La sera del 10 maggio scorso, sulla Queen Boat ancorata sul Nilo si svolge una festa danzante, alla quale probabilmente partecipano molti gay. La festa è cominciata da poco, quando la polizia fa irruzione nella sala e arresta quasi tutti gli egiziani presenti. Il giorno dopo i giornali riportano la notizia: 52 uomini «empi» e «satanisti» sono stati arrestati mentre partecipavano a una riunione di una setta che oltraggia la religione islamica. Questi «empi» intrattengono rapporti molto stretti con un movimento sionista, e organizzano "pellegrinaggi gay" in Israele. Come se non bastasse, si abbandonano a orge omosessuali scatenate, più volte a settimana. I quotidiani pubblicano foto, nomi, impieghi, persino indirizzi degli arrestati, mettendo alla berlina anche le loro famiglie.
«E’ il risultato della campagna di criminalizzazione condotta nella società – ha sostenuto un avvocato – Il tema dell’omosessualità resta un tabù». Questa è l’impressione generale che anche gli osservatori stranieri hanno assistendo al processo e al modo con cui la stampa nazionale gli dedica attenzione. Anche un rappresentante degli omosessuali del Cairo, che ha voluto restare anonimo, ha dichiarato a Libération che «quest’affare è uno scoop montato. La polizia aveva l’ordine di arrestare un certo numero di persone per dare un esempio. Ci si attacca agli omosessuali per distogliere l’attenzione della popolazione dagli altri problemi del paese. I gay sono una preda facile: nessuno ne prenderebbe le difese, per paura di essere considerato omosessuale egli stesso».
La repressione degli omosessuali, che ha già spinto molti gay egiziani ad abbandonare il paese, è diventata ormai insostenibile: le incursioni nei locali si moltiplicano, e gli stranieri sospettati vengono subito espulsi. Le aggressioni a danno di gay restano perennemente impunite, e anche su internet è pericoloso stabilire contatti: la polizia avrebbe, secondo alcuni, persino allestito un sito civetta per attirare e arrestare gli omosessuali del paese.
Nel paese, è unanime la mancanza di appoggio agli arrestati: anche l’organizzazione per i diritti umani egiziana ha deciso di non presenziare al processo, e ha persino espulso un membro che aveva parlato del processo con un giornale straniero.
Ricordiamo che Gay.com Gran Bretagna ha già avviato una petizione per protestare contro il processo che ha già raccolto più di 500 firme. La si può trovare all’indirizzo web https://uk.gay.com/petition/. E’ anche possibile inviare una nota al nostro ministro degli Esteri e all’ambasciatore italiano in Egitto, invitandoli a protestare con il governo egiziano per l’arresto e la detenzione di 52 uomini, "colpevoli" solamente di essere gay. Si possono usare i seguenti indirizzi: Ambasciata Italiana in Egitto (ambasciatore Mario Sica) ambcairo@brainy1.ie-eg.com; Ministero degli Esteri Italiano (ministro Ruggiero) numero fax 06-3222850.
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