Cirinnà, Itaca ed Odisseo

"Saremo pure diritti di serie B, ma è sempre superiore al nulla che rappresentiamo ora"

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6 min. di lettura

Gay.It pubblica l’intervento di un lettore, Nunzio Liso, un imprenditore agricolo di Barletta che ha fatto coming out al Bari Pride del 2003 e che, nel 2005, ha pubblicato “Che gaio. Piccole storie amene ma non troppo attorno al coming out di un quarantacinquenne, laico, democratico e di sinistra”.

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Il voto di fiducia del Senato sul ddl Cirinnà relativo a Unioni civili e convivenze di fatto ha interrotto solo per un attimo la contesa politica e culturale che, soprattutto nell’ultimo mese, ha infiammato il dibattito nel Paese. Com’è andata a finire a Palazzo Madama lo sappiamo tutti, con il maxi emendamento del Governo ed un compromesso che oggi sembra deludere tanti in entrambi i campi dello scontro politico e culturale.

E oggi, proprio da questi rammarichi e malcontenti, è ripartita la discussione. Lascio da parte quelli, anche rabbiosi, vissuti nel campo di coloro che erano, e sono, dichiaratamente contrari ad un disegno di legge che istituisca ciò che essi definiscono simil matrimoni e che si sono sentiti abbandonati dal partito di Alfano dopo un Family Day farcito di invocazioni alla Madonna e di intimidazioni elettorali verso i fautori della legge.

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Mi interessa di più ragionare intorno allo scontento che si è venuto a creare nella parte dei sostenitori della versione originaria del disegno di legge, che è la mia parte, e che aveva atteso con ansia l’approvazione di una disciplina comprensiva di stepchild adoption. Questa parte, che si è battuta caparbiamente a sostegno della proposta Cirinnà, è rimasta travagliata fra la voglia di festeggiare l’approvazione del testo governativo quale importante tappa sulla strada dell’uguaglianza o invece di contestare un sistema additato come politicista che al momento del dunque sottrae al disegno di legge l’esplicitazione della possibilità di adottare il figlio del partner.

L’attesa per una norma che avrebbe agevolato il percorso di allargamento della responsabilità genitoriale e dei relativi doveri nei confronti di minori in carne ed ossa era stata alimentata a lungo. Sono ora proprio questi bambini e le loro famiglie le vere vittime del compromesso raggiunto e questa circostanza, verificatasi peraltro quando l’obiettivo legislativo sembrava possibile, lascia un tono di delusione e di amarezza.

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La comunità LGBT e le tante persone che ne hanno sostenuto la lotta, sono ora attraversate da un sentimento di inquietudine rispetto agli obiettivi da perseguire ed ai messaggi da trasmettere. La piena uguaglianza, certo; il matrimonio egualitario come rivendicazione ultima; la riforma delle legge sulle adozioni con la possibilità, o meglio la non preclusione alla possibilità, che vi possano accedere anche single e coppie omosessuali; e naturalmente la stepchild, che si è persa per strada nell’iter legislativo.

Ma, intanto, ritengo che quel che rimane della proposta Cirinnà, e ne rimane praticamente tutto il resto, debba essere sostenuto con la richiesta di una rapida approvazione della Camera. Molte persone, molte coppie sono state lasciate nei decenni passati nel buio giuridico più profondo. Ogni tempo che passa qualcuno patisce sulla propria pelle questa situazione, a volte in maniera drammatica. Ogni ritardo, ogni indugio lascia alle proprie spalle delle vittime. È soprattutto per costoro,  per tutti coloro che vorrebbero vivere da subito con maggiore serenità la propria esistenza, che bisogna legiferare rapidamente.

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La battaglia per l’uguaglianza sarà più facile quando si potrà sostenerla da condizioni di maggiore forza, quando quei ricatti, più o meno inconsapevoli, a cui molti di noi omoinnamorati sono sottoposti nella quotidianità saranno stati abbattuti dalla legislazione, quando non dovremo più ringraziare la comprensione cortese di chi ci riconosce sin d’ora come coppia.

Questa è forse l’ultima circostanza in cui dobbiamo accettare compromessi e subire umiliazioni come con la voluta esclusione dal vincolo della fedeltà. Il primo ostacolo è il più incerto da superare: il salto verso l’ignoto di chi in buona fede, esprime perplessità verso le unioni gay perchè non conoscono le nostre vite. Un domani le nostre esistenze, vissute con uguale alternanza di felicità e di dispiaceri di quelle degli altri, saranno la migliore garanzia di tranquillità ed il migliore abbrivio perché anche i dubbiosi si incamminino in questo percorso democratico di uguaglianza.

