L’uomo deve essere uomo, mascolino e virile. La società considera solamente la relazione tra un uomo e donna. La Turchia, la Russia e l’Iran condizionano le opinioni dei cittadini portando avanti una mentalità omofoba. E la comunità LGBT è costantemente sotto attacco, da parte della politica, delle autorità, delle istituzioni. Ecco quello che vede una persona omosessuale in Azerbaijan. Parlare di omofobia in questo Paese è all’ordine del giorno, un dibattito sul tema è invece un tabù.
Gli attivisti dell’Azerbaijan e le associazioni sono quasi inesistenti, ma quelli che ancora non sono fuggiti combattono ogni giorno contro tutti. Javid Nabiyev è un attivista omosessuale azerbaijano che dal 2015 vive in Germania come rifugiato. Negli ultimi anni ha combattuto nel suo Paese per vedere riconosciuti alcuni diritti alla comunità LGBT, e anche se molto a rilento, piccoli passi in avanti sono stati fatti. Ma non ha potuto rimanere lì, in quanto era in atto una vera e propria persecuzione. Se fosse rimasto, ora sarebbe morto. O considerato inesistente.
La situazione LGBT in Azerbaijan
Se si fa coming out si rischia di essere rinnegati e di finire in mezzo a una strada. Se le autorità lo scoprono, si rischia di essere arrestati, torturati con scariche elettriche, sottoposti a test anali e abusati sessualmente. Anche i partiti più democratici non fanno nulla, ignorando il problema. E’ normale considerare l’omosessualità come una malattia, e definirla come una convinzione contro natura. Se una persona eterosessuale difende i diritti della comunità LGBT, viene etichettata come membro della comunità stessa, quindi malato. Ogni dibattito è visto come una propaganda dei Paesi occidentali.
Le persone LGBT in Azerbaijan vivono nel segreto, perché se venissero scoperte sarebbero escluse dal mondo del lavoro e della politica, lasciate in balia di una società violenta, senza una qualsiasi forma di protezione. Nemmeno da parte delle autorità.
I passi del movimento LGBT nel Paese
Un anno significativo è il 2006, quando nasce la prima associazione LGBT, chiamata Genere e Sviluppo. Sei anni dopo, nel 2012, nascondo altre due organizzazioni, Azad LGBT e Nafas LGBT Azerbaijan Alliance. Entrambe progettano anche delle riforme politiche per garantire i primi diritti alla comunità. Nel 2014, la fondatrice di Azad, Isa Shahmarli, si suicida impiccandosi con una bandiera rainbow. Questo aumenta ancora di più le proteste delle prime associazioni, che dal 2014 ad oggi hanno continuato a combattere promuovendo dibattiti e parate, facendosi conoscere alla società per quello che si è realmente.
Nel 2018, l’Azerbaijan è ancora all’ultimo posto come peggior Paese gay-friendly, ma si è registrato un 4,7% di progresso in tema LGBT. In attesa di tempi migliori, gli omosessuali, i bisex, le lesbiche e i trans azerbaijani continuano a vivere segretamente la loro vera identità, guardandosi le spalle, e aspettandosi di essere arrestati da un momento all’altro o ad essere etichettati come malati, dai quali stare lontani.
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Siamo nel 2019 e nessuno deve nascondersi per quello che e !Che sia gay,lesbica,trans ecc.Ognuno e nato libero e tale deve esserlo!E inaudita e riprovevole tutto questa violenza