Che cos’è e perché è importante l’Unar che nel 2017 Meloni voleva chiudere?

È a rischio l'operatività dell''ufficio che contrasta le discriminazioni.

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unar ufficio anti discriminazioni governo meloni simone alliva
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Lavora da anni contro tutte le discriminazioni, incluse per orientamento sessuale e identità di genere. Ma ora che Giorgia Meloni siede alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a rischio è la sua operatività. Nel 2017, infatti, Meloni chiese l’immediata chiusura tramite un’interrogazione parlamentare. Che fine farà adesso con Fratelli d’Italia al potere?

Che cos’è Unar?
L’Unar (www.unar.it), ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (sede in Largo Chigi, 19 – Roma), nasce nel 2003, quando il governo decide di recepire una Direttiva europea proprio sull’istituzione di un ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica.

Negli ultimi anni l’attività dell’Ufficio si è estesa anche all’ambito delle discriminazioni di rom e sinti e delle discriminazioni di genere, identità di genere o di orientamento sessuale, grazie a un provvedimento del 2010 dell’allora ministra Mara Carfagna.

Un osservatorio fondamentale su un fenomeno come quello dell’omotransfobia che in Italia soffre di un’importante under-reporting (non esiste reato, non esiste una statistica per le forze dell’ordine). Tutto è affidato alle denunce dell’associazioni, al coraggio dei singoli e al lavoro dell’Unar ,che ogni anno gestisce più di mille contatti, tratta centinaia di istruttorie.

Nel 2010 il Call center, attivo dal 2005, è stato trasformato in Contact center, provvisto non solo di un numero verde gratuito (800 90 10 10), ma di una piattaforma informatica che consente a testimoni o vittime di fare una segnalazione anche on line o con una mail. Ha al suo attivo un osservatorio media e web, pronto a segnalare le dichiarazioni lesive ai danni dei cittadini che viaggiano su quotidiani, blog e tv.

Organizza tutti gli anni, tramite bandi, una settimana contro la violenza e una contro il razzismo nelle scuole, e costituisce, di concerto con enti locali e associazioni «antenne» sparse quasi per tutto il Paese, iniziative per affinare sensibilità e competenze nell’ambito delle discriminazioni. Ha all’attivo un tavolo con le associazioni trans per monitorare la difficilissima situazione dell’accesso al lavoro o del mantenimento del posto.

Nel 2018 si costituisce il tavolo di consultazione permanente per la promozione dei diritti e la tutela delle persone LGBT. Con la partecipazione di una cinquantina di associazioni, coordinato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari Opportunità, Vincenzo Spadafora, alla presenza del capo del Dipartimento per le Pari Opportunità Alessandra Ponari e del direttore dell’Unar Luigi Manconi.

Tra gli obiettivi vi era quello di redigere il primo piano d’azione a tutela delle persone LGBT. Insomma la cosiddetta Strategia Nazionale LGBTQ+ dell’UNAR, contenente gli impegni a sostegno della comunità arcobaleno è un progetto triennale finanziata con fondi europei che già esistono, a scadenza breve (un anno).

Adesso la Strategia dovrebbe essere finanziata con fondi che l’UNAR ha chiesto alla Commissione Europea ben prima del governo Draghi ma con il governo Conte 2.

Bisogna usare il condizionale. La strategia si presenta, carte alla mano, come un atto amministrativo firmato dal neo-presidente dell’UNAR Mattia Peradotto.

L’Unar fa capo al dipartimento per le Pari Opportunità, sempre secondo il decreto che lo istituisce. Con il nuovo Governo, la neo ministra Eugenia Roccella seguirà il dettato di un decreto direttoriale? E Meloni, in qualità di Presidente del Consiglio, finirà per smantellare l’UNAR con il rischio di depotenziare la lotta ai pregiudizi e ostacolare l’Italia nel suo già difficile percorso verso la convivenza civile?

Cosa fa l’Unar >

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