Probabilmente buona parte dei lettori non si sarà fatta condizionare – al contrario del sottoscritto – dalla febbre degli Europei. Al massimo a qualcuno sarà capitato di soffermarsi su Raiuno durante qualche inquadratura di bei maschioni. Come dargli torto? Da quando allo stadio non è più possibile portare le ingombranti bandiere e ci si deve arrangiare vestendo in massa la maglia della propria nazionale, è indubbiamente un bel colpo d’occhio vedere quelle distese colorate e soprattutto chi le indossa.
I tifosi sono davvero uno spettacolo, specie in una manifestazione (generalmente) pacifica come un Campionato Europeo: tensione, gioia e delusione rubate dalle telecamere a macchie gialle di biondini svedesi o a macchie rosse di calienti spagnoli. Eppure, proprio quando si sono affrontate Spagna e Svezia, io non riuscivo a non pensare che in quei paesi ai gay è stato concesso di potersi sposare. Mentre, a seguire col fiato sospeso Italia-Romania, ogni tanto si insinuava in testa l’idea di far parte dell’altra Europa, quella che può primeggiare nel Continente solo per il pallone. O per il Parmigiano.
Tornando però al semplice impatto fisico, non si può nemmeno negare quanto forte sia quello dei calciatori (almeno quando non si lasciano travolgere dalla mondanità trasformandosi in ninfette). Su questo stesso sito nei giorni scorsi se ne potevano vedere alcuni che si lasciavano riprendere dai fotografi mezzi nudi, chissà se per goliardia o per trasmettere volutamente un’immagine sexy. Come in quella pubblicità di intimo maschile dall’altissima carica erotica, che ne schierava ben cinque contemporaneamente.
Anche se la nostra Tv di Stato, che pure ha lautamente pagato i diritti delle partite, omette quasi sempre di mostrarci cosa avviene dopo il fischio finale dell’arbitro, sacrificando per la pubblicità il momento mistico in cui, cessate le ostilità, i giocatori si scambiano la maglia, questi hanno comunque saputo conquistare il grande pubblico, non solo per questioni agonistiche. Quando ero piccolo si trattava di un’eccezione: era l’epoca di Cabrini, per intenderci, ma anche di Zoff e Bruno Conti, straordinari in campo ma poco efficaci come sex symbol. Mentre in questi ultimi tempi non solo i Mutu (della categoria che accontenta tutti) o i leccatini tipo Cristiano Ronaldo hanno i loro ammiratori, ma perfino il ruvido Gattuso (che un mio amico avrebbe voluto sposare), il butterato e incostante Cassano o il temibile iberico Torres, che ricorda vagamente Lady Oscar.
Per non parlare di quegli atleti quasi del tutto sconosciuti (almeno fino a pochi giorni fa) che però non hanno fatto colpo solo sugli osservatori internazionali. Parlo della banda di ragazzini terribili della Russia, ma soprattutto del portiere turco, che contro la Repubblica Ceca è stato espulso ed è rimasto con una smanicata che sembrava progettata apposta per le telecamere. Per me è lui il vero campione di virilità del calcio europeo, molto più dei mondanissimi Beckam o Coco.
Quanto alla competizione e alla possibilità che l’Italia bissi il successo di due anni fa, una considerazione non la smette di ronzarmi in testa da un paio di giorni. Da quando cioè Zapatero ha pronosticato un 3-2 per gli iberici e Cannavaro ha replicato con un più modesto 1-0 per l’Italia. Ipotesi che, limitandosi al piano tattico, evidenzierebbero la differenza tra il nostro arido catenaccio e una concezione di gioco più ariosa, ma, allargata a concezione del mondo, vedrebbe opposti chi spera di farcela col minimo indispensabile e chi cerca di dare il massimo senza negare agli altri la possibilità di mettersi in luce.
Ammetto possa trattarsi di una forzatura (e ammetto pure che il discorso calciatori sexy non è proprio nuovissimo), ma quando ho letto questa differente previsione di Zapatero e del nostro difensore mi sono chiesto sinceramente come potessi tifare Italia nonostante tutto. Senza dare troppo peso a una manifestazione sportiva ma senza cavarmela nemmeno con una risposta nichilista, rimane aperta una questione simbolica meno futile di quanto si possa credere: come è possibile stare dalla parte del Paese dove perfino una città come Firenze si schiera apertamente contro i diritti gay, quando dall’altra parte Lady Oscar e i suoi compagni diventano il simbolo stesso della riscossa finocchia? Francamente, una risposta ancora non l’ho trovata.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini
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