A 10 giorni dal trionfo al Festival di Sanremo, la vita di Mahmood è cambiata. Per sempre.
Il 26enne Alessandro, cresciuto nel quartiere periferico del Gratosoglio, a Milano, rappresenterà l’Italia all’Eurovision con la sua Soldi, che ha infranto tutti i record Spotify del Bel Paese. A pochi giorni dall’uscita del suo primo disco, Gioventù Bruciata, il talentuosissimo Mahmood è tornato a parlare della propria vita privata dalle pagine del Corriere della Sera.
«Io non ho mai detto di essere gay. La mia è una generazione che non rileva differenze se hai la pelle di un certo colore o se ami qualcuno di un sesso o di un altro. Io sono fidanzato, ma troverei poco educata la domanda se ho una fidanzata o un fidanzato. Specificare significa già creare una distinzione», ha sottolineato il cantante, che ha di fatto replicato quanto dichiarato nel 2017 da Michele Bravi, altro nome guarda caso sotto contratto Universal: “Non vorrei usare etichette, appartengono alle vecchie generazioni e discendono da un modo di ragionare che considero superato e anche un po’ discriminatorio. Preferisco parlare di relazioni fluide. Non ho bisogno di fare coming out perché nessun giovane si stupisce che mi sia innamorato di un ragazzo, e penso che nessuno dei miei coetanei si tirerebbe indietro se gli capitasse di provare un’emozione per una persona dello stesso sesso“.
E’ chiaro che il mondo raccontato prima da Bravi e ora da Mahmood sia un mondo incantato, in cui tutti noi vorremmo vivere. Ma illusorio, parallelo al nostro, esistente in chissà quale altro universo a noi sconosciuto. Che Mahmood, ritrovatosi dal quasi anonimato alla celebrità internazionale nell’arco di una settimana, voglia tacere la propria vita privata è chiaramente legittimo, per quanto discutibile essendo un personaggio famoso che vuoi o non vuoi da ora in poi dovrà vivere la propria esistenza sotto i riflettori.
Ma Mahmood, e ancor prima Bravi, non può ‘giustificare’ questo eventuale mancato coming out pennellando i lineamenti di una fantomatica generazione totalmente inclusiva, in cui regna l’amore incondizionato verso il prossimo, lontana anni luce da razzismo e omofobia. Non può perché non è così. Senza alimentare alcun tipo di polemica vorremmo ricordare a Mahmood che ogni anno in Italia ci sono migliaia di episodi di pura e semplice omofobia, molti dei quali avvengono a scuola, tra i banchi, con protagonisti quei giovani che dovrebbero appartenere proprio alla sua generazione. Raccontare un’Italia che non c’è, che ‘non rileva differenze‘, é pericoloso, perché va a silenziare una piaga che ogni giorno colpisce almeno una persona LGBT, bullizzata solo e soltanto a causa del proprio orientamento sessuale.
Caro Mahmood, che tu sia gay, etero, fluido o bisessuale a noi importa fino ad un certo punto. Libero di vivere la tua vita privata come meglio credi, ed eventualmente di non raccontarla, ma sarebbe il caso di evitare fastidiosi voli pindarici per provare a motivare quel silenzio, quella mancata verità. Perché così facendo si finisce per prendere in giro un’intera comunità che tutta questa inclusione, questa parità di diritti, questo ‘volemose bene’ generazionale, fatica persino ad immaginarla.
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Che Stupidaggine paradossale che ha detto questo cantante.. Io personalmente l'omofobia l'ho vissuta molto di più da ragazzini delle nuove generazioni che dalle persone adulte e dagli anziani.. La sua canzone fa' schifo e lo stesso fa pena lui come persona.. Questo qui e' peggio di Marco Carta.. fa' tutto il riservato come dice Tina.. per non perdere BISNESS... VERGOGNOSO..
al di la dei gusti musicali (che non condivido, pur non essendo fan di mahmood), credo che a poche persone bisognerebbe riservare un'epiteto così violoento come "fa schifo". Credo che sia difficile rendere pubblico il proprio orientamento a quell'età, e quando si sta formando il pubblico che riempirà i tuoi palazzetti, con la pressione dei discografici alle spalle. Non bisognerebbe giudicare cisì severamente o vederci malafede.