“Caro sindaco, contro i profeti anti gender, dissociarsi non basta”

Un docente di Sociologia scrive al sindaco di Isola delle Femmine dopo l'evento con Amato

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Riceviamo a pubblichiamo la lettera aperta che un docente di Sociologia della devianza dell’Università di Palermo, Cirus Rinaldi, scrive al sindaco di Isola delle Femmine (PA), Stefano Bologna in merito all’incontro “contro la teoria gender” organizzato qualche giorno fa in una piazza del comune da Gianfranco Amato, con la partecipazione dell’assessore Lucido.

Dott. Stefano Bologna
Sindaco di Isola delle Femmine – Palermo

p.c. Assessore Dott.ssa Lucido

Gentile Sindaco,

il mio nome è Cirus Rinaldi, insegno Sociologia della devianza e Sessualità, generi e violenza nella società contemporanea presso una serie di corsi di studio presso l’Università degli studi di Palermo. Ho appreso con profondo rammarico della scelta di voler utilizzare uno spazio pubblico del vostro Comune per ospitare un evento che avrebbe dovuto sollecitare riflessioni e dibattito e che, invece, si è trasformato nella spettacolarizzazione della cattiva informazione, della malsana distorsione della realtà e, mi permetta, anche di riproduzione del panico morale da «teoria gender». Ho appreso della sua dissociazione dall’evento ma, tuttavia, a me come cittadino e come scienziato sociale non basta. Vorrei chiarire alcuni punti, perché possa convincersi della buona fede di chi scrive.

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Il mio lavoro di ricerca e, soprattutto, di insegnamento si concentra sui temi dei generi e delle sessualità anche con fini di intervento e di promozione sociale dei diritti umani. Una rappresentazione, mi permetta, penosa e mistificante come quella avvenuta a Isola delle Femmine, rende vano e indebolisce il lavoro di sollecitazione critica delle coscienze che gran parte di noi fa per immaginare un futuro privo di discriminazioni e violenze. Si tratta inoltre di un grave vulnus per l’immagine del Suo ridente Comune.
I diritti alla sessualità e all’identità di genere sono statuiti da una serie di convezioni internazionali, di direttive e di studi di settore di cui sarebbe superfluo e persino oltremodo lezioso fare una lista (passeremmo dalle Nazioni Unite all’Unione Europea, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità alla Associazione Mondiale di Sessuologia per finire in Italia con l’Associazione Italiana di Psicologia).

Uno di questi documenti, il tanto vituperato documento «che istiga alla masturbazione a scuola» a cura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, più correttamente è un Quadro di riferimento per i responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti (lo può scaricare dal sito web ).
Il documento, nello specifico, è un documento programmatico a carattere operativo pubblicato nell’autunno del 2010 dal Federal Centre for health Education (BzGa) di Colonia e dall’Ufficio regionale per l’Europa del WHO.

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«Standards for Sexuality Education in Europe – a framework for policy makers, educational and health authorities and specialists» vede la luce a seguito del coinvolgimento di 19 esperti provenienti da nove nazioni europee, dalla formazione culturale più variegata (sono rappresentate la medicina, la psicologia e le scienze sociali) con esperienze nel settore dell’educazione alla sessualità (sia in termini teorici che di politiche e servizi di intervento), da processi che hanno visto partecipare organizzazioni governative e non governative, organizzazioni internazionali e il mondo accademico. Nella sua parte prima, il documento intende mirare a colmare il gap esistente, in diverse nazioni europee (e tra queste ha un primato increscioso proprio l’Italia), in tema di educazione alla sessualità, considerata e percepita, in vari contesti europei, come conoscenza che è insieme da tutelare in termini di acquisizione dei diritti umani e, dunque, necessaria a fare valere i propri diritti (sessuali) all’interno di una più generale (e spesso lacunosa) giustizia sociale e sessuale. Il testo prodotto ed ideato sotto forma di linee guida per policy makers, istituzioni educative e sanitarie e per professionisti e specialisti ha il merito di introdurre il concetto di educazione alla sessualità secondo un approccio olistico che non si basa esclusivamente sulla conoscenza e la trasmissione di informazioni relative ai diritti e al benessere sessuale e riproduttivo ma che estende e sottolinea il concetto di sessualità includendo la dimensione emotiva, corporea, identitaria, relazionale e, aspetto che qui ci interessa maggiormente, sociale.

