Il Comune di Firenze si è costituito in giudizio contro Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro, la coppia gay che il 29 marzo 2007 ha richiesto ufficialmente, primo caso in Italia, le pubblicazioni di matrimonio e, in seguito, di fronte al diniego dell’amministrazione civica, ha avviato una procedura legale la cui udienza in Corte d’Appello si terrà il prossimo 20 giugno.
Il tribunale di Firenze il 3 ottobre 2007 "aveva rigettato il ricorso della coppia con la motivazione – spiega una nota diffusa da Matteo Pegoraro – che la magistratura non aveva il potere di consentire il matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Secondo il giudice di primo grado – prosegue il comunicato – non spettava al tribunale la valutazione di dare rilevanza giuridica ai mutamenti del costume e della realtà sociale, compito assegnato al legislatore".
"La decisione del Comune di Firenze di costituirsi in giudizio contro di noi, con le motivazioni espresse dalla sua avvocatura, ci sconcerta – affermano Francesco Piomboni e Matteo Pegoraro -. Un Comune dovrebbe rappresentare lo spirito democratico di un Paese civile, non andare contro, in un’aula di tribunale, a chi come noi rivendica semplicemente i propri diritti, sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione".
Il Comune di Firenze, che ha richiesto il rigetto del ricorso di Piomboni e Pegoraro per "manifesta infondatezza", ha argomentato che "la diversità di sesso è un requisito minimo per la validità del matrimonio", e che pertanto in Italia "il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inesistente". Inoltre, nell’atto si sostiene che, poiché la circolare del Ministero dell’Interno 2/2001 del 26/3/2001 vieta la trascrizione di matrimoni gay celebrati all’estero perché "contrari all’ordine pubblico", si deve dedurre che è impossibile eseguire le pubblicazioni per celebrare un matrimonio analogo in Italia.
Alle posizioni espresse dall’amministrazione Dominici, rispondono i legali della coppia. "L’asserzione del Comune di Firenze è priva di fondamento – affermano i legali della coppia -. Tra i requisiti di validità del matrimonio, all’articolo 84 del Codice Civile non c’è alcuna traccia di un riferimento alla necessaria diversità di sesso degli sposi, e tale circostanza non viene smentita né dal Tribunale di Firenze, né dal Comune". "Il giudice non avrebbe alcuna difficoltà a operare un’interpretazione evolutiva delle norme che regolamentano l’istituto matrimoniale – continuano Piomboni e Pegoraro -. Nessun Paese al mondo, fino a qualche decennio fa, aveva creato norme che prevedevano l’unione di persone dello stesso sesso, e negli Stati che hanno ampliato il matrimonio agli omosessuali, o in quelli hanno creato istituti equivalenti con il solo nome diverso, vi erano norme che usavano termini analoghi a quelli italiani di ‘marito’ e ‘moglie’".
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