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Fialette puzzolenti, psichiatri, carabinieri, a Sanremo 50 anni fa nasceva la visibilità LGBT in Europa: parla chi c’era

5 Aprile 1972: "Avevamo introdotto dentro la sala delle fialette puzzolenti, alla fine del discorso di Francoise due o tre dei nostri le pestarono" ci racconta Angelo Pezzana.

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lgbt history month sanremo 5 aprile 1972 angelo pezzana mario mieli FUORI alberto coehn
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Riducendo la questione all’osso: Sanremo non è stata la “nostra Stonewall”. Quella di Sanremo è la storia del movimento omosessuale italiano ed è una storia a sé che porta un vento dolce, attraversa il mondo intero, sulle pagine dei più importanti quotidiani americani, e porta in Italia visibilità e parola.

Ed è una storia che appartiene al F.U.O.R.I (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano). Lo racconta Angelo Pezzana a Gay.it. l’unico insieme a pochi altri, dei protagonisti di quella manifestazione ancora presenti (“molti sono morti“).

Angelo Pezzana può essere considerato certamente uno dei padri del movimento omosessuale italiano: etichetta che gentilmente ha sempre rifiutato, benché sia inutile mettersi in discussione con la storia. Unica memoria e testimonianza che ha rivoluzionato il nostro Paese.

Il FUORI è nato nella primavera del 1971” racconta “ci siamo subito chiesti: come si fa un Movimento? Una strada importante è stata sicuramente la nascita della rivista, il numero zero uscito nel dicembre del 1971 ci ha portato in tutta Italia, da Pordenone a Palermo. Eppure non avevamo nessuna immagine esterna. Quello che serviva era essere visibili, su giornali e televisioni“.  Il contesto: “erano gli anni più bui – specifica Pezzana – quelli che mettevano le persone omosessuali soltanto tra i morti delle cronache nere nel grottesco torbido mondo.

 

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50 anni FUORI!, a Torino una mostra per celebrare la storia del movimento LGBT italiano – la gallery >

 

“Così aspettavamo l’occasione che ci facesse conoscere agli altri. Poi un giorno un amico ci segnalò questo convegno di psichiatri il cui obiettivo era definire l’omosessualità come una malattia. Sin trattava del Primo Congresso internazionale di Sessuologia del CIS, Centro Italiano di Sessuologia, sul tema “Comportamenti devianti della sessualità umana” previsto nel Casinò di Sanremo dal 5 all’8 aprile 1972. C’era molto fervore sulla questione, e ho parlato con lei – nel suo “Fuori I Nomi-Intervista con la Storia” – di Giacomo Dacquino, psichiatra e psicoterapeuta che aveva fatto la fortuna con un libro che parlava di terapie riparative  (“L’infelice che ama la propria immagine” n.d.r). Ecco, l’obiettivo era definire l’omosessualità  una malattia, così per aumentare un mercato. Noi decidemmo di andare al convegno e rompergli le scatole”.

Angelo Pezzana e Carlo Sismondi si presenteranno al Casinò di Sanremo, sala convegni, vestiti di blu scuro, in giacca e cravatta: “Bastava iscriversi e pagare una quota per partecipare. Lo nostra strategia era semplice: alcuni di noi dentro, altri fuori per creare un legame tra la sala e la protesta”.

Fuori non troppe persone, ma gli attivisti dell’epoca e forse anche i più importanti. C’erano oltre Alfredo Cohen, compagno di Angelo Pezzana  cantante, regista e attore italiano. E ancora Marc Payen, Francis Padovani, Enzo Francone, Anne-Marie Fauré detta Grelois, Riccardo Rosso, Mauro Molinari, Franco Tridente, Manfredi Di Nardo, Vito Galgano. Belgio, Olanda, Norvegia. A rappresentare il Movimento Inglese un giovane Mario Mieli  inviato lì a nome del Gay Liberation Front “E poi una decina di torinesi, non saremo stati più di quindici persone. Con noi, in sala, c’era Francoise d’Eubaonne, attivista lesbica in rappresentanza della Francia”.

Ed è stata proprio lei ad accendere la miccia: “Mentre il presidente stava per annunciare l’apertura dei lavori, D’Eubonne si avvicinò al palco. Ricordo vivida la scena: “Scusate ho bisogno di questo microfono”, lo prese e iniziò un discorso di buoni cinque minuti: “Siete qui per parlare di omosessualità, ma siamo noi a dover parlare di noi stessi, non voi. Volete farci definire scientificamente come malati, siamo qui per impedirlo”. Fu un choc per i presenti. Avevamo introdotto dentro la sala delle fialette puzzolenti, alla fine del discorso di Francoise  due o tre dei nostri le pestarono e costrinsero tutti a uscire fuori, fazzoletti alla bocca“.

