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IL TABU’ DEI CALCIATORI GAY 2

Seconda parte dell’inchiesta di Gay.it sull’omosessualità nel mondo del calcio: abbiamo intervistato Oliviero Beha, giornalista sportivo e autore di un’indagine che ha dato risultati sorprendenti.

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Continua l’inchiesta di Gay.it su calcio e omosessualità. Nella seconda puntata abbiamo intervistato Oliviero Beha, giornalista sportivo, conduttore di "Radio @ colori" su radiorai ed opinionista del Tg2. Beha ha scritto nel 1987 "Anni di cuoio" (ed. Newton Compton), una raccolta di articoli per il quotidiano "La Repubblica", fra i quali si trova un’inchiesta del 1982 su sport e omosessualità.

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Un medico federale, nel rispondere ad una sua domanda sull’omosessualità nello sport rispose che non si trattava di un vero problema. O meglio, di una questione di cui si poteva anche discutere, ma per smitizzarla, esattamente come il doping. Crede che adesso, nel 2001, si possa fare lo stesso paragone?

Assolutamente no. Del resto sono parole dell’intervistato, non mie. Ma nessuno si permetterebbe di sostenere che il doping va smitizzato. Per quel che riguarda l’omosessualità, ci si introduce in settori profondi e molto scivolosi della vita. Quindi l’ipocrisia è sempre in agguato. Non si può certo ammantare nello stesso velo droga e omosessualità. Sarebbe un misfatto vero e proprio.

Si è più volte parlato di "unisessualità" o addirittura di "asessualità" dell’atleta. Crede che sia possibile?

E’ vero. C’è, nello sportivo, un uso del corpo che non contempla molto la sessualità. Un’attenzione al corpo come macchina, in un’ottica estrema di fisicità. Di tensione al potenziamento, alla prestazione migliore. Tant’è che anche la mente e i sensi vengono assorbiti da questa tensione. Si pensa e si fa lavorare la psiche per ottimizzare i risultati sportivi.

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Veniamo ad omosessualità maschile e calcio.

Guardi io, per quell’inchiesta su Repubblica ho dovuto combattere una mia piccola battaglia. Al tempo ero inviato dello sport, ed il mio capo era Sconcerti (attuale manager della Fiorentina n.d.r.). Letto l’articolo mi dice: "Tutto bene. Ma il direttore Scalfari preferirebbe che ci fossero i nomi degli atleti omosessuali". Io mi sono risentito: "Ma per chi mi hai preso? Non ho nessuna intenzione di formare una lista di proscrizione!" Ecco, il problema si svilisce quando se ne vuol fare un pettegolezzo puro e semplice.

Nei primi anni novanta Gianluca Vialli ha vinto il processo contro un giornalista che aveva ventilato la sua possibile omosessualità. Per la seguente motivazione: un calciatore è un simbolo per la società… essere gay non è consono ad un soggetto che viene preso ad esempio da migliaia di giovani.

Oggi sono passati dieci anni e quella motivazione non verrebbe formulata. Perché si pensa che l’omosessualità non sia una vera e propria scelta, bensì una condizione imprevedibile. Capita che alcuni siano omosessuali e basta. Non è né una malattia né una perversione. Allora se va bene il ballerino gay, lo stilista gay, il parrucchiere, non si capisce perché un calciatore non possa essere gay.

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Tuttora, comunque, non si affronta l’argomento volentieri.

Probabilmente gli Italiani non sono abbastanza maturi per tifare un campione dichiaratamente omosessuale. Ma la situazione sta cambiando. Venti anni fa, circa, ho partecipato ad un dibattito a Torino proprio sul tema e, nell’occasione, Gianni Vattimo, professore universitario e filosofo cattolico, dichiarò di essere omosessuale. La cosa fu coperta e non ne venne dato alcun risalto. Adesso Pecorario Scanio, -ministro del passato governo, dichiara apertamente di essere gay. No… va be’, dichiara di essere bisessuale perché fa più fino, ma resta un segno importantissimo.

Pensiamo a tifoserie "particolari", come quelle di Lazio o Verona. Che accoglienza potrebbe avere un calciatore che avesse fatto coming out?

Analizziamo la realtà. Le partite di calcio, almeno ai grandi livelli, non si giocano mai a due, ma a tre.

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E il terzo incomodo è la stampa. Il campione non arriva mai al tifoso direttamente, ma attraverso un’immagine mediata dai giornali e dalle televisioni. Ad oggi, la stampa farebbe carne di porco di un giocatore dichiarato. Un calciatore, quindi, avrebbe bisogno di una stampa che filtrasse il tutto in maniera attenta e onesta. Ho qualche dubbio. Chi è gay fa bene a star zitto.

Il sito di Oliviero Beha si trova all’indirizzo www.olivierobeha.it.

di Paola Faggioli

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