Tanti sono i gesti meccanici e naturali a cui nella vita di ogni giorno non prestiamo più attenzione, e tanti fra questi coinvolgono le mani – quelle parti del corpo con cui tocchiamo e sentiamo il mondo.
La prossemica è una declinazione del linguaggio, e le mani sono i principali mezzi con cui traduciamo questa esigenza comunicativa non verbale: per dirci ciao o arrivederci, le sventoliamo; per bloccare una macchina nel traffico, facciamo alt tendendo il palmo in avanti; per intervenire durante un dibattito, alziamo una mano; per prometterci qualcosa, incrociamo i mignoli; per dirci va bene, alziamo un pollice; per offendere qualcuno, facciamo il dito medio; per giurarci amore eterno, ci infiliamo anelli d’oro agli anulari; e per dirci “ti voglio bene, cammina con me”, ci teniamo per mano. Lo fanno madri e padri con i figli piccoli, lo fanno i figli adulti con i genitori anziani, lo fanno amici e amiche, mariti, mogli, compagni e compagne con la persona che amano.
Se su un treno della metropolitana salgono due adolescenti mano nella mano – diciassette anni lui, quindici lei – gli Occhi restano sui cellulari, tutt’al più qualche sguardo cadrà sulla cresta rosso-fuoco di lui, o sulle scarpe borchiate di lei.
Se nella metro entrano un uomo e una donna per mano – trenta lei, trentuno lui – cala l’invisibilità assoluta: è sempre stato e sempre sarà così, inciso sulle tavole della norma.
Ma se su un vagone della metropolitana salgono due uomini mano nella mano – di qualsiasi età, vestiti in qualsiasi modo – la situazione si complica. L’attenzione viene distolta da video a tutto volume su TikTok perché c’è stato, per citare Pirandello, un “avvertimento del contrario”. Gli Occhi fissano ogni loro movimento, come accavallano le gambe, come gesticolano; si sgranano di fronte a carezze o baci, fingono di guardare altro, ma poi ritornano lì, avidi di godersi un bis di quello spettacolo. I due hanno infranto la regola aurea del machismo e hanno deciso non solo di amarsi, ma anche di dimostrarselo pubblicamente. E quando agli Occhi rapaci tocca scendere, lo fanno controvoglia perché – che orrore, che schifo, ai miei tempi…,-, – ma quanto sono carini -, – ma perché devono per forza ostentare? -, e ancora – è colpa della lobby gay -, – grandi, è anche così che si combatte il patriarcato! – , – gli ci vorrebbe un po’ di guerra -, e così via.
La verità è che i due uomini volevano semplicemente essere due persone qualunque che salgono sulla metro per andare al lavoro, a scuola o a fare aperitivo, tenendosi mano nella mano perché si amano. Fine. Non volevano affatto diventare modelli comportamentali da imitare, né oggetti di pubblico ludibrio, guerrieri anti-patriarcali o spaventapasseri da fissare attoniti.
Tante sono le retoriche sfavillanti sull’amore universale e sull’impavidità di fronte a brutali atti di matrice omo-bi-transfobica, ma va detto che spesso anche il banalissimo gesto di tenersi per mano ci terrorizza o ci crea imbarazzo, soprattutto nei contesti più comuni della vita d’ogni giorno. Sfido qualunque persona queer a tenere per mano lə propriə compagnə in un vicolo buio alle tre di mattina, sull’autobus all’ora di punta o la domenica pomeriggio nella via dei negozi in centro: gli Occhi saranno incontrovertibilmente puntati su di noi, anche se solo per una frazione di secondo. Per quanto si dica “lascia che guardino”, questa sensazione crea disagio perché, ogni tanto, è anche bello essere invisibili. Non sempre si ha voglia di ergersi ad attivisti di strada, di lottare o di mettere a repentaglio la propria vita – perché sì, quante persone queer oggi vengono ancora picchiate a sangue per uno scambio di effusioni?
Ogni tanto, vogliamo soltanto rilassarci e passeggiare mano nella mano con la più assoluta naturalezza, senza diventare un’occasione per l’altro di dimostrarci solidarietà o, peggio ancora, di odiarci e farci del male.
Sì, va ammesso senza timore che tantə di noi hanno paura a tenere per mano il proprio compagno, a qualsiasi ora del giorno, in qualsiasi contesto. Quando lo fa, ci irrigidiamo, ci facciamo guardinghi e cerchiamo di profetizzare la personalità dei passanti che ci camminano accanto, alla ricerca del più impercettibile segnale d’allarme o di possibile violenza. E se queste situazioni non ci fanno paura, sicuramente causano in noi sensazioni di malessere o fastidio, anche nei più scettici. Sui social ci facciamo coraggio, ci diciamo che l’amore è amore e che lo smalto alle unghie è bellissimo.
Ma come si mette in pratica nella vita quotidiana tutto questo, senza sentirne la fatica e il peso della lotta?
Quando le più alte cariche dello Stato ci dicono che i diritti già ce li abbiamo, io mi chiedo:
anche questa condizione di paura strisciante è dunque un diritto civile?
Se un uomo e una donna qualunque camminano per mano, li si guarda con l’indifferenza di chi guarda il cielo, una foglia o un bel vestito in vetrina. Anzi, questo gesto funge addirittura da deterrente per eventuali episodi di brutalità, perché “c’è un uomo con lei” (e qui si aprirebbe un’altra questione). Perché, invece, se a tenersi la mano sono due persone queer, questa azione invece attrae violenza, verbale o fisica, o comunque chiama a sé Occhi sgranati che sembrano aver visto un ircocervo?
Autore: Emanuele Bero
cover: Foto di Robert V. Ruggiero su Unsplash
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.