Cult gay assoluto degli anni ’80 – uscì nel 1986 con postfazione di Fernanda Pivano – La lingua perduta delle gru è il notevole esordio di David Leavitt che si sarebbe poi affermato come uno degli autori americani minimalisti queer più interessanti in assoluto.
Delicato romanzo famigliare, racconta del venticinquenne Philip Benjamin, intenzionato a fare coming out in famiglia dove lo aspetta però un padre gay anch’esso, Owen, insegnante represso da un rapporto fatto di finzioni con la moglie Rose. Una famiglia di piccoli intellettuali che cerca di mantenere segreti che segreti non sono più e soprattutto fa fatica a comunicare nel modo più limpido possibile. Tutte le domeniche, senza che Rose gli chieda nulla, Owen si reca in un cinema porno, il Bijou, dove finalmente può realizzare le proprie fantasie omosessuali.
“I miei genitori sono gente aperta. Non resteranno annientati dalla notizia” pensa Philip, ignaro di scatenare una tempesta emotiva senza precedenti all’interno della sua quieta famiglia borghese.
Tra i personaggi secondari, spicca Jerene, giovane afroamericana lesbica esperta di ‘linguaggi perduti’, cacciata brutalmente di casa dalla sua famiglia di colore.
Jerene è coinquilina di Eliot, il fidanzato di Philip, ragazzo determinato e sicuro di sé, un po’ la sua ala protettiva.
Il titolo del romanzo si deve a un episodio raccontato durante la narrazione: un bambino di due anni viene abbandonato in un cantiere dove inizia a rapportarsi con le gru e i loro rumori e movimenti come se fossero esseri viventi.
La grandezza de La lingua perduta delle gru sta soprattutto nel rappresentare l’omosessualità da diversi punti di vista con molta sensibilità (dal padre al figlio alla ragazza di colore) rappresentando varie situazioni: dalla promiscuità ruvida nei cinema porno alla rassicurante storia d’amore di Eliot e Philip. Soprattutto il confronto generazionale rende alcuni passaggi davvero lodevoli e consente al lettore di comprendere le dinamiche dell’affettività omosessuale a prescindere dall’essere o meno gay.
La lingua perduta delle gru è diventato nel 1991 un film per la tv prodotto dalla BBC, poco ritrasmesso.
Curiosità: la traduttrice del romanzo non conosce lo slang gay americano per cui ci sono alcune bizzarre traduzioni tra cui ‘di punta’ per dire ‘attivo’ (‘top’) o ‘stanza buia’ in luogo di ‘darkroom’.
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