L’altro giorno ho chiesto alla mia psicologa quale fosse il suo segno zodiacale.
Lei ha assunto lo sguardo del cerbiatto che vede la doppietta del fucile – e come fa ogni volta possiamo giocarci il conto in banca se non lo fa – ha risposto alla mia domanda con un’altra domanda: perché me lo chiede? La farebbe sentire più a suo agio sapere il mio segno zodiacale?
Non so nulla della mia psicologa, potrebbe benissimo nascondere i cadaveri sotto le assi del pavimento e continuerei a pagarle le fatture senza pormi la domanda. Stesso vale per svariati sconosciuti con cui ho passato la notte, di cui a malapena ricordo il nome. Ma in entrambi i casi, io il segno zodiacale l’ho sempre chiesto.
Perché la comunità queer – non tutta, non tu che non ci credi nei segni zodiacali perché non ti interessano queste cose e magari hai pure studiato Medicina, lo sappiamo tranquillo – ce l’ha questo pallino dell’oroscopo. Ci sono astrologǝ che l’oroscopo lo studiano davvero, destreggiandosi nelle mille sfumature di quest’arte millenaria, e poi peracottare (slang romano per dire: cialtrone n.d.r.) come me che assorbono informazioni e se le rivendono senza competenza.
Quando noi (peracottare) chiediamo il segno zodiacale, la linea sottile tra lecita curiosità e feticcio personale non si distingue più: sapendo il tuo segno io credo di inquadrarti, posso inserirti in una cornice, trovare una spiegazione ai tuoi comportamenti e prevederli. Dopotutto se in chiesa non ci andiamo e il Vangelo non lo leggiamo, un piccolo atto di fede dobbiamo portarlo avanti anche noi.
E come tutti gli atti di fede, l’ombra del ridicolo è dietro l’angolo.
Perché l’oroscopo è per moltǝ di noi un angolo comfort, la carta da tirare fuori quando hai esaurito tutti gli argomenti. Per quanto incompetente, ti basta quell’infarinatura generale per fingere padronanza dell’argomento. Puoi blaterare per ore, salvando la conversazione o facendola precipitare giù a picco. Per darsi un tono di solito si chiede anche l’ascendente, così per aggiungere un po’ di pepe a questo nulla cosmico, fatto di proiezioni e idiosincrasie personali.
D’altronde viviamo tempi ostili. Agli sgoccioli di un nuovo anno – storicamente traballante e dal fato incerto – oggi più di ieri abbiamo bisogno di un sistema per tenere sotto controllo la realtà: qualcosa che ci dica cosa mangiare, quanto lavorare, come parlare, chi amare. Ritrovare un pattern tra esseri umani e segni zodiacali ci rassicura e illude di poter precedere l’avvenire, con una pernacchia al fato.
Questa pratica di catalogarci in base agli astri è una “estrema semplificazione” spiega l’astrologa Irene Zainer “in quanto l’astrologia non ha mai avuto il fine di prevedere gli eventi o le azioni di chi abbiamo davanti“. Al contrario, ci dice Zainer, possiamo considerare l’oroscopo un “artificio narrativo […] non banalizzabile nella pura prescrizione comportamentale [..] ma anzi, nella sua accezione più nobile, uno strumento di comprensione del proprio vissuto, della propria quotidianità”.
Ci piace vedere l’oroscopo come un libretto delle istruzioni, ma è in realtà è un invito all’esplorazione delle diverse energie in movimento dentro ogni essere umano. Il fatto che ognunǝ di noi è un individuo a sé e funziona seguendo schemi misteriosi. Il mistero può essere la nostra occasione per esplorare le nostre coscienze, ponendoci le giuste domande, prima di trovare risposte rapide. O come diceva meglio di me l’astrologo Patrice Guinard: “È stupore dell’Io dinanzi alla diversità umana e alla sensazione della sua diversità”.
Ma i gay hanno un po’ questa deformazione professionale che devono dimostrare di essere più bravi degli altri gay, e l’oroscopo – nella sua forma più generalista – offre pan per focaccia: i segni cattivi da un lato, i segni buoni dall’altro, quelli che ci ricordano il nostro ex in fila indiana, quelli che rispecchiano noi stessi in prima fila. E poi (ndr. mia preferita) c’è mia madre che è del tuo segno, quindi io ti capisco.
Così tante informazioni da digerire per noi peracottare, troppo spaventate per gettarci nell’ignoto e troppo pigre per approfondire davvero l’argomento, preferiamo che ce lo spieghino gli astri perché quello ci ha fatto ghosting. Abbiamo bisogno di riacquisire energie per entrare nell’ignoto.
Nel frattempo la mia psicologa non mi ha più detto il suo segno zodiacale.
Mi ha risposto che preferirebbe durante la seduta che lei possa essere per me qualunque segno possibile.
Materna e glaciale, vuole rassicurarmi e al contempo privarmi di certezze, centellinando ogni parola col contagocce.
Come minimo è Vergine.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.