È davvero spassosa la commedia rivelazione del 35esimo Torino Film Festival, The Disaster Artist di e con James Franco.
È la storia vera della profonda amicizia, una vera e propria “bromance”, tra Greg Sestero e Tommy Wiseau, due aspiranti attori conosciutisi durante un corso teatrale dove il primo non riesce a vincere la timidezza ed è invece conquistato dalla sfrontatezza borderline di Tommy, stralunato capellone col sogno di sfondare a Hollywood ma completamente privo di talento. Divenuti inseparabili, vanno a vivere insieme e Tommy, che chiama affettuosamente Greg “Faccia d’Angelo”, s’ingelosisce non poco quando costui si fidanza con una ragazza e “osa” portarla in casa.
Poiché non riescono a far breccia tra audizioni una più fallimentare dell’altra, decidono di prodursi il loro film, il dramma sentimentale The Room, che si rivelerà un disastro creativo senza precedenti, al punto da essere definito da Entertainment Weekly “il Quarto Potere dei film brutti”. Alla sua uscita nel 2003, in due sale losangeline, incasso solo 1800 dollari eppure, col tempo, è diventato una sorta di trash cult con legioni di fan sghignazzanti che affollano proiezioni di mezzanotte interagendo in sala e ripetendo battute (inascoltabili) a memoria come nemmeno nel Rocky Horror Picture Show.
La cosa più incredibile è che The Room costò parecchio, circa sei milioni di dollari: uno dei misteri insoluti è dove trovò i soldi Wiseau, come del resto misteriosa è sia l’età che l’origine stessa del regista che sostiene di essere nato a New Orleans mentre in realtà sarebbe polacco, come tradirebbe il suo accento.
James Franco è davvero sorprendente nell’incarnare anima e corpo del visionario Wiseau da cui sembra realmente “abitato”, tra silenzi pensierosi e quell’eloquio sincopato così particolare: sicuramente la sua migliore interpretazione dai tempi di 127 ore per cui ricevette la nomination all’Oscar (se quest’anno si ripeterà, non ci sarebbe da stupirsi). Funziona anche il – vero – fratello Dave nel ruolo di Greg Sestero, in grado di infondere umanità a quell’affinità elettiva che lo lega a Wiseau al punto da far emergere un sottotesto gay soprattutto nella prima parte del film.
Certo, The Disaster Artist è una sorta di Ed Wood postmoderno ma anche una riflessione appassionata sul potere vitale dei sogni, sull’importanza dell’amicizia, sul cinema inteso ancora come rito catartico collettivo sia sul set che nella sala. Così, se si è disposti a fare centinaia di chilometri per andare a visitare il punto dell’highway dove James Dean, vera ossessione per Wiseau, perse la vita, la passione comune per la Settima Arte diventa una forza imprevedibile che dà sollievo all’anima e fa decollare le ambizioni più improbabili.
Vari celebri attori dedicano deliziosi camei, come Sharon Stone nei panni di una talent agent, Melanie Griffith direttrice di casting spietata e Judd Apatow celebre produttore infastidito da Wiseau al ristorante. Non mancano Seth Rogen e Zac Efron, fedelissimi amici di Franco.
Ritmo strepitoso, battute fulminanti che in realtà non ridicolizzano Wiseau ma ne enfatizzano la follia creativa e una scena già cult: James Franco che piomba sul set completamente nudo – e decisamente tonico – se non fosse per un buffo coprisesso, pronto a esibirsi in una scena carnale etero principalmente per mostrare alla macchina da presa il suo polposo fondoschiena.
In coda al film constatiamo pure la precisione filologica con cui James Franco ha rigirato alcune scene di The Room, affiancate a quelle originali: sono praticamente identiche.
The Disaster Artist, vincitore dell’ultimo festival di San Sebastian, vuole anche far riflettere su quanto sia evoluto nel tempo il gusto trash e quanto sia una delle forme più popolari di genere comico oggi apprezzato dalle masse soprattutto televisive della Net-Generation.
Uscirà nelle sale il 25 gennaio distribuito da Warner Bros.