“L’ingresso del Casino è una specie di piccolo giardino. E lì ci aspettavano gli altri con vari cartelloni. Arrivò la polizia. Il mio pensiero era per Alfredo Cohen, il grande amore della mia vita. Presi un cartello e raggiunsi gli altri. I due carabinieri chiesero subito chi era il responsabile di tutto questo. Mi trovai le mani puntate addosso, indicavano me. Mi assunsi tutta la responsabilità, in fondo avevano ragione, non avevamo chiesto il permesso alla questura per questa manifestazione come da prassi, ma a nostra discolpa posso dire che eravamo davvero inesperti. Ricordo il garbo delle forze dell’ordine, mi accompagnarono al commissariato e lì firmai un verbale che riportava esattamente il nostro pensiero: dobbiamo essere visibili. Non siamo persone malate”.

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Angelo Pezzana viene portato in Commissariato.

I cortei, le manifestazioni, quelle che oggi appelliamo come Pride arrivarono solo anni dopo: “Quel giorno abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, a Sanremo abbiamo gettato le radici per la creazione della visibilità. Non abbiamo fatto la rivoluzione per come viene intesa oggi. La nostra era una rivoluzione di costume: abbiamo occupato uno spazio che prima ci era proibito, anche se l’Italia non ha mai promulgato leggi contro la comunità omosessuale, ma c’era un non detto che ci costringeva all’invisibilità”.

Tra gli psichiatri presenti anche Giacomo Dacquino,  ricorda Pezzana: “Con grande soddisfazione lo vidi sulla sua Giulietta Rossa scappar via dopo il trambusto. Gli urlai un buon viaggio. Il congresso era stato annullato e lui che voleva curare gli omosessuali scappava”.

Una rivoluzione di costume ma anche di linguaggio, specifica: “Luciano Curino, inviato de La Stampa era lì, insieme anche ad altri giornalisti della Rai. Con Curino ci conoscevamo, era un mio cliente in libreria. Una persona molto timida, molto gentile. Ricordo questo scambio di battute: “Dottor Pezzana non pensavo fosse uno psichiatra”. “Non sono psichiatra ma omosessuale, lei scriverà un pezzo, giusto?“.  “Sì ma non posso scrivere questa parola”. All’epoca si usavano solo parole come invertiti, pederasti ecc. Gli dissi: “Lo scriva, sarà il primo giornalista a farlo”. E così andò: La Stampa fu il primo quotidiano a scrivere la parola omosessuale dandogli dignità“.  La RAI, invece, riprese la manifestazione ed inserì il servizio in una puntata speciale di “AZ, un fatto come e perché“, che andò in onda il 6 giugno successivo su RAI 1.

C’è la storia vissuta e poi quella maneggiata e rimaneggiata da altri che diventa leggenda, spesso bufala. La manifestazione di Sanremo come la Stonewall italiana, si dice spesso, non è così secondo il fondatore del FUORI: “Con il passare degli anni hanno fatto di tutto per non citare il FUORI che ha avuto l’idea di quella manifestazione. Hanno parlato di Stonewall italiana, ma è una menzogna. Stonewall è stata una rivolta di un gruppo di omosessuali che si ribellarono ai soprusi. Il nostro è stato un atteggiamento che non ha visto macchine sfasciate o vetrine rotte. Un’azione che ha avuto anche risvolti per me inaspettati, soltanto di recente celebrando i 50 anni del FUORI abbiamo scoperto dell’eco che ebbe oltreoceano su quotidiani americani e non solo“.

Dal Casinò di Sanremo, circondato da un gruppo piccolo e coraggioso come gli attivisti del FUORI, arriva oggi a distanza di 50 anni un’eredità che attraversa il tempo e resta un monito: “La storia va ricordata, non travisata. Quando penso a Sanremo penso al rischio della Cancel History, come si usava nell’URSS, quando qualcuno cadeva in disgrazia si cancellava il volto di questa persona e a lui succedeva un’altra, senza rispetto della storia che finiva nel dimenticatoio. Hanno tentato di trasformare Sanremo in altro, incollandogli altre sigle, parlando di Pride o movimento Lgbt (sigla che non esisteva all’epoca). Non ha alcun senso. Ricordare Sanremo come la Stonewall italiana vuol dire offenderne la memoria e cancellare la storia del FUORI. Ci hanno sempre provato perché non eravamo ligi alle ideologie. Non ci sono mai riusciti. Sin da subito volevamo una riforma della società, mentre i gruppi omosessuali che arrivavano dopo chiedevano la cancellazione della società, della famiglia. Adesso la sinistra si è allineata alla nostra richiesta, ma in maniera sbagliata considerando i fallimenti anche della legge Zan. L’ideologia non porta mai alcun risultato, solo marce e occupazioni. Bisogna fare attenzione”.

 

 

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