"Finché sarò sindaco il Gay Pride non si farà mai a Treviso. Certi eccessi possono danneggiare la libido di bambini e adolescenti, come dimostrano alcuni studi che gli psicologi dovranno approfondire, e che riguardano l’evidente crisi di rapporto tra sessi opposti". Così Giampaolo Gobbo, sindaco leghista di Treviso il cui vice è lo stesso Gentilini della "pulizia etnica dei culattoni", ha messo una pietra tombale sulla possibilità di organizzare un Pride nella città veneta. "Essere gay non è un vincolo e ci mancherebbe altro. Ma io – afferma Gobbo ai microfoni di KlausCondicio – sono ancora di quella mentalità per cui la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri, per questo giudico sbagliate manifestazioni come il Gay Pride, perché rappresentano una provocazione, un modo per far vedere che qualcuno può fare tutto quello che vuole, e questo non va bene: ostentare a tutti i costi la diversità come fosse un dono è razzismo al contrario".
Solo qualche settimana fa, lo stesso Gobbo, intervistato dalla trasmissione di Radio 24 "La zanzara" aveva dichiarato che se dipendesse da lui multerebbe due gay che si baciano in pubblico. "Non premetterei mai il Gay Pride a Treviso – continua Gobbo – è un modello negativo per i bambini, per l’evoluzione culturale e naturale della persona. Andare mascherati sui carri è una carnevalata; gli eccessi e le esagerazioni di certe manifestazioni offrono un modello esasperato che può essere molto negativo per i giovani, che già soffrono un calo di libido, di voglia nel sesso opposto, a causa di internet, della tv e della pornografia". Quindi i Pride non farebbero altro che far diminuire il desiderio tra sessi opposti. Non se ne capisce la ragione, dato che questo è prerogativa delle persone eterosessuali, mentre il Gay Pride è, notoriamente, la manifestazione dell’orgoglio gay, ovvero di coloro, bisognerebbe spiegare a Gobbo, che non provano e non proverebbero comunque attrazione per persone dello stesso sesso.
Per l’esponente del Carroccio poi, "c’è già una netta crisi fra i due sessi, a cui è sbagliato aggiungere l’ostentazione e gli estremismi del Gay Pride, dove al pari dei rave party i giovani arrivano a sfinirsi fisicamente, all’insegna di masochismo e autodistruzione, ma non di un’evoluzione di se stessi".
A queste singolari affermazioni risponde Arcigay per bocca del suo presidente Paolo Patané. "Gianpaolo Gobbo ci regala quest’oggi una raffinata analisi sociologica degna del miglior celodurismo padano – commenta Patané -. Ricordiamo a Gobbo, che evidentemente interpreta la sua carica istituzionale alla stregua di un rozzo feudatario medioevale, che Treviso non è di sua proprietà e che le sue parole non sono ostative a una manifestazione di diritti e libertà come il Pride: il diritto di manifestare è sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana".
"Treviso, da questo punto di vista, meriterebbe un Pride, come lo meritano tutte le città italiane governate da individui che sognano un mondo dipinto di verde, possibilmente senza alcun tipo di ‘diverse’ sfumature – conclude il presidente di Arcigay -. Europride, a Roma dall’1 al 12 giugno prossimo, testimonierà, per l’ennesima volta, che le provocazioni, i cali della libido, le ostentazioni stanno solo nella testa di chi non vuole digerire il fatto che omosessuali, lesbiche e transessuali sono cittadini esattamente come tutti gli altri e che la loro piena parità è una conquista per la civiltà e la maturazione della nostra democrazia".
© Riproduzione Riservata