Era il 1964 quando sul palco di Sanremo una sedicenne di nome di Gigliola Cinquetti conquistava pubblico e giuria: la canzone si intitolava “Non ho l’età (Per Amarti)“, una vittoria che lo stesso anno, la catapultò sul palco dell’Eurovision Song Contest, diventando la prima artista italiana a salire sul podio, oltre che la più giovane (tornò nell’edizione del 1974, a Brighton, con il brano “Sì” classificandosi al secondo posto dopo gli ABBA).
Ma di cosa parlava quel brano? “Non ho l’età, Non ho l’età per uscire sola con te / e non avrei non avrei nulla da dirti, perché, tu sai molte più cose di me” ripeteva quel testo che oggi conoscono anche i sassi. Scritta a tre mani – da Nicola Salerno, Mario Panzeri e Gene Colonnello – è la canzone di una ragazza troppo giovane e pura per immischiarsi in una relazione con un uomo più grande, tanto da lasciare spazio ad un sogno ad occhi aperti: “Lascia che io viva un amore romantico / nell’ attesa che venga quel giorno ma ora no”.
Una canzone che ha fatto impazzire chiunque, tranne la diretta interessata: “Io questa canzone non la canto” disse all’epoca Cinquetti “Inutile insistere, proprio non me la sento“. A distanza di anni, la cantante ha spiegato come quel testo rispecchiasse un’idea di romanticismo, e ancor più una visione femminile, che non la rappresentava affatto: “Esprimeva concetti sull’amore che non condividevo. L’amore non è un fatto anagrafico! Mi escludeva da quel sentimento che io e quelli della mia età aspettavamo di incontrare“.
Quella canzone (non a caso, scritta da tre uomini) ritraeva una ragazza casta e pura, troppo giudiziosa per concedersi a qualcuno più grande, un po’ ingenua e accompagnata dal “sapore agre del Dopoguerra”, che preferisce restarsene in attesa piuttosto che rinunciare alla sua “virtù”, andava a cozzare con la rivoluzione sessuale dei primi anni Settanta, con i movimenti femministi che rivendicavano l’autodeterminazione della donna e delle sue scelte, libera di poter utilizzare e celebrare corpo e sessualità, svincolata da bigottismi o pudicizie: “Tutti cantavano l’amore che faceva rima con cuore, da Rita Pavone a Françoise Hardy. Non mi andava di allinearmi alla tendenza del buonismo sentimentale”.
Cinquetti, così progressista e oltre i tempi, voleva scrollarsi di dosso quell’immagine da ragazza acqua e sapone, in totale opposizione a quella di Anna Oxa o Patti Pravo, con una canzone che – volente o nolente – è entrata nei cuori di un paese, con un valore affettivo che trascende il tempo (e l’età). Il prossimo 13 Maggio, Gigliola Cinquetti tornerà sul palco dell’Eurovision, riportando il suo odiato capolavoro che cinquantotto anni fa l’ha resa una star internazionale. E non è forse casuale, che una canzone così anacronistica già nel ’64, ritorni su un palco che negli anni ha lasciato spazio per ogni tipo di diversità, celebrando corpi e identità di ogni tipo – tutt’altro che pudiche e silenziose. Per cantarla di nuovo, con un altro sguardo e nuove consapevolezze.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.