stanno iniziando a muoversi verso il mondo LGBT.

Il business rainbow (che comprende beni materiali e servizi), stimato intorno ai 50 miliardi di dollari, è una grande fonte di attrazione per le multinazionali, che in vista dei Giochi hanno intenzione di investire in policy, produzione e sponsorizzazione dell’uguaglianza e della parità di diritti: le prime in questo senso sono Panasonic e Japan Airlines, ma anche molte altre aziende stanno concedendo alle coppie omosessuali assegni parentali e benefit finora riconosciuti solo ai coniugi etero.

Bisogna ricordare infatti che una delle principali regole per un paese che ospita le Olimpiadi è quella di annullare le discriminazioni sessuali e di genere (decisione presa dal comitato organizzativo dopo le proteste contro le leggi omofobe russe alle Olimpiadi invernali di Sochi): il Giappone dovrà necessariamente muoversi in questo senso per non incorrere in richiami e sanzioni, visto che secondo la classifica stilata dal World Economic Forum Tokyo è a uno degli ultimi posti, tra Kazakhstan, Bangladesh e Zimbabwe, in quanto a uguaglianza dei diritti di donne e trans.

E pare ci si stia già muovendo in questo senso: Hiroshi Hase, del Partito Liberale Democratico (LDP), ha affermato che “come paese che ospiterà le Olimpiadi, non c’è dubbio che la società giapponese dovrà interrogarsi su come tratta le minoranze sessuali. Dobbiamo e vogliamo osservare i principi descritti nel regolamento dei gioco“. Il leader ha composto un gruppo che si occuperà di migliorare le leggi a tutela dei cittadini LGBT giapponesi.

La società, soprattutto quella delle ultime generazioni, è molto più avanti rispetto alla politica che pretende di incarnarla: la Costituzione giapponese, scritta dagli occupanti americani nel 1947, non menziona minimamente partner dello stesso sesso.

Il Giappone più progressista riuscirà a scardinare il velo di tradizioni stantie che ancora avvolge i diritti LGBT?

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