Su La7 i preti dalla doppia vita

Ieri sera a "Exit" una puntata con video su preti che cercano incontri sulle omo-chat. Per tanti prelati la sessualità, anche gay, non è in contrasto con il loro lavoro.

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4 min. di lettura

Sono stati 593.000, pari al 2,55% di share, gli spettatori che hanno seguito ieri sera su La7 la prima puntata di "Exit – Uscita di sicurezza", la trasmissione di giornalismo investigativo e dibattito condotta con piglio deciso da Ilaria D’Amico (nella foto). Il tema che ha occupato la seconda parte della puntata d’esordio del nuovo ciclo è uno di quelli che si usano definire ‘scomodi’ e dei quali in tanti preferirebbero non si parlasse: l’omosessualità all’interno della Chiesa. Ad accomodarsi sulla poltroncine dello studio sono stati Tonino Cantelmi, diacono permanente della Diocesi di Roma, psichiatra e presidente dell’Associazione italiana Psicologi e psichiatri cattolici; Luigi Amicone, direttore del settimanale cattolico "Tempi", di area Comunione e Liberazione; Marco Politi, giornalista vaticanista di Repubblica e autore del libro "Io, prete gay", confessione di un sacerdote omosessuale; don Franco Barbero, prete molto critico contro le alte sfere vaticane e per questo ridotto allo stato laicale. C’era una quinta sedia, rimasta vuota: era quella che era stata destinata proprio a un rappresentante della gerarchia ecclesiastica. Ma dal Vaticano hanno cortesemente declinato l’invito, esattamente come fecero quando la BBC li invitò a partecipare alla realizzazione di un altro reportage sgradito, il ben noto Sex crimes and the Vatican.
 

Telecamere (e vite) nascoste
Grazie alla collaborazione di un frequentatore di chat gay "Exit" ha documentato quanto poco ci voglia per imbattersi in un colletto bianco in cerca di…svago. Gli incontri sono stati ripresi grazie all’ausilio di piccole telecamere nascoste, garantendo ovviamente l’anonimato di tutti coloro ripresi grazie a opportune sfocature. Che le chat dove si va per rimorchiare (etero o omo che siano) siano abitualmente frequentate anche da prelati di vario grado e titolo lo si sa bene e la trasmissione di ieri sera non ha fatto altro che documentare un fenomeno tanto diffuso quanto rimosso: quello della doppia vita di tanti uomini di chiesa, magari dispensatori di prediche moralistiche e sessuofobe dal pulpito e poi ben pronti a spassarsela al di fuori dell’orario di lavoro. È proprio questa doppia vita, trionfo dell’ipocrisia, quello contro cui lotta da anni don Barbero, molto critico con quelli che ha definito in passato "i faraoni del Vaticano" e sul celibato dei preti, che vedrebbe con grande favore una rimozione della norma che impedisce ai sacerdoti cattolici di poter avere una vita di coppia. (È forse opportuno ricordare che il celibato è prassi della Chiesa cattolica solo dall’XI secolo e che dunque per oltre un millennio tale norma non esisteva.) I filmati proposti hanno mostrato tre incontri con preti contattati via chat, molto diversi per modalità e contenuto, che andavano dall’incontro anche per parlare e conoscersi fino a quello con obiettivo più smaccatamente sessuale, peraltro quello che riguardava il più altolocato dei tre. C’era inoltre una quarta testimonianza, quella di un prete omosessuale che ricordava di aver conosciuto il suo primo compagno proprio in seminario e di aver condiviso con lui tanti anni di vita di chiesa. Marco Politi su questo ha espresso chiaramente il punto di vista di chi rispetta le decisioni del Vaticano ma al tempo stesso non può non notare che anche su questi temi ci sarebbe bisogno di maggiore ascolto e dialogo. L’equazione, insomma, che essere omosessuali equivarrebbe o predisporrebbe ad essere dei cattivi preti è quantomeno lacunosa, oltre che implicitamente offensiva per color che lo sono.

Difesa d’ufficio
Come detto nessun rappresentante della gerarchia ecclesiastica, seppur invitata, ha ritenuto opportuno intervenire per parlare apertamente di questi temi. Per l’ennesima volta ha dato l’impressione che su certe cose la Chiesa ufficiale preferisca soprassedere, sperando magari che l’attenzione dei media su certi episodi (nella trasmissione si è fatto cenno allo scandalo a sfondo sessuale che ha coinvolto la Curia fiorentina) passi e il tutto ritorni nel sacrale silenzio che ha regnato per anni. Il ruolo di ‘difensori d’ufficio’ è quindi automaticamente passato nelle mani di Cantelmi e Amicone, che lo hanno svolto in modo a nostro avviso molto poco convincente. Il professor Cantelmi ha provato a giocare la carta dell’omosessualità come espressione di immaturità e ha stimato con un poco realistico 3% la percentuale dei preti omosessuali, addirittura al di sotto delle stime riferite alla popolazione in generale (che parlano di un ragionevole 5 o 6%), mentre per l’americano Richard Sipe, noto psicoterapeuta espertissimo su queste tematiche, circa il 30% del clero sarebbe omosessuale. Il più imbarazzante degli ospiti è stato certamente Amicone, che ha fatto grande uso di tattiche ben rodate dell’establishment ecclesiastico, suggerendo che tutto quanto potrebbe essere stato un falso e che comunque su certe cose sarebbe più opportuno che i giornalisti non indagassero, altrimenti a suo dire la società si starebbe avviando su una strada molto negativa. Su questo è stato fatto anche un aggancio allo scandalo infinito dei preti pedofili negli Stati Uniti, che è già costato alla chiesa cattolica l’astronomica cifra di 2,4 miliardi di dollari. Fortunatamente sebbene il tema della pedofilia sia emerso qua e la durante il corso della trasmissione la conduttrice è stata molto precisa nel mantenere ben separate le due cose, ricordando che la puntata riguardava l’omosessualità nella chiesa e che dunque cominciare a parlare di pedofilia sarebbe stato del tutto fuori tema. Una precisazione che vorremmo sentire fare molto più spesso, anche su altri canali. Il direttore di Tempi non si è neanche risparmiato la solita incredibile banalità che i sessi sono solo due, quello maschile e quello femminile, come se l’avere un orientamento sessuale di minoranza costituisca un (inesistente) terzo sesso. Ci sarebbe stato materiale da dibattere per molto più tempo e l’intera trasmissione avrebbe potuto essere dedicata a questo. Tutto sommato si è trattato di un programma coraggioso che, se non altro, ha provato a suscitare alcune riflessioni e interrogativi su un argomento sul quale spesso la volontà di rimozione è più potente della voglia di verità.

 

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