La serie B dei diritti è tautologicamente inferiore alla loro serie A, ma soprattutto è, comunque, incommensurabilmente superiore al nulla che adesso le nostre coppie rappresentano . Se in questa legislatura il percorso del disegno di legge si arenasse, ad esultare non sarebbero certo i sostenitori della pienezza dei nostri diritti, bensì i loro acerrimi nemici. Alcuni di loro, in attesa di costituirsi come partito, saranno pronti a ringraziare santi e madonne per l’intercessione ricevuta e tutti insieme riconvocheranno piazze, palchi e convegni, questa volta non per riprendere la loro personale battaglia contro i nostri diritti ma per celebrare la propria vittoria.

Se invece il percorso arriverà al traguardo, con una veloce e definitiva approvazione, a trarne vantaggio saremo noi coppie di lesbiche e di gay, pronti ad assumere vicendevoli impegni pubblici, ed il nostro Paese, che avrà fatto un balzo notevole sul piano della civiltà giuridica. E l’intervento giurisprudenziale che si va consolidando a favore dell’estensione della responsabilità genitoriale nei confronti del figlio del convivente, non potrà che essere più facilmente apprezzato dal magistrato quando quel convivente avrà cambiato status giuridico davanti alla società e sarà unito civilmente alla propria compagna o al proprio compagno.

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Come comunità lgbt sappiamo, sin da ora, ma lo sapevamo anche prima dell’emendamento votato con la fiducia al Senato, che non possiamo fermarci e che l’uguaglianza, come la democrazia, non ha un posto dove piazzare il cappello per poter dire: “presa. Avrà bisogno d’impegno incessante e continuo di tutti, ben al di là della stessa comunità, ed anche su temi e profili che oggi non intravediamo nemmeno.

Mettiamo, dunque, al primo posto la necessità di approvare al più presto il “nuovo” ddl Cirinnà senza se e senza ma, pur nella consapevolezza, anche gridata, che molti rimpianti sono rimasti nelle nostre coscienze ferite e che le rivendicazioni per il futuro ricevono oggi maggiore spinta proprio dalle cesure subite.

Avverto forte, con tanti altri, il gusto di celebrare un traguardo che ancora pochi anni fa sembrava lontano. Ora è davvero ad un palmo di mano, eppure molti proveranno ancora di tutto per farlo saltare. Dopo lo stordimento riprenderanno i comizi, riacquisteranno fiato le urla demagogiche, saranno ancor più insistenti le pressioni sui deputati da parte dei nostri avversari che spesso diventano dei veri e propri nemici personali fomentati da odio e da rancore, ma anche ben attrezzati sotto l’aspetto delle tecniche parlamentari e del perseguimento del consenso. Proveranno ad apportare qualche modifica alla legge per farla tornare al Senato e poi chissà. Per non parlare poi di eventi i più svariati e forse oggi neanche prevedibili, che, irrompendo nello scenario politico, potrebbero distrarre l’attenzione di tutti dal tema, lasciandolo scivolare in disparte.

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Mettiamola così: la legge Cirinnà è come Odisseo alla vista della sospirata Itaca su un’instabile imbarcazione, ma un otre pieno di vorticosi turbamenti e oggetto di perfide attenzioni è ancora lì pronto a rompersi e a liberare una tempesta che la sospinga lontano, come fu per l’eroe omerico dalla sua meta. Odisseo, dopo alcuni anni e svariate vicende, approderà finalmente ad Itaca, e così anche per una legge simil Cirinnà arriverebbe il suo momento in una futura legislatura. Io, però, ad una coppia di ottantenni innamorati che vivono insieme da una vita, non avrei il coraggio di andarglielo a dire.

Lottiamo tutti perché l’otre non venga aperto e quella coppia possa godersi un più sereno finale di storia. A esultare non devono essere i nemici di Odisseo.

Nunzio Liso

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Giovanni Di Colere 5.3.16 - 8:28

Di solito quelli puristi sono radical chic con qualche milione in banca soprattutto di famiglia e quindi possono permettersi nel caso cure private (dove non guardano in faccia nessuno basta che paghi e il compagno ha più diritti di tutti) e comunque non hanno case in comune, o una eredità mancando la quale si finisce in strada. Sognano l'amore questi gay idealisti "senza se e senza ma", non lo trovano e pretendono che allora quella verità gliela dia la legge con un matrimonio o niente. Un po' come i cattolici e i familisti che vogliono una legge dello Stato laico a confermare i loro "family valori" che sono così forti e certi da chiedere a un codice di confermarli, mentre il 50% dei matrimoni dopo 2.5 anni diventa subito divorzio.

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