Ciò porta subito all’occhio la necessità di considerare l’educazione alla sessualità come processo di formazione continua (dalla nascita fino all’adultità), finalizzato a fornire ai soggetti (specialmente la fascia più giovane della popolazione) informazioni che gli stessi potranno utilizzare, nella piena potenzialità della loro sexual agency, per migliorare i loro stili di vita, la propria salute e il proprio benessere all’interno di società che dovrebbero tentare di realizzare condizioni di equità e opportunità complessive. La seconda parte del documento è quella particolarmente distorta dedicata alla costruzione di quanto viene definito “matrice dell’educazione alla sessualità” (“Sexuality education matrix”) che identifica, nello specifico, tappe e percorsi dello sviluppo psico-socio-sessuale di sei gruppi individuati per classi di età (dai 0 ai 4 anni, dai 4 ai 6 anni, dai 6 ai 9, dai 9 ai 12, dai 12 ai 15, dai 15 in su) ed otto categorie tematiche (“Il corpo umano e lo

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sviluppo umano”, “Fertilità e riproduzione”, “Sessualità”, “Emozioni”, “Relazioni e stili di vita”, “Sessualità, salute e benessere”, “Sessualità e diritti” e, infine, “Fattori sociali e culturali determinanti la sessualità”): si tratta di una guida che riassume gli sviluppi psico-sessuali e le diverse manifestazioni (come la masturbazione infantile, manifestazione acclarata da Freud in poi!) ma che non implica, come viene detto durante l’incontro pubblico, una lezione di masturbazione, quanto piuttosto una formazione dei docenti rispetto a questi temi. Il documento ha il pregio di caratterizzare l’educazione alla sessualità come pratica multidisciplinare, di tentare di sviluppare indicazioni unitarie rispetto ad un campo di intervento che vede alcune nazioni già impegnate da quaranta anni in programmi di in/formazione sulla sessualità (Germania, Austria, Olanda e Svizzera) ed altre in cui l’educazione alla sessualità non è ancora stata introdotta nei curricula scolastici istituzionali (quasi tutta l’Europa meridionale). Di fatto esso si propone di superare programmi ed interventi di educazione alla sessualità limitati alla risoluzione dei problemi e di prevenzione (“how to say no”: la riduzione delle gravidanze indesiderate, attenzione alla contraccezione e al safe sex) o all’astinenza complessiva da pratiche sessuali (come “abstinence only policies” del governo repubblicano americano) per pervenire a interventi finalizzati alla crescita personale dei soggetti (“personal-growth-oriented”).

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Mi chiedo se l’Assessora Lucido ne sia a conoscenza, perché se così non fosse potrei indicarLe una serie di studi scientifici e ne sarei ben lieto. Mi domando, ancora, se l’Assessora si interessi agli effetti di realtà di interventi di educazione alla sessualità in relazione alle identità sessuali non normative, alle disuguaglianze sessuali, di genere, etniche e di classe? Ha contezza della sua realtà territoriale? Piuttosto che diffondere disprezzo e odio sulla base di informazioni bieche e false, non sarebbe forse meglio attivare interventi di educazione alle differenze sessuali e di contrastare l’omofobia e la transfobia a partire dal Comune di Isola delle Femmine? Piuttosto che creare lo spauracchio del gender, non sarebbe opportuno implementale le politiche e gli interventi di rispetto dei diritti umani, di inclusione sociale, di lotta alle mafie e alle illegalità? Perché creare mostri immaginari, quando sono sotto gli occhi di tutti i mostri delle ecomafie, della disuguaglianza sociale, dell’inquinamento, della corruzione? O non sappiamo risolvere questi problemi e ne siamo assuefatti, oppure abbiamo bisogno del gender per distogliere lo sguardo da aspetti più importanti.

Caro Sindaco, La sollecito con tutta la passione civile e professionale di intervenire contro oscurantismo e pregiudizi perché nel suo Comune, a partire dalle scuole presenti nel territorio, si possano promuovere attività di informazione e di dialogo che mirino all’inclusione sociale e alla promozione delle differenze, al dialogo vero tra le differenze. Chissà come si sono sentiti i giovani gay, le giovani lesbiche, le persone trans di Isola delle Femmine quella sera! Forse più soli, forse più disprezzati, probabilmente con un motivo in più per resistere all’odio e di poter immaginare un futuro diverso. Il mio pensiero va a loro. Le istituzioni ieri sera hanno fallito. Si tratta di un’onta che pesa sul vostro operato. Il mio incoraggiamento perché lei non si scordi che persone LGBT vivono anche a Isola delle Femmine e perché possa fare chiarezza su quanto accaduto, prendendo i necessari accorgimenti perché non si ripeta nuovamente.

Cordialità,
Cirus Rinaldi

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