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#CinemaSTop: la 66esima Berlinale festeggia i 30 anni del Teddy Award

Al via l’11 febbraio il Festival di Berlino. Teddy Retro celebra tre decenni di Orsi Gay

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Dei cosiddetti ‘Big 3’, i tre più importanti cinefestival del mondo (Cannes, Venezia, Berlino), quest’ultimo è sicuramente il più filogay per tradizione e impostazione programmatica: la Berlinale è da sempre la culla del cinema d’autore internazionale e indiscussa fucina creativa di scoperte più o meno underground anche queer.

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Quest’anno c’è un motivo in più, e riguarda i sontuosi festeggiamenti per i 30 anni del più importante premio cinematografico LGBT, il Teddy Award, quell’orsetto arcobaleno ideato da Wieland Speck e Manfred Salzgeber che scoprì talenti allora in erba quali Pedro Almodovar – primo Teddy con La Legge Del Desiderio nel 1987 e Gus Van Sant, il quale fu premiato per il miglior cortometraggio, nello stesso anno, con Five Ways to Kill Yourself e My New Friend. S’inizia con Teddy Retro, gustosa retrospettiva con sedici titoli vincitori (o precursori) dell’Orso Gay, dagli irreperibili 1 Berlin Harlem (1974) di Lothar Lambert e Wolfram Zobus, storico documentario sulla Berlino cine-off con Fassbinder e Ingrid Caven o The Enchaintment of Blue Sailors di Ulrike Ottinger dell’anno successivo fino ai più ‘classici’ The Watermelon Woman di Cheryl Dunnie che vinse al Togay nel 1996 o il rock-cult Hedwig and the Angry Inch di John Cameron Mitchell del 2001.

Nella competizione di quest’anno spiccano calibri quali il maestro André Téchiné con Quand on a 17 ans (Avere 17 anni) specializzato in adolescenze inquiete, con Sandrine Kimberlain e la giovane rivelazione di Keeper, lo svizzero Kacey Mottet-Klein; il sensibile Ira Sachs torna a Berlino con Little Men su due adolescenti in crisi coi genitori (nel cast Greg Kinnear e Jennifer Ehle); atteso ritorno anche per la coppia Olivier Ducastel e Jacques Martineau (La strada di Félix) col fiammeggiante Théo et Hugo Dans Le Meme Bateau (Théo e Ugo nella stessa barca, ma il titolo internazionale sarà probabilmente Paris 5:59) di cui già si straparla di una scena esplicita di sesso non protetto, che farà inevitabilmente scandalo, fra i due protagonisti in un sex club (uno dei due è sieropositivo).

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Un lieto rivedersi vale anche per l’austriaco Patrick Chiha dell’intrigante Domaine che firma il documentario Brüder der Nacht (Fratelli della notte) su due prostituti, uno rumeno e l’altro bulgaro, che si prostituiscono in un bar gay viennese.
Pochi ma buoni dall’Oriente – I Giorni Della Canicola (Hong Kong, Cina), Weekends e The Bacchus Lady (Sud Corea) – e imperdibili due documentari di cui abbiamo già parlato, in cartellone anche al Sundance: Uncle Howard diretto da Aaron Brookner e Mapplethorpe: Look at the Pictures di Fenton Bailey e Randy Barbato.

La giuria del Teddy Award, tradizionalmente composta da organizzatori e collaboratori di festival LGBT internazionali, è composta da: Augustas Čičelis (Lituania), Alexandra Carastoian (Romania), Alice Royer (U.S.A.), Dagmar Brunow (Germania), Adan Salinas Alverdi (Messico), Nosheen Khwaja (Scozia), Serubiri Moses (Uganda), Xiaogang Wei (China), Jay Lin (Taiwan).

Grandi festeggiamenti sono previsti, venerdì 19 febbraio, per la cerimonia di chiusura del Teddy Award e seguente megaparty presso il monumentale Station.

Nella competizione ufficiale già si scalpita per Kollektivet (La comune) di un grande regista del collettivo Dogma ’95, il sorprendente Thomas Winterberg; il biopic Genius su Max Perkins, uno dei più grandi agenti letterari mai esistiti, diretto da Michael Grandage e con un cast extradeluxe che comprende Nicole Kidman, Colin Firth e Jude Law; il nostro doc Fuocoammare sulla tragedia di immigrati e scafisti a Lampedusa, regia di Gianfranco Rosi, già Leone d’Oro per Sacro Gra.

Appuntamento dall’11 al 22 febbraio nella capitale tedesca dove sono attesi ventimila cineprofessionisti da 128 nazioni di tutto il mondo. Imperdibile.

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