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CinemaSTop, la spugna supergay SpongeBob fa coming out (dall’acqua)

Esce anche il Maraviglioso Boccaccio dei Taviani oltre ai noir Vizio di forma e Motel

CinemaSTop, la spugna supergay SpongeBob fa coming out (dall’acqua) - Spongebob rainbow BS 1 - Gay.it
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“Spongebob – fuori dall’acqua”, la spugna supergay torna al cinema

È probabilmente il cartoon generalista più gay in assoluto, al punto che tre anni fa la Commissione Ucraina per la Protezione della Pubblica Moralità accusò Spongebob di “propaganda dell’omosessualità”, rappresentando addirittura “una vera minaccia per i bambini”. E torna nelle sale italiane undici anni dopo la prima riduzione cinematografica: in “Spongebob – fuori dall’acqua” di Paul Tibbitt ritroviamo l’amatissima spugna dai pantaloni quadrati della comunità suboceanica di Bikini Bottom, golosa degli appetitosi sandwich Krabby Patty sfrittellati nel frequentato ristorante Krusty Krab, insieme alla fedele stella marina obesa Patrick, palesemente omosessuale (ricordiamo che in un episodio televisivo i due protagonisti adottarono una piccola capasanta orfana!). Questa volta i due eroi supernaif sono costretti a emergere dal loro mondo subacqueo, mescolandosi agli uomini – le scene live action sono dirette da Mike Mitchell – per fronteggiare il temibile pirata Barba Burger (Antonio Banderas) che ha rubato la ricetta dei Krabby Patty. L’anima queer del disegno animato resta piuttosto evidente, con Patrick apparentemente attratto da una bellona che si gusta un cono gelato (ovviamente lui punta solo a quest’ultimo, la sua vera, grande passione). Un euforico Spongebob, da parte sua, mostra insoliti muscoloni da culturista davvero ‘hunk’. Buono l’esordio in sala di ieri: secondo posto dietro a “Cinquanta sfumature di grigio” con circa 140.000 euro.

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Revival medioevale del Decameron col corale “Maraviglioso Boccaccio” dei fratelli Taviani

I fratelli Taviani adattano cinque novelle del Decameron (nel capolavoro di Pasolini del ’71 erano nove) nel loro atteso “Maraviglioso Boccaccio” distribuito da Teodora: nella Firenze del 1300 colpita dalla peste, un gruppo di dieci giovani si riunisce in campagna e inganna il tempo raccontandosi brevi storie amorose. Gli attori scelti per il film corale sono un florilegio del nostro cinema ‘giovane’: Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Flavio Parenti, Vittoria Puccini, Michele Riondino, Kim Rossi Stuart, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Jasmine Trinca.
“Raccontiamo questa storia, anzi queste storie, ispirate al Decamerone di Boccaccio – spiegano i Taviani – perché accettiamo la sfida: ai colori cupi della peste – ieri come oggi la peste, in varie forme, è dappertutto – contrapporre i colori trasparenti dell’amore, dell’impegno, della fantasia. Poi c’è il caso, come sempre, ma questo renderà più appassionante il nostro racconto”.

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Joaquin Phoenix detective hippy nella L.A. anni ’70 in “Vizio di Forma” tratto da Pynchon

Thomas Pynchon è uno scrittore americano di culto oggi settantasettenne, considerato il profeta del postmoderno e misterioso quasi quanto la nostra Elena Ferrante (di lui sono pubbliche solo foto risalenti al college). Il suo noir stralunato “Vizio di forma” è diventato un film diretto da Paul Thomas Anderson – è la prima volta che un suo romanzo viene trasposto al cinema – con Joaquin Phoenix nei panni di un detective hippy e strafatto, tale Doc Sportello, che viene ingaggiato dall’ex fidanzata Shasta (Katherine Waterston) per sventare un presunto rapimento ai danni del suo amante, un palazzinaro miliardario, in cui sarebbero coinvolte sua moglie e un’altra donna.
Uscito a bocca asciutta dagli Oscar dove era stato nominato per la sceneggiatura non originale e i costumi, “Vizio di forma” si preannuncia come un grande affresco della controcultura americana dei seventies immerso nella psichedelia al neon di uno stravagante racconto poliziesco della durata di quasi due ore e mezzo, dalla trama decisamente intricata. Cast di una certa rilevanza: Reese Witherspoon, Josh Brolin, Owen Wilson, Eric Roberts e Benicio Del Toro .

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De Niro e Cusack nel thriller claustrofobico “Motel” di David Grovic

Il sicario Jack (John Cusack), segnato da una perdita dolorosa, viene assoldato dal crudele boss malavitoso Dragna (Robert De Niro) per portare una semplice borsa da viaggio nella stanza numero 13 di un remoto motel con l’impegno di non aprirla per nessun motivo e aspettare che passi la notte. Ma qui Jack si imbatterà nella fascinosa prostituta Rivka (Rebecca De Costa) che scompaginerà i piani con conseguenze imprevedibili. “Il motel è una sorta di trappola per scarafaggi – spiega il regista -. Tutti vorrebbero andarsene ma sono inevitabilmente destinati a rimanervi. Ero anche attratto dall’idea di realizzare un film che fosse un thriller serio e complesso ma che presentasse al contempo anche elementi che suscitano risate. Il controcanto comico nel bel mezzo di una scena drammatica o violenta crea una giustapposizione affascinante, che contribuisce a conferire profondità alla tensione”.

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