Oltre 100 cineasti LGBT boicottano il Festival del Cinema LGBT di Israele

A Tel Aviv si protesta contro l'occupazione israeliana dei territori palestinesi: registi e artisti LGBT contro il TLVFest.

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Si boicotta il TLVFest aperto alla cinematografia queer
2 min. di lettura

Ci sono tensioni in Israele in vista della nuova edizione del TLVFest. Si tratta di una manifestazione cinematografia aperta a opere di registi e autori che appartengono alla comunità LGBT.  A seguito di alcune segnalazioni da parte di alcune associazioni omosessuali della Palestina, oltre 130 filmaker di cui almeno 100 dichiaratamente queer, hanno firmato una petizione per boicottare il festival sponsorizzato, tra l’altro, anche dal governo di Tel Aviv. La notizia è stata riportata dall’Hollywood Reporter

La PACBI –  Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele –  ha portato avanti una petizione in collaborazione con diverse organizzazioni LGBTQ+. C’è l’intenzione  di protestare contro l‘occupazione israeliana dei territori palestinesi  per il pessimo trattamento che viene riservato  alla popolazione. Il testo della petizione afferma che l’uguaglianza LGBTQ + è  ‘intimamente connessa anche alla liberazione di tutti i popoli e di tutte le comunità degli oppressi‘.  Registi e  artisti  hanno promesso di boicottare il TLVFest, e altri eventi sponsorizzati dallo Stato, ‘fino a quando Israele non rispetterà il diritto internazionale e rispetterà i diritti umani dei palestinesi‘.

TLVFest: la manifestazione di Tel Aviv aperta alla comunità LGBT

La kermesse si svolgerà dal 4 al 13 giugno ed è nata da una collaborazione con il Ministero della Cultura Israeliano. Quest’anno ricorre il suo quindicesimo anniversario e, gli attivisti che sostengono la petizione, affermano che la direzione del festival ‘si sarebbe rifiutata di rispondere alle accuse riportate negli ultimi giorni’. Il  PACBI,  inoltre, conferma che la kermesse ‘non proietta un’immagine progressista della società, negando i diritti a tutti i palestinesi, che siano etero oppure omosessuali’. Pertanto, il boicottaggio rappresenterebbe una ‘giusta posizioni  di solidarietà per tutti gli artisti che lottano per la dignità, la libertà e la giustizia in Palestina’. L’azione è simbolica, non mira a creare alcun danno, ma cerca di attirare l’attenzione su una traballante situazione politica interna.

Storicamente il conflitto israeliano-palestinese  non ha mai avuto una battuta di arresto, anzi negli ultimi periodi si è acuito ancora di più. I tentativi di risolvere i dissidi sono in corso dagli anni ’70, e sono diversi i fattori che impediscono di mettere un punto fermo alla vicenda. Sta di fatto che Israele è comunque una nazione apparentemente molto progressista, anche verso la comunità LGBTQ +.  Molti sondaggi  indicano che la maggioranza della popolazione sostiene i diritti al matrimonio, all’adozione e alla maternità surrogata per le coppie dello stesso sesso. Già nel 2007, Tel Aviv è stata definita ‘la capitale gay del Medio Oriente‘. In Palestina invece, ci sono ancora diverse pregiudizi per la popolazione dichiaratamente queer, fattori che spingono molti a fuggire in Israele e nei territori occupati.

 

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Franzc Dereck 4.3.20 - 17:33

La Storia ci insegna che il Popolo di Israele ha invaso due volte il territorio abitato dai Palestinesi o Filistei. Ma non si deve solo ritornare ai tempi di Davide o di Ben Gurion , bisognerebbe guardare avanti ed attuare i due Stati , come da risoluzione dell'ONU nel 1948. Tuttavia la " nostra " Comunità , come ben detto nell'articolo è solo apparentemente libera , l'unico faro di tolleranza in quell'infelice area . Netanyau ha imbarcato i partiti che rappresentano la parte più ortodossa e retriva della religione ebraica.E vedremo in futuro ; d'altro canto nell'entità Palestinese vige la condanna a morte per i Gay.

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