Demna Gvasalia: “Eravamo considerati sfigati”, e porta Amanda Lepore a casa Balenciaga

"Perché io ho sofferto molto ogni giorno perché vestivo in quel modo e camminavo in quel modo, e a Parigi venivi insultato se eri così, eri considerato uno sfigato e tutta la mia vita è andata così"

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demna gvasalia amanda lepore balenciaga gigi
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A casa di Demna c’era un giro di amichettə tutto suo, un circoletto di svariate umanità agghindate ciascunə secondo proprio gusto, eppure tuttə avvolte da un’aurea Balenciaga, un po’ da fine del mondo, un po’ da faccio quel che mi pare.

A Parigi è andata in scena ieri la sfilata di Balenciaga nella Cour du Dôme des Invalides, in Place Vauban. Demna Gvasalia, il direttore creativo che negli ultimi dieci anni ha ribaltato il concetto di lusso, interpretando le collezioni di moda dell’industria tessile occidentale come piattaforma di autocritica e protesta per le storture del capitalismo, ha trasformato un palazzo in ristrutturazione in un elegante teatro con velluto rosso per far sfilare la collezione Primavera Estate 2024 del marchio Balenciaga.

In verità, Demna ha fatto diventare la passerella un corridoio d’ingresso di casa sua. Con l’idea che alcune persone, per Demna, sono come “casa”, e sulle persone che per lui sono “casa” il direttore creativo di Balenciaga ha posto l’attenzione. Come detto: una festicciola tra noi.

I look non parlavano solo di abiti, ma dello stesso Demna, delle persone che ama, che lo ispirano e che proiettano chi egli sia. Non solo. Su ogni look, Gvasalia ha dato spazio alla singolare individualità. Un racconto intimo.

Un fiume di coming out di proporzioni immense al primo sguardo, ma che nelle ore successive allo show si è propagato come un reticolo di confidenziali input attraverso i network, ciascuno con la sua bolla destinata a espandersi.

Un’idea di moda dunque che non impone un’omologazione in nome di uno status, ma che esprime la precisa individualità della singola persona. Come tutto questo era coerente? Semplice, Gvasalia ha fatto un casting “di casa”, dunque non corpi idonei alla sua idea di moda, ma persone coerenti al suo spirito di “queer family”, potremmo azzardare.

Protagoniste assolute erano dunque le persone. Poche modelle, qualche celebrity e molte persone comuni, facenti parte del cerchio ristretto di Demna, la sua “casa”. Ha sfilato sua madre Ella (con un cappotto fatto dal recupero di tre vecchi cappotti), ha sfilato il marito di Demna, Loïk Gomez (in arte BFRND, compositore e musicista), ha sfilato la critica di moda, Cathy Horyn (The Cut), e poi Miren Arzalluz, curatrice esperta delle glorie passate e contemporanee del brand Balenciaga, e ancora hanno sfilato Marius, studente di comunicazione, Elena, studentessa di musica, Martina, collega d’ufficio di Demna. C’era Diane Pernet, la signora in nero che se ne va sempre in giro per sfilate sotto una cofana di capelli corvini e che tale e quale è stata accolta da Demna nel suo show: naturalmente con un abito Balenciaga pensato per lei. E ancora Kim Kardashian, Paloma Elsesser, Guinevere Van Seenus, Inge Grognard, Mariacarla Boscono, Malgosia Bela.

C’era Amanda Lepore, anche lei facente parte di quell’idea di “casa”, che per Demna sono le persone, e anche su di lei Demna non ha imposto nulla che non fosse precisamente pensato ad hoc su Amanda Lepore. Celebrity americana transgender, modella, cantante, nata nel 1967, Amanda Lepore è stata una delle grandi pioniere della comunità T nella moda e nell’industria dell’arte e dell’entertainment.

Intervista ad Amanda Lepore di Gay.it (2017) >

 

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C’era Gigi Spelsberg, attrice, attivista LGBTIQ+ e nuotatrice, che in una recente intervista a GQ aveva spiegato che da bambina faceva nuoto in un club e gareggiava, fino alle difficoltà dell’adolescenza legate all’accettazione del proprio corpo. “Recentemente, sono tornata a nuotare in una piscina con spogliatoi di genere neutro, un cambiamento positivo. Il nuoto mi permette di svuotare la mente e concentrarmi sul respiro. Ho condiviso l’esperienza sui social, incoraggiando altre persone trans a unirsi a me in piscina, superando le loro paure. L’ambiente può essere imbarazzante, ma credo che dovremmo avere spazi sicuri per lo sport. Lo sport è un diritto umano, e voglio condividere il piacere del nuoto con tutti“.

 

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In  un passaggio dell’intervista che Gvasalia ha rilasciato al giornale d’attualità dell’industria tessile WWD, Demna racconta un episodio che spiega bene perché egli sia così focalizzato sull’idea del bottom/up, e cioè imporre alla moda i codici stilistici dei look finora considerati “sfigati”, “da poveri” e brutalisti.

“Non sono così affezionato all’idea di lusso, e a tutto ciò che si porta dietro. Non voglio dare alle persone il messaggio di dover apparire ricche o di successo o potenti. La mia moda lavora dal basso verso l’alto, e non dall’alto verso il basso, che per me è un vecchio modo di approcciarsi alla situazione del mondo. Ed è questo che volevo chiedere: qual è l’identità che la moda crea? Perché io ho sofferto molto ogni giorno perché vestivo in quel modo e camminavo in quel modo e a Parigi venivi insultato se eri così, eri considerato uno sfigato e tutta la mia vita è andata così. E questa estate io e Loic (suo marito ndr) abbiamo avuto un’esperienza orribile nel sud della Francia, dove la gente letteralmente cambiava il tavolo del ristorante pur di non sedere a fianco a noi, perché semplicemente avevano paura di noi. Così il giorno dopo siamo andati a comprare dei vestiti simili ai loro per mescolarci. È stata la prova che vestirsi come volevo io, essere Demna con i suoi look, era qualcosa da tollerare, qualcosa di disgustoso. Questo mi ha confermato che l’unica cosa che mi interessa del mio lavoro è di essere fedele a ciò che sono e non provare qualcos’altro, perché non sarei mai a mio agio. È stato un esperimento – diciamo – antropologico, che dimostra la potenza dell’abito”
Demna Gvasalia – intervista a WWD (source IG)

 

in copertina da sinistra: Gigi Spelsberg, Yseult e Amanda Lepore alla sfilata di Balenciaga Primavare Estate 2024 – fonte: Instagram

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